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“Lobby Planet”, la guida che racconta i gruppi di pressione a Bruxelles

Da Monsanto a Google, da Philip Morris a Shell. Viaggio nei quartieri europei della capitale belga, dove multinazionali e uffici comunitari sono sempre più vicini. L’iniziativa del Corporate Europe Observatory

Bruxelles ha la sua “Lobby Planet”, la nuova guida sul “torbido mondo” dei gruppi di pressione che gravitano intorno ai palazzi dell’Unione europea. Un settore che ogni anno investe qualcosa come 1,5 miliardi di euro per orientare scelte e politiche comunitarie che poi si riflettono su 510 milioni di persone. Pubblicato a fine giugno, “Lobby Planet” tratteggia un tour dettagliato che conduce, quartiere per quartiere, tra gli uffici dei 25mila lobbisti attivi per conto delle imprese multinazionali nel cuore europeo della capitale belga e le principali sedi degli incontri. Chi l’ha curata è il centro di ricerca indipendente “Corporate Europe Observatory” (CEO, https://corporateeurope.org/), che in premessa spiega il senso di questa operazione “trasparenza”. “Mentre i grandi gruppi di lobby coltivano rapporti privilegiati con i funzionari pubblici, la cittadinanza rimane all’oscuro di ciò che accade ai cocktail-party, alle feste, alle cene in hotel, alle riunioni off-the-record o ai briefing privati tra i lobbisti e i decisori dell’Unione europea”. In tema di lobby, l’Europa non è all’anno zero. A differenza di singoli Stati membri, infatti, l’Unione ha già un “registro della trasparenza”. Il punto è che, a detta di CEO, questo strumento è ancora molto distante dal poter assicurare un controllo diffuso, sufficiente e attendibile. Chi si iscrive, infatti, può comunicare su base volontaria dati, spese, dipendenti, investimenti, incontri e aree d’interesse. Il rischio è di perdersi in dettagli “spazzatura”, come denunciano i curatori di una guida organizzata per quartieri.

@ Lobby Planet Bruxelles
@ Lobby Planet Bruxelles 2017

Rond-Point Schuman è la zona della Commissione europea, tra i principali “obiettivi” dei rappresentanti delle corporation, delle associazioni di categoria, dei grossi studi legali o dei think tank. A pochi passi c’è l’ufficio di General Electric Company (GE), multinazionale americana (tecnologia e servizi) che ogni anno dichiara di investire in attività lobbistica tra 5,5 e 5,75 milioni di euro. L’ex amministratore delegato, Jack Welch, siede oggi nel “business advisory council” del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Proprio accanto c’è la sede della società di consulenza svedese Kreab, cui si rivolgono clienti importanti come Google, Goldman Sachs, Citibank o Vodafone. Il suo budget annuale per attività di lobby supera i 3,5 milioni di euro. Al “9” di Rond-Point Schuman s’incontra anche la “European Smoking Tobacco Association”, rappresentante degli interessi di produttori, distributori e importatori di tabacco in Europa, che ogni anno spende 600mila euro. Gli uffici di Volkswagen -2,8 milioni di euro destinati alla voce “lobby”- sono invece in Rue Archimede, non troppo distanti dall’Avenue de Cortenbergh che ospita al civico “52” la multinazionale della chimica Dow Chemical (2,25 milioni di euro). Sulla stessa direttrice c’è BusinessEurope, “il più importante gruppo di lobby nell’Unione europea”, come lo definiscono i curatori di “Lobby Planet”. Rappresenta infatti 40 multinazionali del calibro di British American Tobacco, BMW, BP, ExxonMobil, Facebook, Microsoft, Pfizer, Philip Morris, Shell, Total. “Una data importante del calendario delle lobby -riporta la guida- è l’annuale ‘Autumn pow-wow’ presso il Berlaymont, sede della Commissione europea, dove i Commissari e i principali rappresentanti di BusinessEurope si incontrano per condividere opinioni su strategie e decisioni generali dell’Unione europea. La spesa annuale per attività di lobby delle 26 organizzazioni che hanno partecipato all’evento nel 2016 ammontava ad almeno 31,7 milioni di euro”. A garantire gli interessi di Coca-Cola, Nestlé, Danone o Kellogg’s ci pensa “FoodDrinkEurope” (non da sola), 250mila euro investiti ogni anno, domiciliata in Avenue des Nerviens. In Rue Froissart, a pochi istanti dalla Direzione generale per la Salute e la sicurezza alimentare (DG SANTE), c’è la sede di Shell, che nel 2016 ha speso 4,75 milioni di euro.

© Lobby Planet Bruxelles 2017
© Lobby Planet Bruxelles 2017

Nella parte che sta oltre il quartiere europeo, insieme alle multinazionali dell’agribusiness come Syngenta o Monsanto, ma anche UBER, Engie (ex GDF Suez), Chevron, ExxonMobil, c’è l’European Chemical Industry Council, in cima alla classifica degli investitori in lobby con oltre 12 milioni di euro nel 2016.
Google, Unilever, Philip Morris, Microsoft ricadono nel quadrante del Parlamento europeo, tra Parc Léopold e Place du Luxembourg. Parlamento e Google -4,5 milioni di euro in “quota lobby” nel 2015, in crescita del 700% negli ultimi cinque anni- distano 600 metri, poco più di cinque minuti a piedi. Nella zona della Direzione generale per la Ricerca e l’innovazione (all’altezza di Square de Meeûs), hanno sede invece Goldman Sachs -dal luglio 2016 il suo “chairman” è diventato José Manuel Barroso, già presidente della Commissione europea per 10 anni-, Bayer, Bank of America Merrill Lynch, BlackRock o Apple.

Al visitatore “tematico”, “Lobby Planet” ha riservato sette itinerari specifici. C’è quello del commercio, che racconta i luoghi dei sostenitori degli accordi CETA o TTIP che si concentrano intorno alla Direzione generale del Commercio: Bertelsmann Stiftung, la Camera di commercio degli Stati Uniti, o lo studio legale Hogan Lovells (2.500 professionisti in oltre 40 Paesi del mondo). C’è poi il “tour finanza”, settore che ogni anno investe 120 milioni di euro sulla lobby a Bruxelles. I punti di snodo sono Deutsche Bank, City of London Corporation, Goldman Sachs e per la parte pubblica la Direzione per la stabilità e i servizi finanziari. Gli appassionati della categoria “grandi inquinatori” potranno perdersi tra i recapiti di BP, GasNaturally, Volkswagen e Shell. Non poteva mancare una proposta “armata”. Bruxelles, del resto, è anche la casa della NATO. Da Airbus a “Friends of Europe” (think tank), passando per la Direzione ricerca, i punti di interesse sono assicurati e ben illustrati. Chiudono l’elenco l’agribusiness e la piantina dedicata ai colossi del web, con Google, Facebook, Huawei, Yahoo!, eBay e l’influente European Privacy Association.

“L’attività di lobby delle multinazionali tende a crescere in assenza di un controllo pubblico -spiegano i curatori della guida di Corporate Europe Observatory-. Ci auguriamo che attraverso una piccola luce accesa sul mondo torbido dei gruppi di pressione, questo libro guida possa motivare le persone ad agire. E questo è un ottimo punto di partenza”.

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