Finanza / Opinioni
Mediobanca, Generali e uno scambio che potrebbe far comodo al Governo Meloni

L’Offerta pubblica di scambio lanciata a fine aprile dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, nei confronti di Banca Generali punta alla creazione di un gruppo da 300 miliardi di euro di attivi e dal ruolo centrale nella partita del risparmio gestito. Scrollandosi l’acquisizione da parte di Mps. Il ruolo enigmatico di Unicredit, Caltagirone-Delfin e dell’immancabile BlackRock. L’analisi di Alessandro Volpi
La finanza italiana si muove in acque decisamente agitate. L’ultimo episodio di un panorama in grande fermento è rappresentato dall’Offerta pubblica di scambio lancia dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, nei confronti di Banca Generali, mettendo sul piatto l’intera partecipazione della stessa Mediobanca in Generali per un valore di circa 6,3 miliardi di euro.
Si tratta di una mossa di estremo rilievo perché in questo momento Mediobanca è oggetto a sua volta di un’Offerta pubblica di scambio, posta in essere da Mps, nel cui azionariato compaiono Francesco Gaetano Caltagirone, la holding Delfin della famiglia Del Vecchio e il ministero dell’Economia. In realtà Caltagirone e Delfin sono anche azionisti di rilievo di Mediobanca, con una quota non distante dal 30%. Perché, allora, una simile operazione da parte di Nagel che sembra proprio voler evitare che Mediobanca finisca nelle mani di Mps? La risposta non è semplice ma alcuni elementi sembrano chiari.
Il primo dato è costituito dalla evidente volontà di Nagel e di larga parte degli investitori istituzionali di Mediobanca, che rappresentano circa il 53% del capitale, di non accettare l’inglobamento dell’istituto di Piazzetta Cuccia in una banca commerciale di medie dimensioni, dai destini incerti date le sue complessive condizioni finanziarie. Per Nagel e soci, Mediobanca con l’acquisizione di Banca Generali diventerebbe invece un player di grande rilievo, il secondo in Italia dopo Fideuram (Gruppo Intesa Sanpaolo), nel settore del risparmio gestito che è attualmente uno dei più remunerativi, la cui fortuna dipende, in maniera paradossale, dalla crescente necessità della popolazione di far fronte a esigenze prima in larga parte garantite da servizi pubblici. Insieme a Banca Generali, Mediobanca arriverebbe a gestire 300 miliardi di euro di attivi con un peso decisamente rilevante.
In questo senso l’azione di Mediobanca parrebbe presentare un carattere ostile nei confronti di Mps e dei suoi principali azionisti che, come ricordato, sono anche suoi azionisti; potrebbe contenere persino l’intenzione di frenare la propria subordinazione alla volontà politica del Governo Meloni di dotarsi di un’importante banca amica, nata dalla fusione tra Mediobanca e Mps, in cui la presidente del Consiglio godrebbe del sostegno della già ricordata cordata “italiana”, secondo una schema tristemente noto nella storia del nostro Paese.
Peraltro a conferma di questa ambizione dell’esecutivo di Meloni di pesare nel comparto bancario si possono citare il ricorso al golden power nel caso dell’iniziativa di Unicredit nei confronti di Bpm e la ventilata ipotesi di analogo utilizzo di tale strumento nei riguardi della ventilata fusione tra Generali e Natixis.
Tuttavia, l’iniziativa di Nagel può essere letta anche in un altro modo. La scelta di Mediobanca di acquisire Banca Generali con la cessione dell’intera propria quota di partecipazione a Generali sarebbe funzionale a un’eventuale scalata del gruppo Caltagirone-Delfin nei confronti stessa società di assicurazioni; una sorta di via libera a cui potrebbe far seguito, appunto, l’assalto dei suoi azionisti -Caltagirone e Delfin- al Leone triestino, magari con l’inusuale appoggio di Unicredit.
A un’eventualità simile può far pensare il voto in assemblea di Generali per la nomina dei vertici che ha visto la convergenza delle posizioni di Caltagirone con quelle di Unicredit. L’impianto generale dell’attuale risiko bancario contemplerebbe la nascita di una realtà importante del risparmio gestito, costituita da Mediobanca che incorpora Banca Generali, in grado di fare concorrenza anche a Fineco, dove spicca il 10% di BlackRock, e la costruzione di un colosso generato da Unicredit, Mps e Generali, decisamente vicino al governo.
Resta da capire però in tale ambito la posizione di Andrea Orcel e di Unicredit, impegnati sul duplice fronte dell’acquisizione di Bpm, su cui incide il già ricordato golden power governativo, e della scalata a Commerzbank. L’operazione Generali, per il principale istituto italiano potrebbe essere, in tale prospettiva, una merce di scambio proprio con il governo e il suo “nocciolo” amico per poter portare a termine la duplice acquisizione e creare davvero un player di dimensioni europee, peraltro già autorizzato dalla Banca centrale europea (Bce). Un player, vale la pena ricordarlo, dove il principale azionista sarà BlackRock.
Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento. Il suo ultimo libro è “Nelle mani dei fondi” (Altreconomia, 2024)
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