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Economia / Attualità

Lobby, conflitto di interessi e trasparenza: la Germania è indietro. Anche l’Italia

Il Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa ha chiesto a Berlino regole più rigide per garantire trasparenza nei processi decisionali e limitare l’influenza delle imprese sull’esecutivo. Anche il nostro Paese è in una zona grigia, spiega il prof. Alberto Vannucci

© Transparency International

La Germania deve adottare regole più rigide per migliorare la prevenzione del conflitto di interessi tra persone che ricoprono alte cariche nell’esecutivo. Deve ottenere una maggiore trasparenza nei processi decisionali, rendendo pubbliche le ingerenze delle lobby e delle aziende sui membri del governo, e garantire il diritto dei cittadini ad accedere a dati e informazioni riguardanti la pubblica amministrazione. Sono le raccomandazioni contenute nel rapporto di valutazione sul Paese realizzato dal Gruppo di Stati contro la corruzione (Groupe d’Etats contre la Corruption, Greco), l’organo del Consiglio d’Europa che monitora il livello di conformità delle legislazioni dei Paesi membri agli standard anticorruzione dell’organizzazione.

Nel quinto ciclo di valutazione riguardante la Germania, pubblicato a dicembre 2020, gli osservatori del Greco hanno sollecitato il Paese a rafforzare le disposizioni normative e le politiche in vigore, come la Direttiva anticorruzione e il Freedom of information act (Foia), per migliorare la trasparenza nel governo. “Ogni Stato è periodicamente sottoposto a una supervisione da parte dei rappresentanti degli altri Paesi, inviati dal Consiglio d’Europa, che sono suoi pari. Si utilizza un meccanismo di peer review che ha l’obiettivo di monitorare quanto siano applicate le raccomandazioni e i provvedimenti anti-corruzione emessi in precedenza dallo stesso organismo”, spiega ad Altreconomia Alberto Vannucci, professore di Scienza politica presso l’Università di Pisa.

Secondo l’indice elaborato dall’organizzazione Transparency International, la Germania rientra nel gruppo dei Paesi europei percepiti come meno colpiti dalla corruzione: nel 2019 occupava il nono posto su 180 Stati e, negli ultimi cinque anni, non è mai scesa oltre la dodicesima posizione. Il Paese, si legge nel rapporto del Greco, è riuscito ad attuare il 63% delle raccomandazioni sollecitate nel primo ciclo di valutazione e l’83% di quelle indicate nel ciclo successivo. In riferimento alla terza valutazione, invece, ha implementato solo il 45% delle raccomandazioni, rimanendo indietro sulla trasparenza delle informazioni relative al finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali. Inoltre è attualmente sottoposto a una procedura di non conformità per non avere applicato le raccomandazioni relative al quarto ciclo, riferite alla prevenzione della corruzione nei confronti dei membri del Bundestang (il Parlamento, ndr), giudici e pubblici ministeri. La stessa carenza torna nell’ultima valutazione in cui il Greco sottolinea come non siano stati compiuti miglioramenti significativi per aumentare la trasparenza dei processi legislativi.

In particolare gli esperti dell’organismo del Consiglio d’Europa si riferiscono alle mancanze nella gestione delle interazioni tra lobbisti, imprese e parlamentari, anche quando i rappresentanti delle aziende hanno in precedenza ricoperto ruoli nella pubblica amministrazione o nel governo. Gli osservatori -che hanno preso in esame le pratiche di lobbying del settore bancario e dell’industria automobilistica- hanno espresso forte preoccupazione per la mancanza di trasparenza sollecitando a rendere pubbliche le informazioni riguardanti i rapporti tra lobbisti e membri del Parlamento, specificando le identità delle persone con cui si svolgono gli incontri e l’oggetto delle riunioni. Gli osservatori del Greco, inoltre, sottolineano la necessità di intervenire anche al termine di un incarico pubblico rafforzando il cooling off period, cioè il periodo di tempo in cui è precluso a un soggetto di svolgere determinate attività che siano in relazione a funzioni assunte precedentemente.

“Anche in riferimento all’Italia il Greco aveva sollevato le problematiche relative all’assenza di una regolamentazione delle attività di lobbying”, spiega Alberto Vannucci. Nell’ultima relazione di valutazione sul Paese, pubblicata nel 2019, gli osservatori avevano sollevato le criticità legate alla mancanza di un controllo del lobbismo, in particolare in relazione alle attività del Senato. “Questo crea una zona grigia e rende non distinguibili i confini tra potere politico e potere economico”, aggiunge. “Eppure negli ultimi sette anni la valutazione sull’Italia del Greco è cambiata. Un anno di svolta è stato il 2012 con l’emanazione della legge Severino. Successivamente sono state assunte due misure significative come l’introduzione della disciplina del whistleblowing e l’istituzione dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) che hanno reso il Paese meno inadempiente alle raccomandazioni europee”, aggiunge Vannucci.

A mancare ancora, invece, è un controllo del meccanismo delle “porte girevoli, cioè la prassi secondo la quale un’azienda offre un ruolo, spesso remunerativo, a esponenti politici che in precedenza hanno favorito l’assunzione di decisioni che possono avere portato loro vantaggi. Una situazione che riguarda la componente politica e i manager della pubblica amministrazione”, prosegue. “Oggi la legge Severino si riferisce solo ai dirigenti pubblici. Per gli esponenti politici non c’è ancora alcun vincolo. Si potrebbe, invece, immaginare un divieto, come nel caso dei dirigenti amministrativi, oppure rendere più trasparente la situazione di chi, dopo avere assunto una posizione pubblica, si è convertito a ruoli di rappresentanza e intermediazione rispetto a grandi gruppi economici e finanziari. Il rischio è che metta a servizio di gruppi privati informazioni e conoscenze accumulate nel corso della sua attività politica”.

Un ulteriore strumento di cui gli osservatori del Greco riconoscono l’importanza strategica per garantire trasparenza nei processi decisionali è il Freedom of information act (Foia) che consente di esercitare il diritto di accesso generalizzato ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni. Nel caso della Germania l’organismo del Consiglio d’Europa ha riconosciuto come critici i numerosi dinieghi alle domande di accesso civico. “Anche in Italia deve essere potenziato e non è ancora paragonabile all’uso che se ne fa in altri Stati, come nei Paesi scandinavi”, afferma Vannucci. “Il Foia può alimentare la domanda di informazione dal basso e diventare un mezzo con cui le amministrazioni si legittimano agli occhi dei cittadini o si correggono in caso di errori. Sarà importante soprattutto adesso, nella fase della ricostruzione post-pandemia, in cui bisognerà rendere pubbliche le informazioni relative ai nuovi appalti. Ma questo richiede anche un cambiamento culturale”.

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