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Minorile sì, ma dignitoso – Ae 78

23 delegati dei movimenti dei bambini e adolescenti lavoratori d’America Latina, Africa e Asia, si sono dati appuntamento a Siena per l’incontro mondiale: al centro dell’insolito meeting il rispetto del loro lavoro e dei loro diritti Gli adulti restano fuori,…

Tratto da Altreconomia 78 — Dicembre 2006

23 delegati dei movimenti dei bambini e adolescenti lavoratori d’America Latina, Africa e Asia, si sono dati appuntamento a Siena per l’incontro mondiale: al centro dell’insolito meeting il rispetto del loro lavoro e dei loro diritti


Gli adulti restano fuori, non spetta loro decidere. Organizzare, discutere e pianificare sono competenza di chi il lavoro minorile lo vive sulla propria pelle, ogni giorno: dei piccoli uomini con le mani ruvide, delle piccole donne dalle unghie corte.

Riconoscere il protagonismo infantile, cioè la centralità del ruolo dei minori nelle scelte che li riguardano, è la premessa degli incontri internazionali dei movimenti dei bambini e adolescenti lavoratori. Il primo si è svolto a Kundapur, in India, nel dicembre del 1996.

L’ultima volta che i giovani delegati dei movimenti dei piccoli lavoratori di Africa, Sudamerica e Asia si sono ritrovati per discutere dei loro diritti e della necessità di combattere lo sfruttamento nell’impiego di manodopera infantile, è stato a Siena, dal 15 al 29 ottobre scorsi, grazie all’impegno di ItaliaNats, rete di ong, associazioni, centrali e botteghe del commercio equo e solidale che operano nel settore della cooperazione internazionale.

“Il diritto di essere ascoltati” è stato lo slogan dell’incontro dei 23 rappresentanti di Nats, Maejt e Working Children, i movimenti dei piccoli lavoratori di Sudamerica, Africa e Asia. “Siamo qui per ribadire il diritto a un lavoro dignitoso. Dobbiamo lavorare e come noi moltissimi altri bambini e adolescenti nel mondo, è inutile cercare di impedircelo con leggi proibizioniste. Bisogna, invece,  impedire lo sfruttamento dei giovani lavoratori -spiega Parban Rai, uno dei 23 delegati che ha accettato di raccontare la sua storia ad Altreconomia-. Siamo qui perché vogliamo unirci a livello mondiale in modo da avere linee comuni per rivendicare i nostri diritti: al lavoro, alla salute, all’istruzione, alla malattia e al riposo”. Parban ha 15 anni e viene dal Nepal, dove lavora in una cava con la sua famiglia. Quando parla stringe le spalle e si tocca le dita screpolate. Ha un occhio velato: una scheggia l’ha colpito quando aveva 11 anni.

“Le pietre sono dure da spaccare -dice- per sentire meno la fatica alcuni di noi bevono. Anch’io per un periodo ingoiavo un vino schifoso, che da un anno non tocco più, ma che molti dei 75 bambini che lavorano con me continuano a mandare giù”.

Per farli smettere Parban ha preparato uno spettacolo di teatro, che realizza con altri coetanei del movimento.  Alza gli occhi con fierezza quando parla del suo spettacolo, sorride e mostra la sua faccia d’attore. Da un anno va a scuola: dalle sei della mattina fino a mezzogiorno. Poi dopo un pasto veloce lavora fino a sera.

A Siena ha lavorato per due settimane con gli altri 22 delegati, che hanno dai 13 ai 16 anni, per preparare il documento che ha portato alla nascita ufficiale del “Coordinamento mondiale di bambini e adolescenti lavoratori”. Il gruppo di discussione si riuniva al mattino dopo colazione e continuava fino a sera, con una pausa per il pranzo. Dopo cena una commissione di 6 delegati definiva i punti emersi durante la giornata e aggiornava l’agenda con gli argomenti da discutere il giorno successivo. La commissione coordinatrice restava in carica una settimana, dopodiché ne veniva scelta una nuova.

Ogni giorno le discussioni venivano moderate da un ragazzo o da una ragazza, eletti quotidianamente dagli altri delegati. Gli unici adulti ammessi erano i traduttori.

E se questi ritenevano opportuno intervenire con precisazioni per facilitare la comprensione dei concetti nelle diverse lingue, dovevano chiedere il permesso al moderatore.

Dopo impegnative giornate di lavori a porte chiuse, i 23 delegati hanno incontrato gli adulti. Giovedì 26 ottobre, in piazza del Campo a Siena, hanno letto il loro manifesto conclusivo.

Con quello sguardo da grandi, le labbra strette e serie, hanno detto: “Noi rivendichiamo e difendiamo il lavoro degno dei bambini e adolescenti. Noi siamo gli attori principali del cambiamento delle nostre condizioni di vita e di lavoro”.

Poi hanno annunciato la nascita della struttura che li coordinerà a livello internazionale, la decisione di creare un marchio di protezione per i prodotti creati da alcuni dei minori lavoratori e hanno stabilito che il 9 dicembre sarà la loro giornata mondiale.

“Chiediamo maggiore considerazione e rispetto dei nostri diritti da parte dei nostri governi e dei popoli -hanno sottolineato ad alta voce-. Vogliamo che ci sostengano e ci considerino bambini e adolescenti che hanno dei diritti come tutti gli altri bambini. Devono ascoltarci e includerci nelle decisioni che ci riguardano e prendere in considerazione le nostre proposte. Le organizzazioni nazionali e internazionali devono aprire spazi di dialogo e di concertazione sui problemi dei bambini”.

Poi, finito di leggere il loro documento, sotto gli sguardi silenziosi degli adulti che li ascoltavano, non sono riusciti a trattenere la gioia: di essere lì, di dare voce a chi come loro lavora ogni giorno, di lottare. Hanno cantato e danzato, con la leggera allegria di chi ha la coscienza e la speranza che, malgrado tutto, un altro mondo è possibile.

Info: www.italianats.org



La scelta di Umberto

“Per me il lavoro è stato uno spazio di educazione, una risorsa in più per aiutarmi ad affrontare la realtà”. Secondo Umberto Grovas, ex bambino e adolescente lavoratore, l’occupazione minorile può essere una risorsa.

Umberto oggi ha 26 anni, viene da Lima, ed stato rappresentante nazionale del Manthoc (Movimento di adolescenti e bambini lavoratori figli di operai cristiani). Ha cominciato a lavorare a 7 anni, accompagnando la madre a vendere pentole e ferri da stiro casa per casa.

“La aiutavo a portare i pesi, poi ho cominciato a lavorare da solo, vendendo caramelle sull’autobus. Lavoravo per 2 o 3 ore al giorno dopo scuola. In classe ho conosciuto la sede più vicina dei Manthoc, perché alcuni miei compagni lo frequentavano”.

Nei centri dei Manthoc, come in quelli degli altri movimenti, i bambini e gli adolescenti si ritrovano per mangiare, vedere film, leggere, fare i compiti e discutere del loro lavoro. Spesso i Manthoc permettono ai ragazzi di trovare lavori dignitosi.

“Grazie a loro ho imparato a suonare e a 15 anni mi guadagnavo da vivere con i concerti nei locali di Lima”, spiega Umberto. Dai 19 ai 22 anni ha frequentato un istituto di Scienze sociali e ora fa l’educatore vicino a Padova. “Per i bambini del Sudamerica il lavoro è un valore antico e una necessità”.



Ma anche gli adulti servono

Un seminario anche per i “grandi”. Dal 20 al 22 ottobre operatori, docenti universitari ed esperti di lavoro minorile provenienti da Europa, Asia, Africa e Sudamerica, si sono incontrati a Siena per discutere della situazione dei bambini e adolescenti lavoratori nel mondo. Secondo Alejandro Cussianovich, pedagogista, fondatore dei movimenti dei Nats in America Latina, “c’è bisogno degli adulti per collegare gli sforzi di tutti i bambini lavoratori”. Durante il seminario è stato sottolineato che è necessario che i governi riconoscano che il lavoro è un diritto anche per bambini e adolescenti e che, in quanto tale, va tutelato. La linea abolizionista, cercare cioè di combattere il lavoro minorile con leggi e divieti, non funziona, perché rende i minori vittime dello sfruttamento e dell’illegalità.

È invece necessario adottare strategie globali e locali per combattere lo sfruttamento del lavoro minorile e per garantire i diritti umani di bambini e adolescenti di tutto il mondo.



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