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Lombardia, una legge sui Rom

Lo scorso 18 luglio è stato presentata una proposta per "regolamentare" la presenza delle "etnie tradizionalmente nomadi o semi-nomadi". Il primo firmatario è l’ex vice sindaco di Milano, Riccardo De Corato. Nonostante la bocciatura della linea emergenziale Berlusconi-Maroni del 2008, l’approccio non cambia. L’Associazione 21 luglio scrive al ministro Kyenge: "sono ravvisabili elementi discriminatori basati sull’appartenenza etnica dei soggetti destinatari"

Non c’è pace per Rom, Sinti e Caminanti, almeno in Lombardia. Se la Corte di Cassazione, nella primavera di quest’anno, aveva definitivamente affossato la politica "emergenziale" del governo Berlusconi -fatta di campi in deroga e strapotere delle Prefetture-, in Regione Lombardia le lancette rischiano di tornare al biennio 2008-2009, quando il ministro dell’Interno era Roberto Maroni, l’attuale governatore lombardo.
 
S’intitola "Regolamentazione e disciplina degli interventi sulla presenza delle popolazioni nomadi e di etnia tradizionalmente nomade o semi-nomade nel territorio lombardo" ed è il progetto di legge (59) presentato lo scorso 18 luglio dai consiglieri regionali della Lombardia, Riccardo De Corato e Francesco Dotti (Fratelli d’Italia). Undici articoli contenuti in cinque pagine senza alcun chiarimento circa i reali destinatari delle norme proposte, salvo l’accenno all’articolo 1, al fatto che "per nomadi si intendono gli appartenenti alle ‘etnie tradizionalmente nomadi e semi-nomadi’".
 
Genericità che assume maggior chiarezza pochi articoli più avanti (art. 4), quando gli autori del Pdl ripropongono l’etichetta "popolazione rom". Che è del tutto insufficiente a comprendere i circa 8.500 rom e sinti che vivono in Lombardia, parte delle 170mila persone che in Italia -stando all’ultima fotografia scattata dall’indagine conoscitiva della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato (marzo 2009)-, possiedono per metà la cittadinanza italiana e che per meno del 30% dei casi soggiornano in "campi".
 
Ma è il contenuto della “Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti”, adottata dal Governo italiano su istanza della Commissione europea nel febbraio 2012, a trovarsi in netto contrasto con i passaggi dell’iniziativa De Corato-Dotti. Concepita per invertire la rotta tracciata dall’allora titolare dell’Interno Maroni, la Strategia avrebbe dovuto garantire un cambio di passo, fuori dalla sola logica dei campi, dei regolamenti in deroga, del non riconoscimento formale di una realtà ritenuta responsabile di "gravi episodi" a danno dell’ordine pubblico. Il risultato è che, come documentato dall’approfondimento che Altreconomia ha dedicato allo stato di attuazione della Strategia nazionale nel numero di settembre (152), gli obiettivi sono lontani dal divenire traguardi e le Regioni poco o nulla hanno fatto per uniformarvisi. Salvo Emilia-Romagna e Toscana, e, potenzialmente, la Lombardia.
 
Se la Strategia nazionale prevede il superamento dei campi, la proposta De Corato-Dotti non prende in considerazione altre ipotesi che non siano "aree di sosta o transito". Se la Strategia indica come inderogabile "un’efficace politica sanitaria in grado di rilevare i bisogni sanitari della popolazione di riferimento e la reale fruizione delle prestazioni", il Pdl presentato al Consiglio regionale lombardo quest’estate non propone che "verifiche periodiche, almeno quadrimestrali, delle condizioni igieniche e sanitarie e dell’assolvimento degli obblighi in materia di vaccinazioni". E se ancora la Strategia nazionale, in materia di inclusione dei minori Rom, presume di "destrutturare l’etichettamento sociale che ostacola di fatto l’inserimento sociale", il binomio De Corato-Dotti prevede la promozione di corsi di "educazione civica" e un "report" annuale che "attesti la frequentazione scolastica dei minori nel territorio lombardo".
 
L’elemento più rilevante del progetto di legge 59, però, resta l’articolo 9, il quale prevede l’abrogazione della legge regionale lombarda 77 del 1989, rivolta alla stessa tematica. "Fosse stata applicata", racconta ad Ae Maurizio Pagani, dell’Opera nomadi di Milano, "quello era un tentativo della problematica o quanto meno di sistematizzazione delle conoscenze che si avevano sul fenomeno, sugli insediamenti Rom, Sinti e Caminanti. La legge 77 di fatto è stata accantonata in due modi: non rifinanziandola (3 miliardi di lire, allora) e attraverso l’applicazione dei provvedimenti della cosiddetta dell’emergenza, con il commissario straordinario e con la delega alle Prefetture". Il fatto che il Pdl De Corato-Dotti non preveda alcuna copertura finanziaria porta Pagani a bollare l’iniziativa come "di mero carattere ideologico o retorico, perché qualunque forma di intervento anche peggiorativo non può che prevedere l’allocazione di finanziamenti, anche di natura squisitamente repressiva. Dunque, lascia il tempo che trova, anche perché il potere della Regione non può sostituire affatto i Comuni. La Regione potrebbe invece sostenere economicamente le iniziative positive dei Comuni, ammesso che ci siano".
 
Del caso è stata informato il ministro Cécile Kyenge, che dell’esecutivo guidato da Enrico Letta è la responsabile della materia, avendo ricevuto le deleghe all’inizio del mese di giugno. A farlo è stata l’Associazione 21 luglio, che ha inoltrato una "lettera di preoccupazione" anche al Punto di Contatto Nazionale per la Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti, e cioè l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar).
 
A dirigerlo fino al luglio 2012 è stato Massimiliano Monnanni, che ad Altreconomia -l’intervista fa parte dell’approfondimento nel numero di settembre- ha raccontato i motivi dell’inerzia dell’Unar e quindi delle difficoltà della Strategia nazionale: "Se le Regioni non collaborano non ci sarà alcun risultato", aveva detto. Prima ancora della "mossa" lombarda.

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