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Memoria “Senza respiro”. Marzo-aprile 2020: lettere, denunce, reazioni mancate

© Engin Akyurt - Unsplash

La terza parte della ricostruzione dei fatti accaduti un anno fa tramite alcuni estratti significativi del libro di Vittorio Agnoletto “Senza respiro”. Per non dimenticare, per fare memoria, per agire, per cambiare

Solo il 23 marzo 2020 l’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte firma il provvedimento che prevede la chiusura delle attività produttive non essenziali o strategiche; aperti alimentari, farmacie, negozi di generi di prima necessità e i servizi essenziali. In tutto il periodo precedente Confindustria ha fatto pressione perché le fabbriche rimanessero aperte. Ma le denunce non si fermano qui, soprattutto per quando riguarda la Regione Lombardia.

Dal libro “Senza respiro

Il 25 marzo 2020 Roberto Saviano posta su Facebook il video di Francesco Macario, “ex assessore di Rifondazione Comunista del Comune di Bergamo, ma soprattutto cittadino di Bergamo e conoscitore del suo territorio”. Spiega Saviano: “Quello che Macario denuncia in questo video racconta ciò che forse sappiamo, ciò che forse sospettiamo, ma da cui la paura ogni volta ci distoglie. Macario parla di un territorio le cui industrie tessili intrattengono (ancora adesso) contatti con i partner cinesi che hanno continuato a ricevere tecnici dalla Bergamasca durante tutto il periodo dell’emergenza Covid-19 in Cina e in Italia. Macario parla della scelta sbagliata di chiudere i voli da e per la Cina, cosa che ha impedito di monitorare i viaggiatori contagiati, perché i viaggi continuavano e in Italia tornavano persone che non venivano messe sotto osservazione”.

Abbiamo intervistato a nostra volta Francesco Macario (che così denuncia):

Lei conosce bene il territorio: perché a suo avviso il virus si è diffuso così tanto a Bergamo e provincia?
“Per i rapporti economici che esistono tra le ditte del tessile (elettro-meccanico dei telai) che vengono prodotti nella Val Seriana (che dal Medioevo è comparto del tessile). Ci sono stretti rapporti con la Cina, società miste bergamasco-cinesi che producono in Cina ma gestite in Val Seriana. I tecnici italiani che lavorano in Cina e risiedono in Val Seriana sono centinaia. Loro per tradizione a Natale rientrano in Italia: se consideriamo che la prima ondata in Cina è stata a fine dicembre-inizio gennaio, qualcosa devono aver portato qua. Gli industriali si sono accorti che in Cina chiudevano le produzioni, e a fine gennaio hanno fatto rientrare i tecnici. Nel territorio del resto sono presenti almeno due aziende che avevano commesse proprio nella zona di Wuhan. Gli industriali erano coscienti dell’epidemia in Cina ma non volevano subire perdite economiche: i tecnici hanno continuato ad andare avanti e indietro”.

[La Lombardia è sempre l’epicentro della pandemia. Il governo della Regione non reagisce, nonostante lettere e denunce].

Il 26 marzo 81 sindaci della città Metropolitana di Milano scrivono alla Regione: “Chiediamo a Regione Lombardia di cambiare strategia nella lotta al Coronavirus”. (…) I primi cittadini portano come esempio quanto realizzato in Veneto dove l’uso del tampone è anche finalizzato all’individuazione dei contatti da sottoporre a loro volta al test nel tentativo di chiudere il cerchio attorno al virus. “Chiediamo per questo a Regione Lombardia di cambiare rotta, di studiare ed attuare con i tecnici delle Aziende Sanitarie e gli esperti di epidemiologia una strategia che punti sulla sorveglianza attiva e sull’assistenza medica domiciliare […] evidenziamo la assoluta necessità di sottoporre periodicamente al tampone i medici di base e ancor più di dotarli in giusta quantità di tutti gli strumenti indispensabili per poter eseguire in massima sicurezza l’assistenza al domicilio dei pazienti […]”.

Ad accendere i riflettori su quanto accaduto e a continuare a tenere alta l’attenzione sulla situazione delle Rsa anche in vista di future possibili nuove ondate epidemiche, sono i famigliari dei degenti, spesso organizzati in veri e propri Comitati.

“Verso metà aprile mi sono reso conto che all’interno del Pio Albergo Trivulzio, dove si trovava mia mamma, la situazione era fuori controllo -ci racconta il 12 agosto, Alessandro Azzoni, fondatore del Comitato verità e giustizia vittime Trivulzio-. L’esserci uniti in Comitato, come familiari, ci è servito inizialmente proprio per capire cosa stava succedendo ai nostri cari, in un contesto in cui, mentre dalla dirigenza ci veniva detto che ‘andava tutto bene’, ci arrivavano notizie molto allarmanti. Avevamo visto le foto delle bare stipate nella chiesetta del Trivulzio”.

Il 17 aprile è resa pubblica la lettera che migliaia di medici del gruppo Fb per soli medici “Coronavirus, Sars-CoV-2 e Covid-19” hanno inviato al ministro Speranza. Viene definita “la lettera dei 100.000”. La sua richiesta principale è il rafforzamento della medicina territoriale: “I pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione… oltre ai dispositivi di protezione e ai tamponi, chiediamo di rafforzare il territorio, vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità per squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 marzo, definite Usca, di essere attivate immediatamente in tutte le Regioni…”.

Le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) sono istituite ai sensi dell’art 8, D.L. 9 marzo 2020 n. 14, “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza Covid-19”. In Lombardia le Usca vengono create con la delibera n. 2986 del 23 marzo, ma il 14 aprile cento sindaci lombardi denunciano che solo 8 sulle 65 previste sono attive tra Milano e Lodi, secondo quanto previsto dalle norme nazionali ogni Usca dovrebbe coprire un bacino di 50.000 persone. Al 7 luglio risulteranno attivate solo 55 Usca in tutta la Lombardia.

3. Continua

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