Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Esteri / Attualità

Monitor, l’osservatorio sul mondo (febbraio 2017)

Il neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

Un “filo rosso” lega le cose che succedono in Paesi diversi di ogni continente. Questa rubrica -a cura della redazione di Altreconomia- non vuole offrire al lettore notizie, ma la capacità di leggere i fatti in una cornice più ampia. Per comprendere le dinamiche economiche, sociali e politiche di quelli che comunemente vanno sotto la voce “Esteri”

Tratto da Altreconomia 190 — Febbraio 2017

La rivoluzione trumpiana dell’auto
Nord America
Tra il 2009 e il 2014, il numero di auto esportate dagli Stati Uniti d’America è raddoppiato, fino a 2,11 milioni. Il valore dell’export, invece, è più che raddoppiato, da 24 a 57 miliardi di dollari. Canada e Messico occupano rispettivamente il primo e il terzo posto nell’elenco dei Paesi di destinazione delle vetture made in Usa, e nel periodo considerato le vendite nei due partner del North America Free Trade Agreement sono cresciute del 50%. Il 64% di tutte le auto esportate dagli Usa finiscono in Canada o in Messico, e ciò rende difficile spiegare l’atteggiamento del neo-presidente Donald Trump, che ha minacciato di tassare del 35% l’importazione di veicoli dal Messico, e attaccato duramente tutte le aziende -da Nissan a Ford, fino a BMW- che pianificano o stavano realizzando investimenti nel Paese vicino.

Movimenti sociali e indigeni criminalizzati
America Latina
Tra il 2007 e il 2016, Acción Ecologica -organizzazione ambientalista dell’Ecuador attiva da oltre trent’anni- ha subito 99 atti di criminalizzazione o minacce: il maggior numero è legato alle campagne contro lo sfruttamento delle risorse petroliferie (70), perpetrata da parte di funzionari dello Stato (63) e diretta nei confronti di donne (76). L’ultima in ordine di tempo è stato il tentativo del governo guidato da Rafael Correa (il 19 febbraio si terranno le presidenziali) di procedere d’ufficio alla “dissoluzione” dell’organizzazione, accusata di non rispettare il proprio statuto. L’azione si è fermata a gennaio grazie a una mobilitazione internazionale: 424 organizzazioni di tutto il mondo hanno infatti scritto a Correa.
La criminalizzazione dei movimenti sociali e indigeni è forte anche in Argentina, dove tra il 10 e l’11 gennaio circa 200 gendarmi, armati, sono intervenuti nei confronti della comunità Mapuche Lof Cushamen, che contende le proprie terre ancestrali nel Sud del Paese alla Compañía de Tierras del Sur Argentino, della famiglia Benetton.

Il 2016 è l’anno più caldo di sempre dal 1880, con una temperatura di 0,94°C in più della media (1,43°C se guardiamo solo alla terraferma e non consideriamo i mari). I cinque anni più caldi di sempre sono negli ultimi 7.

Migranti, la vergogna di Belgrado
Europa
Anche il 2017 si è aperto sotto il segno dei migranti e dei loro diritti negati. Le foto giunte a inizio gennaio da Belgrado, capitale della Serbia, ritraggono lunghe file di profughi sotto la neve, esposti a temperature intorno ai -15°C. Si tratta di alcuni dei 1.200 condannati all’attesa a causa degli intoppi lungo la rotta balcanica (dati UNHCR). Da mesi vivono negli stabili abbandonati nei pressi della stazione rifiutando le sistemazioni precarie e insufficienti proposte dal Governo. Medici senza frontiere ha paragonato Belgrado all’accampamento di Calais sgomberato a fine 2016.
Dalla Germania, invece, arriva il bilancio delle operazioni di “sicurezza” nella città di Colonia, durante la notte di San Silvestro. Per sventare le violenze del precedente Capodanno, è stata la tesi delle forze dell’ordine, la polizia ha fermato centinaia di “nordafricani”. Amnesty International ha denunciato la pratica della profilazione razziale evidenziando la “violazione dei diritti umani”.

Le sanzioni “leggere” in Sudan e la guerra in Centrafrica
Africa
Tra gli ultimi atti istituzionali della sua presidenza, Barack Obama ha firmato a inizio gennaio il decreto che alleggerisce le sanzioni contro il Sudan, in vigore dal 1997 e volute dall’amministrazione di Bill Clinton.
Leslie Lefkow, vice direttore per l’Africa della Ong Human Rights Watch, ha parlato di una decisione “inspiegabile” per un Paese in cui i movimenti di opposizione armata e le organizzazioni della società civile, come racconta Nigrizia, hanno denunciato numerosi e sanguinosi attacchi nelle tre aree di conflitto, compreso quello nel Jebel Marra, in cui sarebbero state usate armi chimiche. Omar Hasan Ahmad al-Bashir, presidente del Sudan, ricercato dalla Corte penale internazionale in forza di dieci capi d’accusa, ha invece festeggiato il traguardo di un negoziato durato 18 mesi.
A gennaio, intanto, in Repubblica Centro Africana sono stati uccisi due soldati marocchini del contingente Onu nel Paese, che dal dicembre 2012 è nuovamente sprofondato in una guerra civile. Il Paese è al terz’ultimo posto nell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. Il tasso di malnutrizione infantile è del 41%. Oltre 2,5 milioni di persone (su un totale di 4,6 milioni), dipende dall’assistenza umanitaria per sopravvivere. Generi alimentari scarseggiano anche in Etiopia, Somalia e Kenya, che hanno lanciato insieme un allarme per carestia e siccità dovuto al fenomeno climatico di El Niño. Tra le aree aride e semiaride colpite in Kenya rientrano anche le contee di Baringo, West Pokot e Turkana.

42%. È il dato relativo alle automobili in commercio in Europa che consuma di più rispetto a quanto dichiarato (T&E, 2016)

Alta tensione per le minoranze religiose
Asia
La transizione verso la pace in Sri Lanka, dove il conflitto armato interno è finito nel 2009, è funestata dalla violenza nei confronti di musulmani e cristiani: tra novembre 2015 e giugno 2016 il Minority Rights Group ha censito nel Paese ben 64 “incidenti” le cui vittime appartengono a una minoranza religiosa. Non rappresentano quindi un obiettivo sensibile solo i Rohingya in Birmania (vedi a p. 40). La tensione è alta anche in Pakistan e nelle Filippine.

Non si trova pace per lo Yemen e la Siria
Medio Oriente
Tra marzo 2015 e ottobre 2016, 4.125 civili sono morti e 7.207 sono rimasti feriti in Yemen a causa del conflitto che vede contrapposto il Paese alla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita. La ong Human Rights Watch (www.hrw.org) ha censito 78 attacchi sauditi giudicati come “crimini di guerra” (o per l’utilizzo di cluster bomb o perché illegittimi). E la conclusione -contenuta in una lettera aperta inviata da Hrw al generale saudita al-Mansour all’inizio di gennaio- è che il Joint Incidents Assessment Team, meccanismo investigativo organico alla coalizione sostenuta anche dagli USA, non stia contribuendo affatto alla ricostruzione delle responsabilità.

E non c’è pace nemmeno in Siria. La guerra civile scoppiata nel marzo 2011 ha mietuto oltre 470mila morti, provocato 6,1 milioni di sfollati interni e 4,7 milioni di profughi alla ricerca di protezione internazionale. Il dato si riflette anche sulle prime migrazioni del 2017: al 19 gennaio, gli sbarcati in Europa dal Mediterraneo erano oltre 3.100. Uno su quattro è siriano. Stringendo il fuoco sulla Grecia, uno su due.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati