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Diritti / Opinioni

L’Europa è complice della violazione dei diritti dei migranti nei Balcani

migranti rotta balcanica
© Melissa Favaron - Flickr

Migliaia di persone sono bloccate in condizioni disumane in Bosnia, Serbia a Croazia. La “Fortezza” è dentro i confini. La rubrica di Gianfranco Schiavone dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione

Tratto da Altreconomia 222 — Gennaio 2020

Il 2020 si apre per il diritto d’asilo in Europa e per la tutela dei diritti umani con uno scenario fosco. Mentre la condizione dei rifugiati nel mondo, come evidenzia UNHCR nel suo rapporto annuale, peggiora progressivamente, l’Europa vive al proprio interno una “crisi dei rifugiati” che è solo immaginata o invocata poiché il numero delle domande di asilo, diminuito nel corso del 2018 (dati Eurostat), ha continuato la sua discesa a ritmi ancora più veloci nel corso del 2019. Della vera grave anomalia, la crescita impetuosa dei rifugiati nelle aree impoverite del mondo a fronte di una loro diminuzione in Europa, non si parla affatto.

Tramite politiche di “esternalizzazione” sempre più spregiudicate, l’Unione europea e i singoli Stati, tra cui l’Italia, hanno progressivamente rafforzato le politiche di controllo delle frontiere operando direttamente in Paesi terzi attraverso interventi di sostegno politico, economico, logistico e tecnologico con il fine di ostacolare il passaggio dei rifugiati verso l’Europa determinando un aggravamento senza precedenti delle difficoltà per i rifugiati stessi di trovare vie di fuga da guerre e persecuzioni. Dentro lo stesso territorio europeo, si verificano estesi fenomeni di violazione dei diritti fondamentali dei rifugiati e trattamenti disumani e degradanti, anche se proibiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Non sono più episodi isolati e circoscritti, i cui attori sono poteri nascosti o in qualche modo deviati; all’opposto, si tratta di fenomeni diffusi ed estesi che rischiano di divenire strutturali.

Tali sono le condizioni in cui sono forzatamente bloccati in condizioni orribili decine di migliaia di rifugiati ammassati nei campi delle isole greche prossime alla Turchia come nel caso, più noto ma non unico, dell’isola di Lesbo nonché in tutta la Grecia continentale. Persino peggiori sono le condizioni dei migranti lungo tutta la cosiddetta rotta balcanica e nella Bosnia-Erzegovina in particolare. Forse quando questo numero sarà in edicola il campo di Vuciak, vicino a Bihac, un luogo nel quale le persone vivono in “condizioni atroci” secondo la Commissaria europea per i diritti umani, sarà stato chiuso, ma, se anche sarà così, di poco migliore rimane la condizione delle migliaia di persone gettate nei campi bosniaci ricavati in fabbriche dismesse o caserme fatiscenti.

50.000 migranti sono arrivati in Bosnia tra gennaio 2018 e febbraio 2019. I loro diritti sono sistematicamente violati

È sconosciuta ai più la presenza, nella sola Bosnia, di circa 50mila migranti arrivati in quel Paese tra gennaio 2018 e ottobre 2019 (dati UNHCR) così come vengono ignorate le tanto efferate e sistematiche quanto impunite violenze e torture perpetrate dalla polizia croata (dunque dentro i confini dell’Unione) verso i migranti che tentano il viaggio chiamato “The Game” dai Balcani verso l’Europa occidentale, violenze documentate tra gli altri da Amnesty International nel marzo 2018.

Tutte queste gravi situazioni non sono legate ad alcuna crisi migratoria bensì avvengono in un continente sempre più vuoto di rifugiati ed evidenziano il crollo del sistema giuridico europeo di tutela dei diritti umani. In un certo senso l’esternalizzazione si è già estesa, come un cancro, persino all’interno dello spazio europeo manifestandosi (per ora) nelle aree più periferiche. Il sistema di diritto si fa sempre più esile, e rimane confinato nelle dichiarazioni ufficiali, mentre l’illegalità verso i soggetti più deboli dilaga e coloro che la contrastano sono beffardamente accusati di disobbedienza civile. Esamineremo nei prossimi mesi le proposte di riforma del sistema asilo in Europa, a breve presentate dalla nuova e gracile Commissione; lo faremo con la consapevolezza che la posta in gioco non sono i migranti ma la continuazione stessa dell’Europa come progetto politico e come costruzione di uno spazio comune di libertà e giustizia.

Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni nonché vice-presidente dell’Asgi e presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste

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