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Diritti / Reportage

Lo sgombero dell’ex motel Agip di Napoli e la negazione del diritto a una casa

Lo sgombero dell'ex motel Agip a Scampia, Napoli © Giuseppe Carrella

L’8 ottobre scorso 22 famiglie sono state allontanate, senza ricollocazione, dalla struttura di proprietà del Comune a Scampia che da anni le ospitava. Una vicenda che è il risultato della cattiva amministrazione pubblica, ma anche di una concezione per cui persone in stato di disagio socio-economico sono trattate come “vite di scarto di cui disfarsi” e non come portatrici di un bisogno. Lasciandole senza alternative in una città stravolta dall’overtourism e dalla speculazione

Era mattina presto quando le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nell’ex motel Agip, una struttura fatiscente di proprietà del Comune di Napoli a Scampia che da anni ospitava persone in emergenza abitativa. Sono stati 22 i nuclei familiari residui coattamente sgomberati l’8 ottobre scorso: si tratta di famiglie senza reddito fisso, con figli piccoli e persone anziane, alcune con malattie e disabilità, tutte in uno stato di estremo disagio socio-economico.

L’ex motel, inserito nel patrimonio da dismettere, è in stato di abbandono da una quindicina d’anni e, nonostante le condizioni di degrado, per anni è stato “casa” per le persone che lo occupavano. Persone che non possono accedere al mercato delle locazioni in una città stravolta dalla speculazione immobiliare e dall’overtourism. “Lo sgombero coatto e senza ospitalità delle famiglie poverissime dell’ex motel Agip è la conclusione amara di una vicenda gestita molto male dall’amministrazione comunale -denunciano le famiglie-, con impegni continuamente disattesi per più di otto mesi: il direttore generale e il sindaco avevano promesso pubblicamente una sistemazione alloggiativa”.

Dopo lo sgombero senza ricollocazione da parte del Comune, alcuni degli ex-abitanti hanno occupato un edificio ai Quartieri spagnoli. L’amministrazione ha quindi chiesto una lista di quelli rimasti in strada. “Una sorta di gioco a eliminazione, di ‘Squid game’ dei senzatetto: un brutale metodo di selezione che segue la logica per cui l’invisibilizzazione dell’ingiustizia risolve il problema politico ma probabilmente non quello sociale -commenta Alfonso De Vito, attivista dello sportello anti-sfratto e del diritto all’abitare-. Non credo che il Comune troverà una soluzione”.

La giunta comunale ha destinato un contributo una tantum in base alla composizione del nucleo: dai seimila ai diecimila euro. Il Comune sostiene di voler garantire “un supporto concreto ai nuclei familiari coinvolti in condizioni di elevata fragilità sociale ed economica -si legge in una nota- e accompagnare le famiglie in un percorso di uscita dall’emergenza, nel rispetto della dignità e dei diritti di ciascuno”. Ma le famiglie sgomberate chiedono un tetto, una casa dove stare. Nelle loro condizioni il contributo non permette certo di affittarne una, seguendo piuttosto la logica di pagare i poveri per allontanarli dalla città.

Senza un tetto sulla testa è rimasta Annalisa, madre di tre figli che viveva nell’ex motel da quando il proprietario dell’appartamento in cui viveva l’aveva sfrattata per farne un b&b. “Per noi era casa. Ancora devo metabolizzare quello che è successo, non riesco manco a piangere -racconta Nunzia, 52 anni, che da 23 anni occupava una stanza dello stabile insieme ai suoi tre figli (di cui uno invalido) e lavorava in modo saltuario e in nero-. Ci hanno distrutto, ci hanno tolto quel poco di sicurezza che avevamo, ci hanno tolto la dignità”. Oggi dorme nella sede di una rete che opera nel sociale. Altre persone hanno trovato alloggi di fortuna o ospitalità da familiari, anche fuori città, ma sono soluzioni precarie e temporanee.

© Giuseppe Carrella

L’ex motel Agip era stato acquistato dal Comune negli anni Novanta per cinque miliardi di lire per far fronte all’emergenza abitativa ma la gestione è stata dismessa a metà anni Duemila (per i tagli ai servizi) e lo stabile abbandonato al degrado. “Nel 2016 sono state fatte assegnazioni per l’emergenza abitativa all’interno della vecchia legge regionale che consentiva ai Comuni di assegnare alloggi di Edilizia residenziale pubblica (Erp) in attesa che le persone partecipassero al bando -spiega ancora De Vito-. Si era stabilito che chi vi risiedeva da prima del 1998 aveva diritto a starci: quattro/cinque famiglie ci abitavano dal 2001 e non rientravano in questo criterio, altri dal 2016. Per decenni il Comune ha lasciato queste persone dentro una discarica sociale adesso non se ne può disfare così”.

A novembre 2024 è arrivata l’ordinanza di sgombero dello stabile. Gli abitanti dell’ex motel hanno organizzato proteste e occupazioni ottenendo il rinvio di un anno, in cui si sperava si sarebbe trovata una soluzione. Lo scorso febbraio durante vari incontri con il direttore generale del Comune, hanno ribadito che il contributo economico non era sufficiente per persone “incollocabili” sul mercato immobiliare. “In quella sede avevano promesso che sarebbe stata trovata una struttura ponte per far fronte all’emergenza: si ragionava su una struttura demaniale da riqualificare attingendo al fondo della prefettura”, ricorda De Vito.

Ma il Comune ha preso tempo finché a fine luglio è arrivata la polizia per far firmare l’adesione al contributo “volontario”: su 22 nuclei familiari hanno firmato solo in sei. La data dello sgombero viene fissata per fine settembre: parte così un nuovo round di proteste. “La cosa incredibile è che in quasi nove mesi il Comune non ha fatto nulla, la questione è rimasta in stallo e nessuno ha preso il cerino in mano: il diritto alla casa non è trattato con continuità dall’amministrazione. È assurdo che non riesca a collocare 40 persone in una città di un milione di abitanti -denuncia De Vito-. Sull’emergenza non c’è nulla di strutturato: si disperdono gli sgomberati rendendo il problema un dramma personale. Ma il problema è generale e la sua gestione surreale”.

© Giuseppe Carrella

Il sindaco Gaetano Manfredi aveva dichiarato al telegiornale regionale che “nessuno sarebbe rimasto in strada” ma non è stato così. In situazioni di grave disagio socio-economico, senza busta paga o garanzie, la somma non risolve granché; molti, dopo lo sgombero, hanno perso anche il lavoro. Durante una delle ultime azioni messo alle strette e palesemente in difficoltà, dopo aver etichettato i manifestanti come “professionisti della protesta”, il sindaco ha sostenuto di aver sistemato tutte le famiglie sgomberate.

Lela, 42 anni, originaria della Serbia, viveva nell’ex motel dal 2013 e si arrangiava facendo le pulizie, sempre in nero. La mattina dello sgombero ha portato via i suoi figli per non fargli vivere questo trauma e ha trovato ospitalità da parenti ma non può restare lì. “Fa freddo e ho dovuto accendere un fuoco con porte e sedie vecchie. Io non voglio soldi, voglio un tetto: nessuno mi affitta casa, sono straniera e non ho documenti. Ho dovuto lasciare il lavoro dopo lo sgombero. In più ho tre gatti e un cane: non li posso abbandonare come il Comune ha abbandonato noi”.

“Il motel era un rudere però era casa mia, un punto di appoggio. Ho portato via i vestiti ma tutto quello che avevo è rimasto lì. Ora passo la notte al dormitorio ma vorrei un lavoro e una casa che mi permetta di vivere, non solo di sopravvivere -racconta Luciano, 51 anni-. Sono mesi che il Comune fa tavoli ma non trova soluzioni: con il contributo mi sfamo ma non abbiamo alternativa abitativa”. Luciano viveva nell’ex motel dal 2019. Nato e cresciuto a Scampia, si definisce “il prodotto di quel disagio sociale”.

Proprio la mattina del 22 ottobre alcune delle persone sgomberate -ancora in strada e in attesa del contributo economico- sono tornate a occupare l’edificio che nel frattempo è stato vandalizzato. “Di questa storia fa rabbia anche la forma. Gli abitanti del Motel Agip sono stati trattati per mesi non come persone e cittadini portatori di un bisogno e di un diritto ma vite di scarto di cui disfarsi -conclude De Vito-. Una pattuglia fastidiosa che ha prodotto una resistenza evidentemente inaspettata”.

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