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Esteri / Opinioni

Il mercato globale della droga e l’impatto della pandemia

Un campo di papaveri da oppio in Afghanistan © UN Photo/UNODC/Zalmai

I gruppi criminali hanno modificato le modalità di approvvigionamento e di spaccio delle sostanze. Restano i danni per la salute. La rubrica di Pierpaolo Romani di Avviso Pubblico

Tratto da Altreconomia 239 — Luglio/Agosto 2021

La droga rappresenta il core business delle organizzazioni mafiose. Nel 2018 secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc), nel mondo sono state 265 milioni le persone che hanno assunto sostanze stupefacenti. Di queste 37,5 milioni hanno avuto problemi di salute, tra cui epatiti, tubercolosi e Aids. La droga non genera soltanto dipendenza e malattie, ma porta anche alla morte: i decessi per overdose in Italia nel 2019 sono stati 373, in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente. A morire sono soprattutto persone di sesso maschile. A questi dati, forniti a maggio da Antonio Mazzitelli, funzionario dell’Unodc, vanno aggiunti anche i morti e i feriti che le droghe provocano indirettamente a causa di incidenti stradali o a episodi legati alla violenza domestica e di gruppo che, anche in tempi recenti, abbiamo visto sulle nostre strade, in piazze e parchi pubblici. 

Quello delle droghe è un mercato globalizzato nel quale operano diversi gruppi criminali dediti alla produzione -in particolare in Sud America e Asia- al trasporto e alla distribuzione delle sostanze stupefacenti. I principali mercati del consumo sono gli Stati Uniti e l’Europa. In Italia, a partire dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, è stata Cosa nostra siciliana a controllare le rotte dell’eroina. In tempi più recenti, lo scettro del narcotraffico, in particolare, quello della cocaina, è stato conquistato dalla ‘ndrangheta calabrese, che tratta direttamente con i cartelli sudamericani.

Le droghe viaggiano per via aerea, marittima e terrestre per cui è necessario disporre di mezzi e corrompere chi è adibito a svolgere i controlli alle frontiere, nei porti, nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti. Le sostanze stupefacenti vengono prodotte anche sinteticamente e sono commercializzate non solo sui mercati fisici ma anche sul web. 

In tempi di pandemia e lockdown, come quelli che stiamo vivendo, le droghe sono giunte in Europa e in Italia soprattutto per via marittima, sfruttando ad esempio la mancanza di limitazioni che ha interessato alcuni mercati legali, tra cui quello della frutta. Dal Sud America e dall’Asia, su navi cargo cariche di container piene di banane, ananas e frutti esotici sono giunti carichi importanti di cocaina ed eroina nei porti spagnoli, olandesi (Rotterdam), belgi (Anversa) e francesi (Le Havre). In Italia, anche in tempi recenti, ingenti sequestri di sostanze stupefacenti sono avvenuti nei porti di Gioia Tauro, Genova, Livorno. 

265 milioni. Le persone che a livello globale assumono sostanze stupefacenti secondo il “World drug report” redatto dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine

A livello operativo, nel periodo della pandemia il commercio al dettaglio delle droghe è avvenuto attraverso consegne a domicilio realizzate mediante l’invio di pacchi postali, ricorrendo a riders oppure a piccoli spacciatori, in particolare di nazionalità straniera, che si sono messi in fila davanti ai supermercati come falsi acquirenti o che hanno girato nei parchi adiacenti le scuole, quando queste ultime sono state aperte.

In Italia i dati sulla lotta al narcotraffico vengono forniti dalla Direzione centrale per i servizi antidroga, presso il ministero dell’Interno. Nella sua ultima relazione annuale emerge il primato della Lombardia, con 4.915 operazioni antidroga, della Puglia con 6,2 tonnellate di droga sequestrata, del Lazio con 5.536 persone segnalate all’autorità giudiziaria. I sequestri più importanti hanno riguardato la cocaina, seguita da marijuana e hashish.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”.

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