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Altre Economie

L’impronta solidale

La storia di Sabrina e del primo emporio del consumo consapevole di Modena —

Tratto da Altreconomia 159 — Aprile 2014

L’insegna non c’è, ma basta aprire la porta ed entrare nella bottega di Sabrina D’Amato per capire che cosa sia l’“Impronta verde”. Sugli scaffali del primo emporio del consumo consapevole di Modena sono allineati prodotti solidali, biologici, locali ed ecologici. E grazie ai distributori alla spina è possibile acquistare sfusi cereali, pasta, spezie, detergenti, vino.

L’“Impronta verde” (www.improntaverde.mo.it), che ha aperto nel novembre del 2013, è nel centro storico di Modena. Uno spazio che Sabrina ha scelto di trasformare nella vetrina di un territorio -la Bassa modenese- e delle sue aziende agricole “resistenti”, che negli ultimi due anni hanno dovuto affrontare il devastante terremoto del maggio 2012 e l’alluvione del gennaio 2014: “Questi eventi mi hanno unito all’Emilia” racconta Sabrina, che ha 31 anni, è nata a Taranto e cresciuta nelle Marche, ed è arrivata a Modena per frequentare il biennio di specializzazione all’Università: “Ho frequentato il corso di Scienze economiche e sociali -spiega-, e mi sono laureata in valutazione delle politiche pubbliche e del territorio”. Gli studi fatti le hanno permesso di scrivere il proprio piano industriale, e a capire che per partire con la sua attività le servivano poco più di 30mila euro, che ha ricevuto in prestito dai genitori. Un’esperienza di due anni nella grande distribuzione organizzata, occupandosi di contabilità del magazzino, di relazioni con i fornitori e di controllo della merce, l’ha invece catapultata dentro “un mondo che trasforma, e ti porta a sentirti ‘come loro’, a stringere sui fornitori, ad esempio”.

Meccanismi quasi automatici da cui ha scelto di allontanarsi. A Modena, Sabrina è stata volontaria di Mani Tese, seguendo anche le attività del mercatino dell’usato di Finale Emilia, casa dell’economia solidale che nel maggio del 2012, subito dopo il sisma, divenne anche una struttura di accoglienza per coloro che avevano perso la propria casa: “Dopo la laurea, ho fatto un anno di servizio civile  a Mani Tese, occupandomi di tutto, dalla contabilità del mercatino all’educazione allo sviluppo nelle scuole”. Ed è grazie al CiccioGas (cicciogas.it), il gruppo d’acquisto solidale nato all’interno del gruppo Mani Tese, che Sabrina inizia a “censire” gli agricoltori biologici della Bassa, per poi scegliere i loro prodotti per l’“Impronta Verde”. “A Nonantola c’è ‘I Urtlan’ (fattoriapiccinini.it), che in modenese vuol dire l’ortolano -racconta Sabrina-. L’azienda produce frutta e verdura, che vende direttamente -in cascina o nei mercatini bio di Modena-. Annalisa del birrificio artigianale Zimella (birrazimella.com) mi ha raccontato la sua prima ‘cotta’, e spiegato com’è maturata la scelta di diventare produttrice -spiega Sabrina-: la volontà era quella di trasformare in proprio materie prime già coltivate in azienda, cioè orzo e luppolo. Prima, Annalisa aveva maturato la scelta di passare al metodo biologico, guardando all’effetto dei trattamenti che dava”. Le birre Zimella arrivano da Bagno di Reggio Emilia (Re), mentre a San Giovanni in Persiceto sono prodotte quelle della Vecchia Orsa (fattoriabilita.it): “Non sono ‘bio’, ma Fattoriabilità è una cooperativa sociale e solidale, che si occupa di inserimento lavorativo di persone svantaggiate”. L’aceto balsamico è certificato biologico e biodinamico, e arriva dall’Acetaia Guerzoni (guerzoni.com) di Concordia (Modena), certificata Demeter dalla fine degli anni Settanta: “Sui muri della cantina sono disegnati i pianeti del sistema solare: servivano ad analizzare il passaggio delle stagioni, per individuare le date in cui spostare l’aceto nelle botti di essenze di legno diverse”.
Il vino sfuso è di Folicello (folicello.it), biologico, biodinamico e senza solfiti aggiunti: Lambrusco Grasparossa e Pignoletto arrivano da Manzolino di Castelfranco Emilia (Mo). I detergenti arrivano da Rimini, dai laboratori di Officina Naturae (officinanaturae.com): sono quelli della linea Solara, che utilizza materie prime vegetali biologiche e a chilometro zero. E a Carpi (Mo) c’è anche chi produce riso, l’azienda Dalle Ave (risodalleave.it).
Mentre sono con lei, Sabrina riceve una visita di Massimo Zapparoli, che consegna le  farine della propria azienda agricola (agricolazapparoli.it) di Sozzigalli di Soliera (nella Bassa modenese). Insieme parlano della possibilità di organizzare una visita in cascina dei clienti dell’“Impronta Verde”: “L’emporio è un luogo di scambio, non solo di mercato -dice Sabrina-. Quasi tutti i produttori mi hanno portato a visitare i campi, e chi ce l’ha anche i laboratori di trasformazione e confezionamento”.   

C’è estrema attenzione in ogni scelta. Sabrina ha dedicato oltre un anno all’apertura dell’ “Impronta Verde”: “Ho perso il lavoro nella grande distribuzione ad ottobre 2012. Avevo il sussidio di disoccupazione. Ho fatto numerosi corsi, con l’obiettivo di restare a Modena. Un’amica di Torino mi ha parlato dei negozi di prodotti sfusi che c’erano nella sua città: insieme abbiamo deciso di informarci per aprirne uno anche a Modena”.
L’amica si è persa per strada, ma Sabrina non si è fermata: a luglio 2013 ha passato dieci giorni nel capoluogo piemontese, ospite della ecobottega VerdEssenza, lavorando in magazzino e accompagnando Cosimo e Alessandra nelle visite ai produttori. “Mi hanno dato la possibilità di guardare ‘dal di dentro’ una realtà simile a quella che volevo aprire, spiegato i loro criteri di selezione e la gestione del magazzino” racconta Sabrina, che si è lasciata ispirare anche dall’esperienza di Quanto Basta (qbsenigallia.it), un progetto della cooperativa sociale “RiDotti Bene” di Senigallia (An), la città in cui vivono i suoi genitori.
“Sto valutando la possibilità di inserire anche il fresco, che però comporta degli investimenti -un frigorifero- e di modificare il manuale di autocontrollo” racconta Sabrina, che prima di aprire l’“Impronta Verde” ha seguito un corso da imprenditore commerciale di alimenti e bevande e acquistato una licenza per vendere alcolici. Prima di salutare mi mostra le piccole guide di Ae, che stanno in vetrina, “pacchetti regalo” insieme a prodotti dell’emporio. “Formalmente non ho ancora inaugurato, né ho fatto pubblicità: sono contro lo spreco di carta”. La parola d’ordine per Sabrina è sobrietà. —
 

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