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Migranti salvati nel Mediterraneo, il racconto del marinaio italiano

Da metà settembre, Riccardo Gatti comanda un’imbarcazione dell’organizzazione spagnola “Proactiva Open Arms” al largo della Libia. Ecco la sua testimonianza dei soccorsi e dei contatti con le autorità italiane per uno sbarco a Lampedusa. Il 3 ottobre ha partecipato al salvataggio di 6mila persone

24 settembre 2016, I migranti tratti in salvo da Proactiva Open Arms nella stiva dell'imbarcazione comandata da Riccardo Gatti

“Arrivati, finalmente, dopo 40 ore di navigazione”. Sono le 2.40 di un lunedì di settembre quando arriva il messaggio. A scriverlo è Riccardo Gatti -marinaio, già educatore in diverse realtà del sociale e studioso di psicologia- che da poco meno di un mese comanda un’imbarcazione di “Proactiva Open Arms”, associazione spagnola di stanza a Barcellona che sta conducendo una missione di salvataggio dei migranti al largo della Libia. Quando scrive, Gatti è appena sbarcato a Lampedusa con altre 60 persone a bordo, oltre all’equipaggio. Si tratta di migranti salvati da un gommone sul quale condividevano la traversata insieme ad altri 51. Tutti, compresi i 30 minori, come racconta Gatti ad Altreconomia, disidratati e con la scabbia.

“Come Proactiva operiamo nella zona davanti alla Libia tra Sabrata e Nord-Est di Tripoli, a seconda della bontà dal tempo -spiega Gatti-. Tutte le operazioni avvengono sotto la supervisione del Maritime Rescue Co-ordination Centres (MRCC) di Roma, il soggetto incaricato a chiamare le squadre di soccorso e indicare loro latitudine e longitudine di un ‘target’”. Sabato 24 settembre, Gatti e la sua squadra ricevono una chiamata. “Ci hanno fornito le indicazioni di un’imbarcazione e siamo andati a cercarla, mandando le nostre lance rapide e i gommoni. Non abbiamo trovato nulla. Così abbiamo fatto una stima, e dopo tre ore di navigazione abbiamo raggiunto il gommone carico di 111 persone a 35 miglia a Nord-Est di Tripoli”.

Il mare, però, si mette di traverso, come ricostruisce Gatti, costringendoli a rinunciare alle operazioni di sbarco su un altro mezzo di salvataggio. “Imbarcare, per noi, non è usuale -prosegue-, di solito si cerca di dirigere i migranti su altre navi della Guardia costiera o di altre associazioni. O si aspetta un’altra barca per effettuare il trasbordo”.

Il trasbordo ipotizzato, però, è vanificato dal meteo. “Il tempo era peggiorato ancora di più, le condizioni erano diventate impossibili”. A quel punto, il team di Proactiva decide di riprendere a navigare per cercare una situazione più “confortevole”. Trascorre la notte. Dai contatti avuti con la Capitaneria di porto italiana, Proactiva viene informata del fatto che la nave Gregoretti della Guardia costiera “stava scendendo”, come ricorda Gatti, dando appuntamento al team spagnolo a metà strada tra il punto di “raccolta” e Lampedusa.

Proactiva Open Arms è un’organizzazione spagnola non governativa e senza scopo di lucro la cui missione principale è quella di salvare i rifugiati che giungono in Europa via mare, in fuga da guerre, persecuzioni o povertà. È nata da un’organizzazione di primo soccorso e salvataggio in mare che ha maturato una vasta esperienza al largo delle coste spagnole.

I tentativi di trasbordo sulla “Gregoretti”, però, falliscono ancora per colpa del mare. A quel punto, il team comandato da Gatti decide di dirigersi verso il porto di Lampedusa. “Una volta che abbiamo visto che era impossibile, abbiamo comunicato la decisione ferma di andare verso l’isola”.

24 settembre 2016, le luci del tramonto durante la navigazione nel Mediterraneo - @ Riccardo Gatti
24 settembre 2016, le luci del tramonto durante la navigazione nel Mediterraneo – @ Riccardo Gatti

Ma quella scelta, viene riferito a Gatti via radio, non è scontata, essendo vincolata ad un permesso che deve giungere da Roma. “Ci ripetevano di fare il trasbordo -ricorda il marinaio-. Nel frattempo hanno iniziato a sostenere che l’entrata a Lampedusa per principio non fosse possibile”. È allora che il marinaio italiano -che vive a Barcellona da oltre dieci anni- contatta la segretaria del presidente della Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato, Luigi Manconi. “Le condizioni dei migranti erano terribili e il nostro medico ci diceva che non c’era possibilità di fare trasbordi”. Quando la squadra di salvataggio fa notare che della cosa sono al corrente un fotografo e un giornalista, arriva l’attesa risposta, che è affermativa: “Ci hanno comunicato che era stata avvisata la sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, e che la Capitaneria di porto ci avrebbe messo a disposizione un’altra barca per fare il trasbordo fuori dall’isola, o che in caso contrario saremmo potuti entrare sottostando a degli orari, visto che il porto è molto vicino alla pista di atterraggio degli aerei”.

Così accade. Nel cuore della notte l’ingresso è perfezionato. “Non capisco tutta questa voglia di farci fare il passaggio alle navi della guardia costiera quando le condizioni meteo erano impossibili e le condizioni del mare proibitive. Non è il tempo delle conclusioni -riflette Gatti- ma forse ha prevalso per un certo periodo il fatto che vogliono essere loro a comandare (Capitaneria, Guardia costiera, MRCC, ndr), non vogliono che altri partecipino alle decisioni. Ma in quel caso il nostro orientamento era dettato dalle condizioni dei migranti”.

Sulla banchina, all’arrivo dei migranti, “c’erano polizia, carabinieri, vigili del fuoco, Croce Rossa, associazioni e pure la sindaca. Abbiamo ‘scaricato’ le persone, salutato e la cosa è finita lì”. Gatti e la sua squadra sono tornati a navigare.

Il 3 ottobre, a tre anni dalla strage di Lampedusa e dai 366 morti accertati, Riccardo scrive ancora: “Oggi abbiamo ‘lavorato’ dalle 5 di mattina fino ad adesso (sono le 20, ndr), prima sbarcando 700 da un barcone a una nave di appoggio, poi scortando altri 150 su un gommone, e poi assistendo operazioni di transfer di circa 1.400 su navi varie, tra cui Frontex e Marina militare spagnola”. A fine giornata, i tratti in salvo saranno 6mila.

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