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Economia / Opinioni

L’ostruzionismo dei “grandi” della Terra continua. Il G8 di Genova non è poi così lontano

I leader del G7 a Kananaskis, in Canada, lo scorso 16 giugno © governo.it

I Paesi ricchi non smettono di sabotare percorsi di cooperazione internazionale. È il caso della Conferenza di Siviglia su debito e fiscalità di inizio giugno, che ha dimostrato ancora una volta la loro riluttanza a rinunciare al proprio controllo sul sistema economico globale. Un brutto film già visto a Genova nel 2001. L’editoriale del direttore, Duccio Facchini

Tratto da Altreconomia 283 — Luglio/Agosto 2025

Donald Trump rimpiange il G8, quando, dice lui, la Russia di Vladimir Putin era al tavolo e non c’erano guerre in giro per il mondo. Il Pianeta era un prato fiorito, ci volevamo tutti bene, fino a che Barack Obama e Justin Trudeau “hanno cacciato” l’ex vicesindaco di San Pietroburgo e siamo finiti nel dirupo.

Trump è mentitore seriale, è vero, ma la sua comica uscita al G7 di Kananaskis, in Canada, ha fatto riemergere dal cassetto dei ricordi una fotografia. Palazzo Ducale di Genova, 22 luglio 2001. Gli otto “grandi” in posa, Silvio Berlusconi versione Telegatti al centro e alla sua sinistra, con un abito che sembra fatto su misura per un altro, un pallido e “giovanissimo” Vladimir Putin. Ventiquattro anni fa. Trump all’epoca era formalmente affiliato al Partito democratico.

I leader del G8 a Genova nel luglio 2001 © Kremlin.ru

Fuori dalla “zona rossa” che soffocava la Superba un arcobaleno variopinto di persone -pestato, torturato, anche ammazzato- chiedeva un altro mondo possibile. I “grandi” della Terra erano il problema, la crisi, il tappo. Quanta ragione da vendere, come dimostrano i funesti giorni nostri.

A giugno 2025 a Siviglia si è tenuta la Quarta conferenza delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo. L’obiettivo dichiarato era affrontare concretamente la più grave crisi del debito degli ultimi 30 anni, la catastrofe climatica, la povertà e le disuglianze che strozzano il (coloniale) “Sud del mondo”. È andata male. Il documento finale della Conferenza (il “Compromiso de Sevilla”) è stato duramente criticato dalle reti e dalle organizzazioni della società civile. Eppure i negoziati sul testo erano partiti con un linguaggio ambizioso a proposito della riforma dell’architettura del debito sovrano, la cooperazione fiscale internazionale, la cooperazione allo sviluppo e, più in generale, il finanziamento dello sviluppo. Poi il tutto è stato diluito.

Jean Saldanha, direttrice della Rete europea sul debito e lo sviluppo (Eurodad), è stata netta: “Quella che era partita come un’opportunità fondamentale per portare avanti riforme essenziali che avrebbero dato ai Paesi del Sud del mondo un posto al tavolo delle decisioni è stata alla fine vanificata dalla pressione continua dei Paesi del Nord, tra cui l’Unione europea e il Regno Unito, per perseguire la loro agenda politica”. Gli Stati ricchi hanno “dimostrato ancora una volta la loro riluttanza a rinunciare al loro controllo sul sistema economico globale”.

Saldanha tuttavia si rifiuta di vedere tutto nero. “Siviglia non deve essere ricordata come un’occasione persa ma deve servire da piattaforma per un’agenda rinnovata e incentrata sulle persone nei mesi e negli anni a venire. Questo processo ha offerto ai Paesi del Sud del mondo una piattaforma unica per chiedere con forza i cambiamenti strutturali necessari. I problemi rimangono chiari. Le soluzioni sono note. Ciò che manca è la volontà politica di coloro che dominano l’attuale sistema fallimentare. Il lavoro non è ancora finito”.

Uno degli esempi più evidenti dell’ostruzionismo del Nord -segnala Eurodad- è stato quello relativo alla riforma dell’architettura del debito. La proposta di una Convenzione delle Nazioni Unite sul tema è stata depotenziata, partorendo appena una “vaga promessa di impegno” con i creditori, incluso il Club di Parigi fondato nel 1956. Chi ha giocato a distruggere la proposta e a tagliare le gambe del tavolo è stata proprio l’Unione europea, finendo addirittura per dissociarsi da un pessimo testo di consenso molto debole che pure aveva imposto. Sulla cooperazione internazionale allo sviluppo è stato un altro flop, facendo come se i già devastanti tagli agli aiuti fossero solo un’ipotesi.

I ricchi hanno tentato persino di sabotare il passaggio in tema di cooperazione fiscale internazionale ma il documento di Siviglia, alla fine, è riuscito comunque a includere diversi paragrafi importanti in materia di equità e trasparenza. Eurodad e le altre Ong hanno rilanciato così la sfida in vista del prossimo ciclo di negoziati sulla Convenzione fiscale delle Nazioni Unite, che si terrà dal 4 al 15 agosto. Fare la guerra e gli interessi del comparto militare serve anche a distrarre dalle vere priorità. I movimenti di Genova lo avevano capito.

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