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Interni

Lo Stato scomparso

Il ministero della Salute cancella gli stati vegetativi dalla relazione sulla sanità in Italia. L’ultimo censimento è del 2009

Tratto da Altreconomia 145 — Gennaio 2013

Conta così poco, nella strategia del ministero della Salute, che il paragrafo sullo stato vegetativo è scomparso della “Relazione annuale sullo stato sanitario del Paese 2011”. Su quest’argomento la disponibilità mostrata dal dicastero guidato dal ministro Renato Balduzzi sull’attuazione della legge 38/2010 è venuta meno. La condizione di chi oggi si trova in stato vegetativo o di minima coscienza, così, è caratterizzata da un profondo deficit di trasparenza. È quasi un paradosso, per un tema così discusso nel Paese e che rimanda -più o meno a ragione- alla vicenda di Eluana Englaro. Gli aspetti sono molteplici, a partire dalla base. Ad oggi, se non attraverso tabelle di distribuzione territoriale dei pazienti dimessi in “stato vegetativo persistente”, che giungono però solo fino all’anno 2009, è ancora complicato calcolare esattamente quante persone si trovino in tale condizione. Come detto, le datate cifre del ministero parlano di 1.847 dimessi nel 2009, di cui 584 in Lombardia.
Flussi sottostimati, per difficoltà diagnostiche riconosciute dallo stesso ministero. Sta di fatto che più d’un paziente su tre, il 34% a livello nazionale, viene dimesso con modalità “ordinaria al domicilio”. E che soltanto l’1,4% di chi lascia il reparto, in condizioni va ricordato di “gravissima disabilità”, riceve l’assistenza domiciliare integrata (Adi).
Elementi che hanno portato il ministero della Salute e due commissioni istituite ad hoc a redigere linee guida e di indirizzo per sviluppare, e in certi casi creare ex novo, strumenti di monitoraggio, informazione, “potenziamento di politiche di aggiornamento”.
Intendimenti astratti che stridono con un dato pubblicato all’interno dell’ultimo libro bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza, presentato nel settembre del 2010 dall’allora sottosegretario di Stato al ministero della Salute, Eugenia Roccella. Al paragrafo “Domicilio o strutture: una scelta difficile” si legge: “Da un conto di massima e da esperienze condotte sul campo, si può dire che l’incremento economico mensile delle spese che una famiglia deve sostenere (per far fronte alla gestione di un paziente in stato vegetativo o minima coscienza, nda) si aggira intorno ai 3mila-3.500 euro”.
Un onere cui le famiglie devono far fronte non solo dal punto di vista economico. Secondo i risultati dell’indagine sul “Funzionamento e disabilità negli stati vegetativi e di minima coscienza” messo a punto dall’Istituto neurologico “Carlo Besta”, infatti, oltre la metà dei familiari di un soggetto in stato vegetativo intervistata dichiara di dedicare più di tre ore al giorno all’assistenza del congiunto. Il 17% per 24 ore.
Per far luce, innanzitutto sugli obiettivi del Governo, abbiamo inoltrato al ministero della Salute un elenco di domande. Alcune rivolte anche al tavolo di lavoro istituito ad hoc nel novembre 2012. Una, tra le più semplici, riguardava i criteri adottati per la sua composizione -sulla quale Beppino Englaro, il padre di Eluana, ha espresso più d’una perplessità-. Da viale Ribotta, sede del ministero, nessun riscontro. —

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