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Multiutility del Nord Lombardia: gli interrogativi aperti

Fase decisiva per la fusione tra partecipate di gas ed energia che vede protagonista il colosso A2a. Il nodo delle centrali idroelettriche. E ai consiglieri comunali si impongono tre anni di riservatezza sull’operazione

È il momento decisivo per la nascita della “multiutility del Nord della Lombardia” e per il futuro del settore gas ed energia tra Como, Monza, Varese, Sondrio e Lecco. Un futuro segnato dall’inarrestabile ascesa del colosso A2a. E da non pochi interrogativi.

Facciamo un passo indietro. È l’inizio dell’aprile 2017 quando i consigli di amministrazione di ACSM-AGAM -multiutility di Monza e Como-, ASPEM -operante su Varese-, AEVV -Sondrio e Valtellina-, Lario Reti Holding (attraverso ACEL Service e Lario Reti Gas) -attiva su Lecco-, e A2a, controllante di ASPEM e azionista di ACSM-AGAM e AEVV, annunciano la sottoscrizione di una “lettera d’intenti non vincolante”. L’obiettivo è la messa a punto di un “percorso di partnership industriale”.

Dietro agli acronimi ci sono interessi pubblici diffusi. Il 51,9% del capitale di ACSM-AGAM, infatti, fa capo ai Comuni di Monza e Como. Lario Reti Holding è posseduta da enti locali delle province di Lecco e Como. Sondrio e Tirano superano il 50% delle quote di AEVV. Varese è al 9,8% di ASPEM (il resto è di A2a). E il 50% di A2a è in mano alle città di Milano e Brescia.

L’obiettivo prende forma. Per completare il “percorso aggregativo”, alla metà di novembre 2017, gli attori che siedono al tavolo si affidano alla consulenza dell’advisor PricewaterhouseCoopers (Pwc). L’intento è fondersi per dar vita alla “multiutility del Nord della Lombardia” (il primo passo è l’incorporazione nella preesistente ACSM-AGAM). Ciascuno degli interessati “conferisce” alcuni dei suoi asset a titolo di contributi all’aggregazione. Di questi va determinato e “pesato” il valore. È un passaggio fondamentale perché condiziona i futuri assetti societari che metterà a punto Pwc di lì a poco, nel documento “riservato e confidenziale” del 17 gennaio 2018. Lì dentro c’è lo schema delle quote azionarie: A2a è il primo azionista con il 38,91% della torta (e ben sette membri del Cda). A Lario Reti va il 23,05%, seguita dal Comune di Monza (10,53%), Como (9,61%), il flottante di Borsa (9,40%) e gli altri soci (Tirano, Sondrio, Varese, etc).

L'azionariato della futura multiutility del Nord della Lombardia
L’azionariato della futura multiutility del Nord della Lombardia

Ma è intorno a quei “pesi” approvati dai Cda che nascono alcuni interrogativi. Tra i “contributi” all’aggregazione da parte di A2a, infatti, ci sono anche quattro centrali idroelettriche dell’alta provincia di Como. La più importante -l’unica a bacino- è quella di Gravedona da 12,7 MW. Le altre tre, ad acqua fluente, sono quelle di San Pietro Sovera, Cremia e Rescia, e che sommate non arrivano a 4 MW. Come conferma la stessa A2a sulla pagina web dedicata agli impianti idroelettrici, tolta Gravedona, “Le centrali della provincia di Como sono di modeste dimensioni”.

Quanto vale quello che Pwc chiama il “ramo Hydro” e che dovrà essere conferito dal colosso dentro la neonata A2A Idro4 Srl (10mila euro di capitale sociale)? Dall’ultimo bilancio di A2a Spa non è possibile stabilirlo con precisione. Sta di fatto che il management A2a comunica all’advisor una cifra importante che viene riportata nel documento “assessment finanziario” datato 29 dicembre 2017 a cura di Pwc. Si legge che il “potenziale avanzo da conferimento” ammonta a 21,8 milioni di euro e sarebbe “attribuibile quasi interamente al valore netto contabile delle quattro centrali idroelettriche” citate. Gravedona 11,4 milioni, San Pietro Sovera 8,1, Rescia 3,2 e Cremia 1,9 milioni di euro. C’è un però. In quello stesso documento, infatti, c’è un passaggio singolare: “Alla data del presente Rapporto, non abbiamo evidenza di perizie tecniche effettuate sulle centrali che attestino/confermino la bontà dei valori netti contabili iscritti”.

Il passaggio in cui Pwc, al 29 dicembre 2017, sottolinea di non aver avuto evidenza di perizie tecniche effettuate sulle centrali
Il passaggio in cui Pwc, al 29 dicembre 2017, sottolinea di non aver avuto evidenza di perizie tecniche effettuate sulle centrali

Non è secondario perché è (anche) grazie a quelle centrali che il valore dell’azienda (equity value) cresce all’interno della partita “fusione”. Ma non è finita. Due settimane dopo quella prima stima (orfana di perizie), il valore degli impianti A2a sembrerebbe cambiare ancora. In un altro documento Pwc relativo al progetto, e intitolato “Stream 2 Assessment valutativo al 30.09.2017 – Draft” del 17 gennaio 2018, nel capitolo “Stima del valore”, i valori di equity value complessivi di A2a vengono fissati tra 82 e 84 milioni di euro. Ben 59 milioni dei quali (o 56,1 a seconda della metodologia adottata) sono imputati alla voce “Centrali Idroelettriche”.

Come è stato possibile? Pwc, l’autore del documento, interpellata sul punto da Ae ha fatto sapere che “il ruolo ricoperto impedisce qualsiasi commento circa l’operazione”. A2a -che anche grazie alle centrali schizzerebbe al 38,91% della nuova multiutility- non ha nemmeno risposto.

Il quesito resta aperto mentre la parola decisiva su tutta l’operazione passa ai soci, per larga parte i Comuni. In queste settimane, infatti, i Consigli comunali interessati alle società coinvolte sono chiamati a discutere e approvare il progetto di aggregazione (il termine annunciato è il 12 marzo). Una discussione che si preannuncia severamente riservata. Ai consiglieri comunali di Lecco -socio di LRH- è stata infatti trasmessa dalla presidenza del Consiglio comunale solo una prima parte della documentazione relativa all’aggregazione, subordinando un successivo invio alla sottoscrizione da parte degli amministratori locali di un “impegno di riservatezza” di tre pagine redatto proprio da Lario Reti Holding. Il consigliere comunale che non lo dovesse firmare non potrebbe leggere una pagina in più degli atti già zeppi di “omissis”. Chi lo dovesse sottoscrivere, invece, sarebbe tenuto alla riservatezza per addirittura tre anni. Motivo? Evitare il “grave danno che la divulgazione di una o più delle informazioni contenute nei Documenti potrebbe arrecare alle Società Partecipanti, anche in considerazione del fatto che ACSM-AGAM Spa è una società quotata”.

“La commissione -ha spiegato la presidenza del Consiglio comunale- ha ritenuto opportuno tutelare tutti coloro che, per svolgere pienamente il loro ruolo (votare l’approvazione del progetto di aggregazione), devono venire a conoscenza di ‘informazioni privilegiate’, che altrimenti non avrebbero diritto di conoscere. La diffusione al pubblico dominio di tali informazioni potrebbe generare comportamenti speculativi”.

Qualcosa però non torna. Ed è proprio la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) a confermarlo ad Altreconomia. “Quello sottoposto ai consiglieri sembrerebbe un impegno contrattuale tra le parti alla riservatezza -fanno sapere dall’Autorità- ma non è qualcosa che discende dalla normativa Consob. Il Testo unico sulla finanza (TUF, ndr) disciplina le informazioni riservate stabilendo che tutti quelli che in ragione della propria attività svolta vengono a conoscenza di un fatto che non è di dominio pubblico hanno l’obbligo di non comunicarlo a un terzo fin quando non è resa pubblica. Perciò non si capisce, e certamente non discende da normativa Consob, l’impegno a tenerle riservate per tre anni”.

E conclude: “La Consob non impone a nessuno di tenere riservata un’informazione una volta che viene resa pubblica. Anzi, è il contrario. La Consob a volte interviene proprio per evitare asimmetrie informative e ha tutto l’interesse a che un’informazione una volta resa pubblica debba essere comunicata a terzi. Come prevede proprio il TUF”.

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