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Milano: l’isola “felice” nella terra disuguale

A fine 2019 il capoluogo ha ricevuto 210 milioni di euro pubblici per allungare la rete metropolitana. Buona notizia, a patto di salvaguardare l’equità. La rubrica del prof. Paolo Pileri

Tratto da Altreconomia 221 — Dicembre 2019
© Luca Annoni - Unsplash

La grande Milano ha ricevuto un regalo di Natale in anticipo quest’anno: 210 milioni di euro dallo Stato per fare tre nuove fermate della linea 1 della metropolitana e agganciare così un pezzo di periferia alla deriva. Ottima notizia. Migliorare il trasporto pubblico locale è sempre la scelta migliore che una città può fare specie in Italia dove siamo malati cronici di auto, che pure ci lordano l’aria. Bene fanno sindaco e Giunta a festeggiare la notizia. Eppure qualcosa mi scuote. Sarà l’irrequietezza dell’ambientalista che c’è in me oppure la sana vis patriottica. Non so. Sta di fatto che, davanti a una notizia del genere, se fossi un sindaco favorevole all’autonomia differenziata lombarda mi precipiterei a ringraziare gli italiani tutti che, nonostante le continue minacce di distacco dal Bel Paese, hanno generosamente scucito 3,5 euro a testa per allungare un pochino una metropolitana che la maggioranza di loro neppur vedrà. Che generosità ragazzi. Che lezione politica di concorso alla spesa pubblica da parte di chi abita a Furtei, ad Atella, a Lorica e non ha neppur un bus di seconda mano che porti i loro figli a scuola. Nonostante la disuguaglianza laceri il nostro Paese, nessuno di loro ha protestato per quel finanziamento a Milano. Questa è l’Italia che amo. Non quella che vuole maggiore autonomia fiscale e urla che con il suo Pil maggiore della Svezia può fare tutte le Olimpiadi che vuole senza aiuti dal governo, ma poi i 210 milioni di tutti li incassa.

3,5 euro: ogni italiano ha felicemente versato per fare tre nuove fermate della linea 1 della metropolitana di Milano. “Ma non esagerate a generare prosperità nei soliti posti, altrimenti la diseguaglianza voterà…”

Milano scintilla, raccoglie finanziamenti, fa incetta di festival e mostre ma, attenzione, se aumenta il crepaccio tra Milano e il resto, quel resto finirà per non poterne più e i luoghi che non contano fermeranno tutto con il loro voto in stile Brexit, come ci ha spiegato Andrés Rodríguez-Pose (2018). Pure The Guardian avverte Milano del forte rischio di rimanere stella felice di una globalizzazione con tutto attorno terra bruciata (Coman, 10 novembre 2019). Ma non finisce qui. Quella metropolitana ci svela un’altra amarezza -urbanistico/finanziaria- un po’ più sottile ma urgente assai. Tutti noi sappiamo che un appartamento in una zona con la metro vale “2 per” e in una zona senza metro vale “1 per”. Nessuno ce lo deve insegnare. Si chiama rendita. Una rendita un po’ speciale però: cresce senza che il proprietario faccia un bel niente. E crescerà anche alla fermata Baggio della nuova metro. Chissà quanti si stanno già sfregando le mani. Ma a ben pensarci quell’aumento di valore, che qualcuno intascherà vendendo appartamenti o aree edificabili, si genera grazie al contributo di 3,5 euro che ogni italiano ha dato. Vuoi vedere che c’è il rischio di una sottile e pungente disuguaglianza? Anche in una delle città a cui Milano vorrebbe somigliare, Copenaghen, si è fatta la metropolitana con i soldi pubblici, ma lo Stato si è attrezzato per tempo con norme e leggi per catturare il plus valore che quella metro avrebbe generato nelle aree urbane attraversate (Knowles, 2012). E con quella “cattura” ha finanziato parte della metro stessa, alleggerendo il peso fiscale di chi non beneficiava dell’aumento del valore della sua casa perché stava a altrove. È questione di equità fiscale. Allora mi chiedo: perché i nostri governanti della happy reputation, a cui non credo sfugga questo meccanismo, non si inventano una legge per fare giustizia e recuperare le risorse dai pochi che incassano i vantaggi generati dalla bontà pubblica degli investimenti pagati da tutti? Ecco la nostra letterina per Babbo Natale 2019.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “100 parole per salvare il suolo” (Altreconomia, 2018)

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