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L’orto dentro le mura

Quattro ettari di terra a due passi dal centro di Ferrara. Finocchi, insalate, radicchi, cavoli neri biologici: un “brano di campagna” che resiste dal ‘500 All’incrocio tra via delle Erbe e via delle Vigne c’è il giardino più bello di…

Tratto da Altreconomia 111 — Dicembre 2009

Quattro ettari di terra a due passi dal centro di Ferrara. Finocchi, insalate, radicchi, cavoli neri biologici: un “brano di campagna” che resiste dal ‘500

All’incrocio tra via delle Erbe e via delle Vigne c’è il giardino più bello di Ferrara. Dal Cinquecento, è stato l’orto dei monaci cistercensi, annesso alla vicina Certosa; ancora oggi è un’azienda agricola a conduzione biologica e una fattoria didattica dove si coltiva la città, un “raro brano di campagna all’interno delle mura”, com’è scritto sul cartello in legno di cipresso che accoglie i visitatori.
Guardando il centro storico di Ferrara dal satellite, “Terravivabio” (terravivabio.blogspot.com) appare come una grande macchia nel Nord-Est. A qualche centinaio di metri, le auto corrono sulla circonvallazione, lontane anni luce da questa “campagna interna alla città” che resiste immutata dal Rinascimento, quando Biagio Rossetti curò per la signoria degli Estensi l’allargamento della cinta muraria di Ferrara.
Sono circa 4 ettari di terra, dati in concessione dal Comune, che dagli anni Cinquanta è proprietario dell’area e ha scelto di difenderlo con zappe e trattori dalla speculazione edilizia.
“Questa zona è protetta dal Piano di governo del territorio, che la classifica ‘Zona di espansione Certosa’, inedificabile -racconta Giovanni Dalle Molle, che dal luglio 2007 gestisce l’azienda agricola-. Quando sono entrato, però, da 2 o 3 anni i terreni non venivano coltivati. Per questo sto facendo dei ‘sovesci’ (colture erbacee finalizzate all’aumento della fertilità del terreno, ndr), riposo una parte del terreno in inverno e l’altra in estate. Non posso portare il letame, perché non saprei come entrare in città. C’è molto lavoro da fare, realizzare il sistema d’irrigazione ad esempio. Il contratto d’affitto col Comune scade nel 2012, ma se realizzo investimenti di questo tipo ho bisogno di un tempo più lungo, per ammortizzare le spese”. Per ora, però, Dalle Molle ha scelto di investire in persone e non in mezzi: “È una follia, lo so, ma la tecnologia fa perdere la capacità e la competenza produttiva dell’agricoltura. Preferisco pagare uno stipendio in più che comprare un nuovo trattore” racconta mentre carezza un vecchio trattore Om, parcheggiato in mezzo a un campo.
Camminando, ci avviciniamo all’orto invernale. E i nostri passi misurano la quiete di questo luogo incredibile. Sullo sfondo c’è il campanile della chiesa di San Cristoforo alla Certosa. Oltre il muro che cinge l’azienda agricola, il cimitero monumentale di Ferrara, città patrimonio dell’Unesco dal 1995.
Giovanni controlla lo “stato” di finocchi, insalate, radicchi e cavolo nero: sono quasi pronti per passare dal campo alla carretta. E dalla carretta finiranno nelle ceste del piccolo spaccio per la vendita diretta, aperto ogni giorno dalle 9 al tramonto in via delle Erbe 29.
“Il punto vendita è nato nel 2002 -spiega Giovanni-. L’allora sindaco Gaetano Sateriale ebbe l’intuizione di ‘aprire’ questa zona a tutta la città, creando una pista ciclabile che lo attraversa”. Fino ad allora l’azienda agricola, che dalla metà degli anni Ottanta era gestita col metodo biodinamico, era chiusa da un cancello. Entravano solo i soci dell’associazione che l’aveva in gestione. Oggi, invece, l’associazione steineriana Nuova Terraviva (www.nuovaterraviva.org) organizza corsi di pittura e, d’estate, campi di lavoro per bambini tra i 6 e gli 11 anni. Un socio, Riccardo Sarto, ha le arnie dentro le azienda agricola, e vende il suo miele “vergine integrale eteroflora” nello stesso spaccio. E un’altra azienda agricola, Principessa Pio, in fondo a via delle Vigne, ha scelto la conversione al biologico.
“Gestisco il punto vendita dal luglio del 2008” riprende Dalle Molle. Oltre ai prodotti di Terravivabio, vende quelli di Bio Pastoreria, l’azienda agricola di famiglia, 17 ettari nella campagna di Ro Ferrarese (vedi box a sinistra). “Questa realtà -continua- mi permette di realizzare i tre livelli dell’agire agricolo: la fase della produzione, quella della trasformazione e commercializzazione e quella culturale. Portare il biologico ai ‘non biologici’, far riscoprire il senso del gusto” a tutti i ferraresi che pedalano lungo la ciclabile ed entrano nello spaccio.             
E non solo: Terraviva, con le sue siepi e i suoi alberi, è anche un oasi di biodiversità, mentre tutt’intorno alle mura della città prevale un’altra agricoltura, intensiva: “Ferrara ha dichiarato guerra agli alberi” scherza Giovanni, mentre in auto ci spostiamo verso Ro. L’azienda agricola Pastoreria è nata nel 1959. Lui l’ha ereditata dal padre nel 1994. Dopo un paio d’anni, insieme alla moglie ha avviato la conversione biologica. Sono certificati, e l’azienda da allora si chiama “Bio Pastoreria”, a partire dal 2000. Passeggiamo tra i filari di meli e di kiwi, e Giovanni mi indica alberelli e piante messe giù negli ultimi quindi anni lungo la sterrata che divide la sua proprietà dal latifondo del vicino, una distesa di due chilometri di campi arati, senza vegetazione. Il Po è a poche centinaia di metri, e segna il confine con la provincia di Rovigo. “Dopo la conversione abbiamo scelto di uscire dal ‘mercato’ -racconta-. I commercianti all’ingrosso di biologico volevano solo il meglio, e a chi veniva da me per l’acquisto diretto dovevo dare il peggio”. Oggi, grazie allo spaccio a Ro e a quello a Ferrara, Bio Pastoreria e Terravivabio fatturano circa 145mila euro l’anno, anche se il bilancio è in passivo. “Il canale principale è quello della vendita diretta -spiega Giovanni-, scambio alcuni prodotti con altre aziende biologiche e servo alcuni gruppi d’acquisto solidale”. La chiave di volta dell’attività diventa il rapporto con la città, l’abbonamento a “cassette verdi” settimanali per le famiglie e i ristoranti di Ferrara. Ortaggi e frutta coltivati quasi sotto la finestra di case.

Prendete nota
Pomodoro e zucca, mele e kiwi; succhi di frutta e marmellate (“La ricetta di quella prugne e melone me l’ha data un collaboratore romeno, in inserimento lavorativo”, racconta Giovanni), passate e verdure sott’olio, trasformati in piccoli laboratori a conduzione familiare. E, ancora, farina di mais da polenta. Più tutti i frutti e gli ortaggi di stagione. Nello spaccio di Terravivabio, i ferraresi possono acquistare i prodotti dell’azienda agricola in città, quelli di Bio Pastoreria ma anche pasta, formaggi e altri prodotti biologici selezionati con cura da Giovanni Dalle Molle, senza rivolgersi ai grandi rivenditori. Un’attenzione alla relazione diretta tra produttori per sviluppare mercati che l’aveva portato, anni fa, a fondare con altri “L’albero delle cipolle”, un “gruppo d’offerta” di prodotti bio. Giovanni, agronomo, sposato con Severina e padre di cinque figli, è anche tra i fondatori della Scuola esperienziale itinerante di agricoltura biologica (www.scuolaesperienziale.it).
Info: 0532-75.41.07, terravivabio@hotmail.it (l’azienda agricola organizza anche tour in bibicletta sul territorio).  

A Treviso la fattoria è solidale
La fattoria urbana solidale di Treviso compie un anno nel gennaio 2010. Un agricoltore e sei persone svantaggiate, con disabilità fisiche e intellettive, hanno coltivato con metodo biologico un ettaro di terra. La fattoria – a tre chilometri dal centro della città veneta- è un progetto del consorzio “Tra terra e cielo”, che riunisce tre soci mettendone in rete le peculiarità: la Cooperativa Solidarietà, nata nel 1982, gestisce comunità alloggio per giovani adulti disabili; la cooperativa sociale di tipo B Sol.Co., invece, opera dal 1992 per promuovere l’integrazione lavorativa -principalmente in attività di assemblaggio e confezionamento di prodotti industriali-; Coipes, infine, un Consorzio di iniziative e promozione dell’edilizia sociale che lavora nel campo della bioedilizia.
L’orto estivo e quello autunnale, dopo il sovescio fatto in primavera, hanno dato i propri frutti: “È stato importante vedere le reazioni delle persone impegnate nei campi -racconta Vanessa Vendramin, psicologa di Sol.Co.-. L’effetto diretto del misurarsi con una fatica diversa. È un bel salto, quello dal laboratorio di assemblaggio alla dimensione del campo. C’è un altro sapore, altri rumori; c’è la fatica fisica al posto di quella mentale. È stato senz’altro molto gratificante il momento della raccolta: vedere le cassette piene comporta una percezione molto diversa rispetto a quella dei camion che si portano via le scatole di prodotti assemblati”.
Per ora, gli ortaggi e i frutti (meloni, cocomeri) non sono andati molto lontano: non c’è una rete di vendita strutturata, e i prodotti di “Tra terra e cielo” sono stati consumati, principalmente, nelle comunità gestite dalla Cooperativa Solidarietà o acquistati dai soci della tre cooperative.    
Il consorzio, però, ha scelto di crescere mettendo radici:
“‘Tra terra e cielo’ sta trattando con l’Azienda unità locale socio sanitaria l’acquisto di un terreno, sempre vicino alla città -continua Vanessa Vendramin, psicologa di Sol.Co.-. Ci saranno 3 ettari di terreni agricoli, una nuova comunità che ospiterà almeno 20 persone e un piccolo bed & breakfast”.
Per info: sociale@solcocoop.it, 329-05.55.649

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