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Le malattie “neglette” ignorate dal mondo

© MSF

Solo in Bolivia, la vita di 4 milioni di persone è a rischio per il “Trypanosoma cruzi”. Un parassita scoperto cento anni fa. I farmaci sono in ritardo

Tratto da Altreconomia 200 — Gennaio 2018

Sto preparando un trasloco e il libro da cui vorrei attingere la storia di questa tappa del “volo” è chiuso in qualche scatolone. Ritroverò “Dignità! Nove scrittori per Medici Senza Frontiere” tra qualche settimana.

Raccoglie le testimonianze di alcuni scrittori e giornalisti che hanno visitato progetti di MSF in diversi Paesi. Uno dei capitoli, scritto dalla brasiliana Eliane Brum, nasce dal suo incontro con una comunità della Bolivia, nella regione rurale di Cochabamba e parla di Sonia, bambina con gli occhi da vecchia, perché “sa che può morire”. Sonia vive in una casa che di notte è infestata dalla “vinchuca”, un insetto ematofago, cioè che si nutre di sangue, simile a una cimice. Vive nelle crepe delle case dei poveri, costruite in legno e fango, e di notte punge le persone mentre dormono. La chiamano l’insetto che bacia. A tradimento, visto che attraverso la puntura trasmette il Trypanosoma cruzi, un parassita. Una volta che il Trypanosoma è entrato nel sangue provoca febbre e malessere per alcune settimane. Poi si quieta e continua ad agire, nascondendosi nelle cellule del cuore. Resta in silenzio per alcuni anni, durante i quali danneggia il muscolo e il sistema di conduzione elettrico cardiaco: quando si manifesta il cuore è danneggiato in modo irreversibile e si va incontro a scompenso cardiaco e a morte improvvisa. Sonia, insieme ad altre 6-8 milioni di persone, è stata baciata e infettata dalla vinchuca.

La malattia di Chagas, così si chiama la forma cronica della malattia causata dal Trypanosoma cruzi, uccide circa 12mila persone ogni anno. È stata scoperta da più di cento anni, ma gli unici due farmaci disponibili, il benznidazolo e il nifurtimox sono stati sviluppati negli anni 70 (dagli anni 80 a oggi per l’infezione da HIV sono stati immessi sul mercato 25 principi attivi). Per questo il Chagas è considerato una malattia “negletta”, cioè che non interessa alla stragrande maggioranza del mondo. Una malattia infettiva della povertà, secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della Sanità. I due farmaci sono ancora molto efficaci nelle fasi precoci dell’infezione, ma hanno pesanti effetti collaterali, fatto che insieme al lungo periodo di trattamento (60-90 giorni) spinge molti pazienti a interrompere le cure.

4,2%, la quota di immigrati latinoamericani che è arrivata in Europa senza sapere di avere il Trypanosoma cruzi nel sangue e che potrebbe ammalarsi di malattia di Chagas (fonte: Barcelona Institute for Global Health)

La Bolivia, dove vive Sonia, è il Paese che ha la più alta incidenza di Chagas nel mondo. L’infezione è endemica nel 60% del Paese e mette a rischio più di 4 milioni di persone. Meno dell’1% delle persone infettate hanno però accesso a una diagnosi precoce e a un trattamento efficace. Non c’è infatti alcun trattamento farmacologico per la forma cronica della malattia, così come non esiste alcun vaccino. Non sono solo i farmaci a essere in ritardo nella lotta al Chagas. MSF ha sviluppato un protocollo di diagnosi e terapia per le autorità sanitarie boliviane, avviando un progetto di cure integrato: test rapidi, apparecchi per elettrocardiografia e farmaci. Ha anche adottato una app (eMOCHA) che consente alla popolazione di tre municipalità di segnalare la presenza della vinchuca e di far intervenire la disinfestazione. All’orizzonte c’è un nuovo farmaco contro il Trypanosoma cruzi, l’E1224: sembra molto promettente ma è ancora in sperimentazione. È stato sviluppato dalla Eisai Pharmaceuticals sotto la spinta della DNDi (Drugs for Neglected Diseases initiative), una fondazione non profit nata nel 2003 che si occupa di malattie neglette. Perché non c’è solo il Chagas tra le malattie che non interessano a nessuno e che celano volti, voci e storie di donne e uomini. Negletti, come Sonia.

Luigi Montagnini è un medico anestesista-rianimatore. Dopo aver vissuto a Varese, Londra e Genova, oggi vive e lavora ad Alessandria, presso l’ospedale pediatrico “Cesare Arrigo”. Da diversi anni collabora con Medici Senza Frontiere.

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