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Ambiente / Varie

L’inceneritore di Parma non serve

Differenziata al 67%, 20 punti in più del 2012: se tutta l’Emilia imitasse la città ducale, 7 impianti su 8 in Regione verrebbero spenti. E a luglio 2015 partirà anche la tariffazione puntuale: ogni cittadino pagherà solo per i rifiuti indifferenziati effettivamente prodotti e conferiti —

Tratto da Altreconomia 166 — Dicembre 2014

I rifiuti non esistono, e a Parma cittadini e amministratori lo stanno dimostrando: negli ultimi quattro anni, tra il 2011 e il 2014, la quantità di rifiuti pro capite prodotti si è ridotta del 10 per cento circa (da 556 a 520 chili a testa), mentre quella dei rifiuti indifferenziati è scesa da 283 a 161 chilogrammi a testa all’anno, segnando un meno 44 per cento. A farne le spese è l’impianto di incenerimento costruito nella frazione di Ugozzolo, a due passi dall’autostrada A1 e da uno stabilimento della Barilla, che funziona a “scartamento ridotto”.
I dati raccolti dall’associazione “Gestione corretta rifiuti e risorse” (www.gestionecorrettarifiuti.it) -nata a partire dall’azione del comitato di cittadini che dal 2006 hanno lottato per prevenire la costruzione dell’impianto- mostrano, ad esempio, che nei mesi di luglio ed agosto 2014 le due linee dell’inceneritore hanno lavorato per meno della metà del tempo, e che nei primi dieci mesi dell’anno il “tasso di funzionamento” è intorno al 66 per cento.
“L’organizzazione della raccolta secondo un modello di ‘porta a porta spinto’ può portare risultati importanti anche in una città di 190mila abitanti, e non solo nei Comuni più piccoli, come Ponte nelle Alpi (BL) o Capannori (LU)” spiega l’assessore all’Ambiente del Comune di Parma, Gabriele Folli. Il modello è lo stesso, e prevede la scomparsa dei cassonetti, la divisione dei “rifiuti” in cinque tipologie, e il ritiro a domicilio. Secondo le previsioni, a fine 2014 la raccolta differenziata dovrebbe raggiungere in percentuale il 67% dei rifiuti prodotti, con un incremento del venti per cento dal 2012, da quando la città è amministrata dalla giunta di Federico Pizzarotti, del M5S.

A luglio 2015 partirà anche la tariffazione puntuale: ogni cittadino pagherà solo per i rifiuti indifferenziati effettivamente prodotti e conferiti, e questo è un sistema che -spiega Raphael Rossi, il tecnico che lo ha studiato per conto di Iren Ambiente- “determina un ciclo virtuoso, in cui i comportamenti individuali generano un beneficio, anche economico, e questo incentiva ulteriori miglioramenti, garatendo benefici economici ed ambientali per la collettività”. I cittadini avranno a disposizione bidoncini da 40 litri con un microchip, da mettere in strada uno o due volte alla settimana. Quando nel 2005 venne decisa la costruzione dell’impianto, “nessuno aveva mai ipotizzato che il Comune di Parma passasse al ‘porta a porta’ -ricorda Aldo Caffagnini di Gestione corretta rifiuti-, e anche se l’Osservatorio provinciale rifiuti aveva invitato a considerare la realizzazione di un impianto in grado di bruciare ogni anno fino a 65mila tonnellate  di rifiuti, quello costruito ad Uguzzolo ha una capacità termica doppia”, di 130mila tonnellate. 

È un peccato originale, quello dell’inceneritore, che i cittadini di Parma rischiano di pagare ancora più caro con l’entrata in vigore dello Sblocca-Italia, dopo la conversione in legge del decreto il 5 novembre scorso: se i rifiuti non vengono prodotti a livello provinciale, a quel punto il gestore dell’impianto -che è Iren- potrà “reperirli” sul mercato, attirando a Parma l’indifferenziato di altre città. “L’articolo 35 dello ‘Sblocca-Italia’ potrebbe arrivare a stabilire una libera circolazione per i rifiuti solidi urbani, come già avviene per quelli speciali” spiega Folli, in attesa dei decreti attuativi. “Inoltre -riprende-, a parità di ‘carico termico’, l’impianto realizzato da Iren può arrivare a bruciare fino a 180mila tonnellate di rifiuti”. Significa, in pratica, che bruciando rifiuti con un potenziale calorifico inferiore, ad esempio carta e cartone invece di plastica, quest’impianto potrebbe accogliere fino a tre volte il rifiuto indifferenziato prodotto dai 46 Comuni che dipendono dall’inceneritore, molti dei quali con il porta a porta raggiungono il 70% di raccolta differenziata. 

Carta, cartone e plastica possono essere bruciati, ma non sono rifiuti.
Possono essere considerati, invece, materie prime seconde, avviate al recupero o al riciclo, con una filiera che nel territorio di Parma occupa circa 450 persone, “contro i 30 operai che servono al funzionamento dell’inceneritore”  spiega Folli. Nel 2014, la cessione dei rifiuti differenziati -ai consorzi della piattaforma CONAI e ad aziende del territorio- ha garantito al Comune di Parma  risorse per oltre 1,3 milioni di euro, il 66% in più rispetto all’anno precedente.
A dicembre, quando si sarà insediata la nuova giunta, dopo le elezioni del 23 novembre, la Regione Emilia-Romagna riprenderà a discutere il Piano regionale per la gestione dei rifiuti. In un’analisi, Gabriele Folli ha provato ad estendere il “modello Parma” (cioè i numeri relativi alla raccolta differenziata della città ducale) a tutti i Comuni emiliani, e secondo  i calcoli al 2020 potrebbero essere spenti 7 degli 8 “forni” accesi in Regione, con appena 177.520 tonnellate di residuo “non recuperabile” su scala regionale.
Intanto, una lettera che l’Autorità nazionale anticorruzione ha inviato il 20 ottobre al Comune di Parma, alla Provincia di Parma e a Iren evidenzia come le scelte delle amministrazioni pubbliche nell’ambito dell’iter autorizzativo per la realizzazione dell’impianto abbiano leso la concorrenza, comportando “una posizione di vantaggio dell’Iren”. Che non ha nemmeno pagato gli oneri urbanistici. —    

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