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L’integrazione comincia nell’orto

Alla periferia di Bologna, un gruppo di donne migranti coltiva gli spazi verdi comunali. Lavorando di vanga, l’incontro con l’Italia e gli italiani è naturale Alla periferia di Bologna c’è un orto dove accanto a verze, insalata e pomodori crescono,…

Tratto da Altreconomia 115 — Aprile 2010

Alla periferia di Bologna, un gruppo di donne migranti coltiva gli spazi verdi comunali. Lavorando di vanga, l’incontro con l’Italia e gli italiani è naturale

Alla periferia di Bologna c’è un orto dove accanto a verze, insalata e pomodori crescono, nella terra emiliana, tè marocchino, cardamomo e coriandolo. Nel quartiere San Donato, a due passi dall’Autostrada del Sole e a qualche chilometro dal centro di Bologna, gli orti comunali di via Salgari sono macchie verdi fra le case popolari. Enormi edifici che ricordano le costruzioni in stile sovietico dei Paesi ex-comunisti dell’Est Europa, nascondono e proteggono 500 appezzamenti di terra che ricordano le valli dell’Atlas in Marocco, i campi in Egitto o le terre coltivate a spezie del Nord Africa. Chi ci abita  racconta che nella stagione primaverile ed estiva è un trionfo di profumi che sembrano arrivare dal Mediterraneo. Non siamo a Marrakesh o ad Alessandria d’Egitto, ma nella pianura padana. Gli orti occupano circa 15mila metri quadrati, dove -grazie all’impegno di un gruppo di donne migranti- si sono trovati appezzamenti di terra per le donne arrivate in Italia con il chador. Fatiha, Hend, Samira, Sabba e altre donne arabe sono giovani, con figli. Sono arrivate sotto le due Torri per riabbracciare i loro mariti, sbarcati per primi nel Bel Paese, alla ricerca di un lavoro. In tutto sono dieci le donne migranti, marocchine ed egiziane, che hanno in gestione otto orti. Passeggiare tra le zolle di terra, appena rivoltate per la semina, è un viaggio alla scoperta di odori stranieri: accanto ai piselli di Totò e di Sarina, ci sono piante aromatiche ed erbe curative del Maghreb: menta, usata nel tè marocchino come calmante per la tosse e i disturbi dello stomaco; coriandolo, cardamomo e origano, gli ingredienti dell’abc nella cucina marocchina e non solo. Sotto la neve, arrivata abbondante anche a marzo, sono stati piantati semi di lino, il cui decotto è utilizzato nella terapia dopo il parto e per attenuare i dolori mestruali. Qualcuno, tra gli italiani che da anni coltivano in via Salgari le loro verdure, si chiede se quelle piante cresceranno, se riusciranno a sopravvivere al nostro gelo.
Motore del progetto d’integrazione orticola c’è l’Associazione Annassim, “brezza del mattino”, nata nel 2004 da trenta donne provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo, che si sono aggregate per valorizzare i saperi tradizionali dei migranti. Da qui l’idea del progetto “Coltiviamo/Ci insieme”, presentato due anni fa al presidente del Quartiere San Donato, Riccardo Malagoli. Obiettivo: sviluppare un percorso di integrazione culturale a partire dalla terra e dalla sua coltivazione.
“L’idea di richiedere degli orti per le donne straniere -racconta Lella Di Marco, origini siciliane e religione musulmana- è nata per aiutare le migranti ad uscire da casa. Quando arrivano in Italia, molte non sanno la nostra lingua. Non incontrano nessuno. A volte neanche riescono a parlare con le loro connazionali. Ora la musica è cambiata. Con la vanga e il badile in mano, lavorano, parlano dei loro problemi e cantano assieme”. Lella è cofondatrice dell’Associazione Annassim e condivide un orto con le arabe. È stata il “ponte” con le istituzioni del quartiere San Donato: attraverso il dialogo è riuscita a far comunicare due mondi diversi. Oggi quella degli orti marocchini è una realtà: la terra è stata data alle ragazze straniere in comodato gratuito come prevede il “Regolamento per la conduzione e la gestione dei terreni adibiti ad aree ortive” del Comune di Bologna. Che oltre ai diritti definisce anche i doveri: come gli italiani che hanno l’orto, le donne arabe pagano 46 euro all’anno per le spese di luce e acqua necessarie e per un’assicurazione obbligatoria.
Hend, marocchina, trent’anni, ha in gestione un orto da due: “Mi aspettavo che la gente che abita nel quartiere fosse restia a comunicare con noi -racconta-, e invece ho incontrato uomini e donne che non mancano di salutarci ogni volta che incrociano i nostri sguardi”.
La maggior parte degli assegnatari degli orti sono residenti del quartiere, anziani e pensionati, che a loro volta sono arrivati a Bologna dal Sud Italia negli anni del boom industriale. Non si sarebbero mai aspettati che un giorno accanto ai loro cavoli e ai loro finocchi, crescessero lavanda e aneto. Eppure sono incuriositi, raccontano i più anziani, da ciò che si nasconde dietro il velo. “Con il mio vicino di orto -spiega Samira-, un uomo d’origini palermitane, riusciamo persino a fare degli scambi: una cassetta di menta per i fichi d’india. E sembra che la mia menta sia anche apprezzata”.
Le mani di Samira, come quelle delle altre, sono callose, conoscono la fatica di chi non usa concimi chimici ma rispetta il ciclo biologico naturale delle sementi. Vanga e cesoia alla mano, ogni due giorni le donne non mancano all’appuntamento con il loro orto. Non mancano, però, i problemi. E lo sa bene il presidente Malagoli, che ha dovuto fare i conti con l’intemperanza iniziale delle donne nel mantenere una cura costante alla terra. Costi e consumi, non mancano di creare anche in questo caso qualche malumore. “Non è stato facile far capire le ‘regole del gioco’ a chi non conosceva la nostra lingua ma con un po’ di pazienza ce l’abbiamo fatta”, ci spiega il “sindaco” di San Donato.
A Bologna sono in pochi a conoscere l’orto marocchino. Ma chi si trova a passare da quelle parti la domenica non manca di notare, nei mesi di giugno e luglio, un clima di festa insolito tra i ritagli di terra. La domenica dopo la preghiera in moschea, in via Salgari arrivano automobili con sei o sette persone a bordo, “armate” di ceste con pane arabo, humus e zatara e pronti a interminabili pranzi al sacco sotto il sole. E prima di tornare in città la sporta si riempie dei frutti della terra.

Tra cultura e coltura
Il progetto degli orti comunali “multietnici” collabora con la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, presieduta da Andrea Segré, ideatore di “Last Minute Market”, il progetto che si propone di trasformare lo spreco in risorsa, rendendo possibile il recupero di merci invendute e cibo non consumato nelle mense, per donarlo alle associazioni e agli enti che operano sul territorio (vedi Ae 111).
Giorgio Bonaga, docente di Scienze e tecnologie alimentari, e Mauro Marotti, del dipartimento di scienze e tecnologie agro ambientali della facoltà di agraria, sono consulenti esterni ed osservatori appassionati delle colture delle donne migranti.
Qual è stato il contributo della facoltà di agraria al progetto “Coltiviamo/Ci insieme”?
“Abbiamo analizzato diverse piante per approfondirne le proprietà terapeutiche e farmacologiche oltre che culinarie -spiega Bonaga-, un aspetto che fa parte integrante della cultura e delle tradizioni dei popoli del Maghreb. Questo lavoro ha suscitato l’interesse delle donne migranti, depositarie di un sapere profondo sulle proprietà delle piante.
Abbiamo anche verificato le condizioni di adattamento ambientale e climatico di alcuni semi. Le donne marocchine non erano riuscite a coltivarne alcuni -come il finocchio selvatico, il cumino-  evidentemente a causa delle condizioni climatiche differenti. L’analisi della Facoltà di Agraria ha voluto essere un aiuto per le migranti, dando loro delle indicazioni di tipo agronomico e identificando i limiti, anche climatici, entro i quali potevano essere coltivate determinate piante.
Esistono altre esperienze simili nel territorio italiano?
“L’iniziativa di studiare ed analizzare nuove specie vegetali provenienti da altri Paesi, per valutarne la possibilità di coltivazione nel nostro territorio è innovativa -continua Bonaga-. Ed è stata un’occasione per dare vita a uno scambio con le donne migranti anche sul fronte più specificatamente scientifico, mettendo insieme le nostre competenze e il loro sapere tradizionale. Il progetto è particolarmente interessante perché si inserisce in un’ottica più ampia di integrazione sociale e di scambio culturale”.

Per maggiori informazioni:
– Quartiere San Donato-gestione orti:
www.comune.bologna.it/quartieresandonato/content blogcategory/54/115/
– Centro “Zonarelli”, la struttura cui fa riferimento l’Associazione Annassim:
www.zonagidue.it/
– Maggiori info su Annassim:
www.flashgiovani.it/stranieribologna/pagina/212/279/

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