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Memoria “Senza respiro”. 11-22 marzo 2020: Bergamo e la mancata “zona rossa”

Città Alta, Bergamo © Sofia Galasso - Unsplash

La seconda parte della ricostruzione dei fatti accaduti un anno fa tramite alcuni estratti significativi del libro di Vittorio Agnoletto “Senza respiro”. Per non dimenticare, per fare memoria, per agire, per cambiare

Il 9 marzo 2020 l’Italia istituisce il primo lockdown nazionale in Europa attraverso un decreto firmato dall’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. L’11 marzo Conte firma un altro Dpcm che dispone la chiusura di tutte le attività commerciali, di vendita al dettaglio, ad eccezione dei negozi di generi alimentari, di prima necessità, delle farmacie e delle parafarmacie. Quello stesso giorno l’Oms dichiara che Covid-19 può essere identificata come una pandemia.

I 7-10 giorni successivi sono decisivi per la provincia di Bergamo. Il 15 marzo quest’ultima con 2.864 contagi ha superato la provincia di Lodi (1.276 infezioni), sede del primo focolaio.

Dal libro “Senza respiro”

13 marzo – Il quotidiano Avvenire pubblica una lettera di due operatori sanitari del “Pesenti Fenaroli” che desiderano restare anonimi, i quali raccontano quello che è avvenuto ad Alzano Lombardo (BG) dopo la scoperta dei primi casi di Coronavirus.

“Solo poche ore dopo, incomprensibilmente, il pronto soccorso veniva riaperto, senza nessun intervento di sanificazione e senza la costituzione immediata di triage differenziati né di percorsi alternativi per i pazienti che erano subito tornati ad afferire. Nei giorni successivi -continuano-, diversi operatori, sia medici che infermieri del pronto soccorso ma anche di altri reparti di degenza, risultavano positivi ai tamponi per Covid-19, molti essendo sintomatici […]. Nei giorni immediatamente successivi cambiavano le disposizioni, per cui tutti i contatti stretti (pazienti e operatori) delle persone accertate positive non venivano più sottoposti a tampone se asintomatici. Come pensare quindi di delimitare il contagio isolando i possibili vettori? Senza ricerca attiva di possibili positivi tra pazienti e operatori transitati nei reparti a rischio? In quei giorni, peraltro, venivano utilizzati Dispositivi di protezione personale del tutto incompleti”.

15 marzo – Alla redazione della trasmissione 37e2 di Radio Popolare arriva il drammatico racconto di un’ascoltatrice che ha scritto a diversi politici senza ottenere alcuna risposta.

“Buongiorno, io abito a Bergamo […] La situazione è gravissima come ben sa, ma gravissimo è il fatto che ci sono paesi di quella che doveva essere fatta zona rossa in cui tutti sono ammalati di Covid-19 o convivono con persone che ce l’hanno, ma nessuno fa il tampone, quindi non c’è diagnosi ufficiale e le gente continua a lavorare! Vorrei comunicarle una situazione gravissima: mia sorella che abita a Scanzorosciate (provincia di Bergamo, vicinissima a Nembro e Alzano) ha contratto il virus Covid-19. In forma per ora fortunatamente lieve e non preoccupante. […] Il problema è che nessuno fa più i tamponi e la diagnosi le è stata fatta telefonicamente dal medico di base. Proprio perché non c’è tampone e quindi diagnosi ufficiale, non scatta la quarantena e mio cognato è obbligato ad andare al lavoro. Ma si rende conto?? In quella zona sono TUTTI ammalati, in ufficio dove lavora mio cognato pure. Ma cosa aspettate a chiudere TUTTO? […]”

17 marzo – È di un chirurgo di Treviglio (BG) un’altra testimonianza importantissima.

“Caro Vittorio Agnoletto, sono un chirurgo dell’ospedale di Treviglio (BG), mi rivolgo a Lei nella speranza di un aiuto e consiglio. Il nostro ospedale come Lei probabilmente già sa si trova al centro di un area ad altissima incidenza di infezione, ed è stato come molti altri convertito a ospedale per trattamento di casi Covid positivi. Purtroppo per diversi motivi qui la disorganizzazione è completa e devastante. In particolare l’attività di Pronto Soccorso è completamente paralizzata, soprattutto per l’assenza del cosiddetto ‘tendone’ (l’ospedale da campo della protezione civile o dell’esercito) che montato nelle adiacenze del Pronto Soccorso consentirebbe di dare una sistemazione un po’ più dignitosa ai pazienti, che invece attualmente […] vengono dislocati nei posti più impensabili, compresi i bagni e soprattutto vengono lasciati anche 10 ore nelle ambulanze che restano con il motore acceso sul piazzale senza poter scaricare i malcapitati, bloccando di fatto anche l’attività di soccorso sul territorio. A fronte di questo completo collasso della struttura l’amministrazione cerca di diffondere una immagine opposta, e cioè che sta andando tutto bene, arrivando a invitare la popolazione a recarsi in Pronto Soccorso anche per patologie non attinenti il Covid, affermando che verranno curate con competenza e con passione come sempre. Tale situazione genera grandissimo disagio per i pazienti e avvilimento e frustrazione per gli operatori, che percepiscono come vano ogni proprio sforzo. Come si potrebbe convincere l’amministrazione ospedaliera e provinciale a creare questa struttura aggiuntiva (tendone) che tanto ci aiuterebbe?”

20 marzo – Dalla provincia di Bergamo arrivano appelli disperati e richieste di provvedimenti più restrittivi, come quello del sindaco di Castione della Presolana, che chiede la zona rossa al governo e alla Regione con una nota in cui scrive: “La situazione della Valle Seriana viene probabilmente sottovalutata e necessita di un forte intervento governativo e regionale. Gli ospedali sono al tracollo, i decessi numerosissimi e i contagiati pure”.

22 marzo – Viene adottata congiuntamente dal ministro della Salute e dal ministro dell’Interno una nuova ordinanza che vieta a tutte le persone di spostarsi in un Comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza, ovvero per motivi di salute. Il presidente Conte firma il provvedimento che prevede la chiusura delle attività produttive non essenziali o strategiche; aperti alimentari, farmacie, negozi di generi di prima necessità e i servizi essenziali.

Moltissime imprese producono un’autocertificazione nella quale dichiarano di rientrare nella filiera delle attività essenziali, oppure di avere impianti che non si possono fermare o ancora di svolgere un’attività di rilevanza strategica attraverso un meccanismo (i codici Ateco) basato sul silenzio/assenso da parte della Prefettura. Questa pratica ha permesso a molte aziende di restare aperte e di contribuire non poco alla diffusione del virus in particolare, ma non solo, nella provincia di Bergamo. La zona rossa avrebbe potuto salvare molte vite. […]

Il 22 marzo è nato su Facebook il gruppo “Noi Denunceremo – Verità e Giustizia per le vittime di Covid-19”. Oggi conta oltre 60.000 membri e raccoglie un impressionante mosaico di storie di persone che hanno perso i loro cari. Sono migliaia, la maggior parte della provincia di Bergamo.

2. Continua

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