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Mattoni impossibili – Ae 54

Numero 54, ottobre 2004I capitali che non guadagnano più in Borsa si sono riversati sul mercato immobiliare. Risultato: i prezzi delle case sono schizzati verso l’alto, in una gigantesca bolla speculativa. Un destino che, oggi, non risparmia nessuno: a Milano,…

Tratto da Altreconomia 54 — Ottobre 2004

Numero 54, ottobre 2004

I capitali che non guadagnano più in Borsa si sono riversati sul mercato immobiliare. Risultato: i prezzi delle case sono schizzati verso l’alto, in una gigantesca bolla speculativa.
Un destino che, oggi, non risparmia nessuno: a Milano, ma anche Roma, Torino, Napoli…

Un settimanale economico, a fine luglio, ha pubblicato in copertina il ritratto di un gestore di fondi giudicato come il più bravo money manager
italiano. Il suo merito: aver garantito il 17,03% di guadagno in un anno a chi gli aveva affidato i suoi soldi. Nulla da eccepire, peccato che migliaia di risparmiatori siano riusciti a far di meglio. Come? Comprando casa. Da quattro anni a questa parte il mercato immobiliare, almeno nelle grandi città, continua a crescere a due cifre (come mostrano le tabelle in queste pagine sui prezzi nelle quattro principali città italiane dal 2000 a oggi) e in questo momento se si può pronosticare una diminuzione delle vendite è difficile pensare a un drastico calo dei prezzi, almeno a breve termine.

Aumenti così sostenuti sono dovuti soprattutto a una ragione: l’andamento dei mercati finanziari. Le Borse, con i loro grafici da montagne russe, spaventano i piccoli e medi investitori mentre il tradizionale rifugio nei titoli di Stato dà ben poca soddisfazione, con tassi che si aggirano attorno al 2%. E anche le obbligazioni, strumenti di investimento sicuri sulla carta, ormai non danno più fiducia, dopo le batoste di Argentina, Cirio e Parmalat. Non è un caso che i prezzi immobiliari siano tornati a schizzare a gennaio scorso, allo scoppiare dello scandalo Parmalat. Bassi rendimenti significa anche basso costo del denaro: i mutui oggi sono offerti ai tassi nominali minimi della storia italiana del dopoguerra. Le banche inoltre offrono la possibilità di allungare la durata dei finanziamenti fino a 30 anni, con il risultato che spesso l’importo mensile di una rata, per quanto pesante da sostenere, sia però inferiore a quello necessario per un affitto, dato che i canoni hanno toccato livelli del tutto irragionevoli. L’idea di spendere per avere un giorno la piena proprietà invece che buttare i soldi a fondo perduto è un argomento psicologico pressoché invincibile per spingere a comprare.

È molto pericoloso raffrontare mercato immobiliare e mercato finanziario, soprattutto in Italia, perché qui il mattone ha una struttura per molti versi atipica rispetto a quelli dei principali Paesi esteri. Vediamo qualche differenza di non poco conto.

In primo luogo tre quarti del fatturato complessivo del mercato deriva da vendite di immobili residenziali, mentre in altri Paesi le vendite di case rappresentano meno della metà del giro d’affari immobiliare.

La proprietà della casa, poi, in Italia è molto più diffusa: un fenomeno frutto un po’ della mentalità degli italiani, ma in buona parte anche della dissennata politica sugli affitti condotta negli ultimi quarant’anni: l’equo canone ha fatto sparire le case dal mercato e così una legge nata in teoria per tutelare gli inquilini ha di fatto penalizzato le fasce economiche più deboli.

La grande maggioranza delle compravendite di appartamenti riguarda immobili usati: anche nei periodi di boom il nuovo a Milano o a Roma non rappresenta più del 6-7% delle vendite. Per questo si può dire che le grandi società immobiliari e gli investitori istituzionali riescono a influire solo in maniera limitata sul nocciolo duro del mercato, cioè le vendite di appartamenti. Altro discorso se si considerano segmenti di mercato più specifici: l’acquisto di un centro commerciale da 100 milioni di euro ovviamente riguarda solo un manipolo ristretto di società.!!pagebreak!!

Infine, il mercato non è trasparente: i prezzi dichiarati sugli atti di compravendita sono formulati a fini fiscali, ma hanno poco a che vedere con la realtà. Questo perché l’Erario accetta che il prezzo sia dichiarato sulla base del valore catastale, che nelle grandi città e nelle località turistiche a volte è inferiore di tre-quattro volte rispetto a quello di mercato.

Mancando una base dati credibile, il mercato è più sensibile alle voci e alle impressioni. In particolare, i servizi giornalistici riescono spesso ad alimentare aspettative di guadagno a volte irrealistico, soprattutto perché in molti casi la titolazione è più enfatica di quanto meriterebbe il contenuto degli articoli. Un esempio: se viene riportato in un titolo che a Milano si sono raggiunti 20 mila euro a metro quadrato (notizia vera se riferita a via Montenapoleone) chi legge e vuol vendere la sua casa in periferia si sente autorizzato a pensare che anche il suo immobile valga di più e questo finisce per turbare il mercato. Ma quel che è peggio, le banche che devono concedere crediti alle immobiliari finiscono per erogare sulla base di stime gonfiate.

Proprio per questo gli anni a venire potrebbero presentare spiacevoli sorprese: ad avere i rubinetti del credito aperto sono proprio i gruppi che stanno per dare vita a una tra le più grosse cementificazioni che l’Italia abbia mai visto. Tutte le maggiori città italiane oggi sono al centro di progetti di riqualificazione e sviluppo legati per lo più alla riqualificazione di aree dismesse.

Il programma più ambizioso è senza dubbio quello di Milano, dove l’enorme business che ruota attorno ai progetti in cantiere viene addirittura spacciato nelle dichiarazioni ufficiali come un “nuovo Rinascimento”, cui daranno vita i big dell’architettura mondiale. I secoli diranno se Norman Foster e Renzo Piano sono avvicinabili a Michelangelo, ma l’accostamento tra palazzinari e Lorenzo il Magnifico appare sin d’ora improbabile…

Tra le operazioni di maggior rilievo va segnalata “Montecity”, recupero di un’area industriale di 1 milione e 200 mila metri quadrati, dove entro il 2012 Risanamento (gruppo Zunino) intende realizzare 271 mila metri di nuove residenze, 260 mila metri tra commerciale e terziario, un albergo e un centro congressi, per un investimento complessivo stimato in 1,2 miliardi di euro. Il progetto è di Norman Foster.

La cordata assicurativo-immobiliare “City life” (Generali Properties, Ras Progestim della Fondiaria-Sai ovvero Ligresti, Lamaro Appalti e Gruppo Lar) investirà oltre un miliardo di euro per la riqualificazione di 225 mila metri quadrati del quartiere Fiera, che rimarrà libero dal 2005, quando i padiglioni si trasferiranno a Pero. Il progetto, firmato da Arata Isozaki, Daniel Libeskind, Zaha Hadid e Pier Paolo Maggiora, prevede tra l’altro la realizzazione di tre grattacieli alti fino a 260 metri, il doppio del Pirellone. I lavori saranno ultimati entri il 2014. Per vedere superata l’altezza dello storico grattacielo non bisognerà però aspettare fino ad allora, visto che nel 2008 sorgerà in zona Garibaldi la nuova sede della Regione Lombardia, progettata dallo studio newyorkese Pei Cobb Fredd & Partners: 160 metri di altezza, 320 milioni di costo. A pochi isolati di distanza vedrà la luce entro il 2009 la cosiddetta città della moda. L’operazione è curata dalla Caprera, controllata al 100% dal fondo Hines European Development Fund. Il piano è affidato a César Pelli e prevede un investimento di circa 500 milioni di euro su 230 mila metri quadrati.

Torino. Il capoluogo piemontese è tutto un fervore di opere per la preparazione delle Olimpiadi invernali 2006. Il progetto urbanistico più ambizioso parte però da lontano e va a intersecarsi con i lavori per i Giochi: si tratta del recupero della Spina Centrale, il percorso della linea ferroviaria che attraversa da Nord a Sud la città e le aree industriali che lo fiancheggiano e prevede l’abbassamento dei binari e la loro copertura. Il progetto è suddiviso in quattro ambiti e prevede l’ampliamento o la realizzazione ex novo di sedi universitarie e poli culturali, terziario e residenze. Nel complesso sono previsti interventi per 1.125.000 metri quadrati, per la metà destinati a residenza. Fine lavori nel 2010.

Roma. Venticinque anni tra un Giubileo e l’altro sono troppi e quindi dopo i lavori realizzati per il Giubileo del 2000 Roma intende colmare l’attesa fino al 2025 con un serie di grandi iniziative urbanistiche. E lo fa con il nuovo Piano regolatore, che sostituisce lo strumento urbanistico varato nel 1962. Il nuovo piano suddivide la città in 20 aree da riqualificare: in totale saranno realizzati 61 milioni di metri cubi. In questi giorni si sta per concludere la gara per una tra le più ambiziose opere di riqualificazione della Capitale: il recupero dei mercati generali, con cui l’amministrazione capitolina cerca di riproporre quello che si è già fatto a Parigi a Les Halles. Le strutture liberty un tempo destinate al commercio di frutta e verdura si trasformeranno in luoghi destinati, nelle intenzioni comunali, soprattutto ai giovani. L’area, 8 ettari all’Ostiense, ospiterà una mediateca e spazi per il benessere, teatri e multisala. Siccome la base d’asta della gara prevede che il vincitore investa 90 milioni di euro e un canone annuo di 2,5 milioni, e che realizzi servizi pubblici e verde in cambio di una concessione al massimo sessantennale (la gara sarà vinta da chi si accontenta della minor durata) è presumibile che le strutture realizzate si indirizzeranno a giovani danarosi, altrimenti non si capisce bene da dove i vincitori trarranno l’utile. Non per nulla dalle cinque cordate di imprese che avevano dichiarato interesse per l’iniziativa tre si sono ritirate.

Altra iniziativa è la realizzazione di un nuovo quartiere fieristico, a Ponte Galeria, sulla direttrice Roma-Fiumicino. L’area è di 92 ettari, cioè 10 volte più grande di quella della fiera attuale; l’obiettivo è creare una struttura che occupi, subito dopo Milano, il secondo posto in ambito nazionale. L’inaugurazione dei primi padiglioni avverrà nel giugno 2005 e la fine dei lavori è prevista per il febbraio 2006. L’investimento è di 500 milioni di euro, 380 dei quali per l’edificazione dei padiglioni mentre gli altri 120 serviranno per collegamenti stradali e parcheggi. I costi verranno coperti da Camera di commercio, Regione Lazio, Comune di Roma.

Infine, sono previste opere di riqualificazione delle periferie. L’operazione più importante di recupero è quella dei Pru (piani di recupero urbanistico) che riguardano 11 quartieri per un totale di 7.000 ettari, sui quali sono insediati circa 450 mila romani. Sono previsti 463 interventi (346 pubblici, 117 privati) per investimenti totali di 1.800 milioni di euro. 500 dei quali per opere pubbliche. Il completamento è previsto per il 2006.

Napoli. Nel capoluogo campano è progettato il recupero dell’area ex-Italsider di Bagnoli, una vicenda avviata nel 1996 e che per ora è costata centinaia di milioni di euro alla comunità (la magistratura sta indagando per sapere come sono stati spesi) senza che nemmeno i lavori preliminari di bonifica dei terreni siano stata ultimati. L’area rientra nel più vasto ambito di Coroglio (330 ettari complessivi), la cui trasformazione è regolamentata da una variante al piano regolatore di Napoli che interessa un territorio con una popolazione di circa 54 mila abitanti. Sono previste tra l’altro nuove residenze per circa 150 mila metri. Se e quando vedrà la luce il progetto difficile dirlo: gli investitori internazionali gradirebbero che alla bonifica dei terreni ne seguisse anche una più radicale e riguardante oltre l’amianto anche i clan camorristici. !!pagebreak!!

Da Pirelli in poi ecco i big del mattone
Chi sono i big del mattone in Italia? Proviamo a indicare quattro nomi. Il primo, il più corteggiato dai giornali e in particolare dal Sole 24 ore (la cui società editoriale è guarda caso presieduta da Marco Tronchetti Provera) è Carlo Puri Negri amministratore delegato di Pirelli Re (la sigla sta per real estate), la società controllata dalla Pirelli dello stesso Tronchetti Provera . L’attività di Pirelli, considerato il più grande padrone di casa italiano (gestisce, su immobili propri e per conto terzi, oltre 100 mila contratti di locazione) è frenetica: opera -finora con risultati al di sotto delle aspettative- nel campo dell’intermediazione immobiliare; gestisce fondi immobiliari e, in collaborazione con il napoletano Gruppo Romeo, si occupa della dismissione del patrimonio pubblico. Ha una società per il facility management, la gestione per conto terzi dei servizi connessi alla manutenzione degli edifici. Tra le operazioni degli ultimi anni di particolare rilievo l’acquisizione del 70% di Edilnord (il resto è andato ad Aedes), la società che curava le attività immobiliari di Fininvest, con una transazione che per il prezzo -425 miliardi di lire- e il momento in cui è avvenuto (subito dopo la vittoria di Berlusconi alle elezioni) ha fatto storcere la bocca a più di un osservatore. Con un’attività storicamente concentrata su Roma c’è il re dei palazzinari Francesco Gaetano Caltagirone, attivo anche nel campo dell’editoria (suoi sono i quotidiani Il Messaggero e Il Mattino): a differenza di altri imprenditori che dopo essere passati dal mattone alla stampa si sono dedicati alla politica non pare avere ambizioni di questo tipo anche se alle buone amicizie di marca andreottiana deve gran parte del suo successo. Con il tempo Caltagirone è uscito da Roma e con le sue società è in gara per tutte le più importanti opere programmate nelle grandi città italiane. Un uomo relativamente nuovo sullo scenario immobiliare è Luigi Zunino, presidente del Gruppo omonimo. Sta realizzando “Montecity” a Milano e sta portando a termine il grande progetto di rifacimento dell’area ex Fiat di Novoli (Fi). Suo il grande colpo finanziario del 2003, con l’acquisizione per 267,2 milioni di euro dell’Ipi, la società cui facevano capo le attività immobiliari della Fiat. La quarta piazza la possiamo attribuire a un nome che dimostra la bontà del vecchio proverbio “a volte ritornano”. Si tratta di Salvatore Ligresti, il palazzinaro della rampante Milano da bere di Craxi, famoso perché riusciva nel miracolo di rendere edificabili i terreni agricoli. Dopo l’appannamento di immagine (ma non di potenza finanziaria) che ha fatto seguito al suo arresto nel corso di Mani pulite è tornato alla ribalta di recente vincendo in cordata la gara per la riqualificazione dell’area che sarà lasciata libera dalla Fiera.!!pagebreak!!

L’affitto è alto e l’immigrato compra
La casa è sempre più vista come un investimento finanziario; il diffondersi di questa mentalità sta portando a una pericolosa stortura sul mercato degli affitti: i padroni di casa tendono a calcolare il canone come percentuale di interesse sul valore (teorico) dell’appartamento. Per cui se una casa vale, poniamo, 100 mila euro, se ci si “accontenta” del 6% si chiedono 6 mila euro l’anno. Questo significa che gli affitti stanno salendo più o meno come i prezzi di vendita. Peccato che non si facciano i conti con la realtà: il livello di affitto sostenibile non è dato dall’andamento del mercato immobiliare ma dall’andamento degli stipendi degli inquilini, per cui stanno aumentando sia la difficoltà a trovare persone interessate ad andare in affitto (se non come soluzione provvisoria) sia il il numero di quelli che non pagano. Si potrebbe pensare che per i padroni di casa una risorsa sia quella degli immigrati. Errore: l’immigrato regolare appena può compra con il mutuo. E questo per due semplici ragioni: la prima è che la rata costa meno dell’affitto, la seconda è che le banche, nonostante siano tutto fuor che enti di beneficenza, guardano al colore dei soldi e non a quello della pelle e se vi sono le condizioni di solvibilità non hanno problemi a concedere il finanziamento. Naturalmente le banche richiedono il permesso di soggiorno e un lavoro in regola. Molti padroni di casa invece preferiscono tenere l’appartamento sfitto piuttosto che arrischiarsi a darlo a un extracomunitario.

Consigli pratici per adesso vuole comprare casa
Come sopravvivere a mutui, notai e pescecani
Il mondo immobiliare pullula di imbroglioncelli e pescecani. Chi tratta case per mestiere ha il vantaggio di avere a che fare con clienti che di solito si occupano di acquisti, vendite o mutui una volta nella vita. Oggi per la verità qualche piccolo passo in avanti sulla trasparenza si è fatto e il pubblico è meno sprovveduto, anche perché i giornali di servizio e, da qualche anno, Internet molto hanno contribuito a “educarlo”. Sulle case in costruzione da qualche settimana il costruttore è obbligato, per legge, a fornire garanzie bancarie sulle somme che riceve come anticipo dal cliente. Ciò non toglie che quando si ha a che fare con una compravendita di case si debbano adottare alcune precauzioni.

Gli agenti immobiliari, diciamoci la verità, non godono di un’ottima fama. E alcuni (le stime fanno ascendere il loro numero a 30-40 mila, con un controllo del 50% delle compravendite) francamente giustificano l’opinione pubblica; ma non tutti. Alla base del comportamento scarsamente professionale di alcune agenzie c’è però ancora una volta una carenza legislativa: un mediatore di fatto può mettere in vendita una casa senza assumersi alcuna responsabilità sulla sua effettiva vendibilità: la provvigione al mediatore spetta unicamente per il fatto di aver messo in contatto tra loro due persone che devono concludere un affare.

Con le agenzie, sia che si voglia vendere sia che si voglia comprare, bisogna stare sempre attenti a tutto quello che riguarda la provvigione: in particolare si deve controllare sempre che l’importo sia una percentuale sul prezzo effettivo di vendita e non indicato in termini generici. Una garanzia in più sulla serietà di un’agenzia la dà l’iscrizione a una delle tre associazioni di categoria che li organizza: la Fimaa (aderente a Confcommercio), la Fiaip (aderente a Confedilizia) e Anama (aderente a Confesercenti); ognuna di queste associazioni ha un codice deontologico

che impegna i suoi aderenti e soprattutto adotta una modulistica approvata dalle Camere di commercio. Peccato che ai contratti si possano aggiungere liberamente pattuizioni accessorie.

Un punto su cui soffermare la propria attenzione è il fatto che ormai la maggior parte delle agenzie opera con il sistema del franchising. Fa così Tecnocasa, il marchio più diffuso sul territorio con oltre 2 mila agenzie, e sulla stessa strada c’è anche il nome storico dell’intermediazione immobiliare in Italia, Gabetti, presente con 750 agenzie in grande maggioranza affiliate. Franchising vuol dire che ogni agenzia è autonoma e che in caso di controversia il titolare del marchio non è in nessun modo coinvolto.

Quando si dice che oggi i mutui costano meno si dice solo una mezza verità. Perché è vero che i tassi di interessi sono, nominalmente, bassissimi, ma è anche vero che, per effetto dell’aumento dei prezzi delle case, è necessario prendere a prestito somme molto più elevate che nel passato.

Le condizioni dei vari istituti sono ormai quasi standardizzate perché i finanziamenti vengono offerti sulla base dei medesimi parametri finanziari (il denaro a breve termine per i tassi variabili, i tassi a lungo termine per i fissi). Quello che può fare la differenza sono le condizioni accessorie. In particolare bisognerebbe sempre insistere per avere una bozza del contratto prima di avviare l’operazione (le banche tendono a presentare il contratto solo davanti al notaio quando si fa l’atto di ipoteca) e vedere che cosa prevede sull’estinzione anticipata del mutuo o sulla possibilità di trasferire a terzi il mutuo. Penali troppo forti o il divieto di trasferire il contratto, infatti, potrebbero rendere molto difficile rivendere l’immobile prima della scadenza del mutuo.

Attenzione anche in tutti i casi in cui si accende un mutuo in una banca diversa da quella presso cui si aveva già il conto corrente. Ci sono istituti che usano il mutuo come prodotto civetta, con tassi favorevoli ma l’obbligo di accendere un conto corrente di appoggio a costi elevati. Infine, non bisogna mai sopravvalutare le proprie effettive possibilità di rimborso.

Un mutuo che richiede l’esborso mensile di una somma troppo elevata è molto pericoloso, soprattutto se il mutuo è a tasso variabile.

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