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L’impronta dei bovini

24 miliardi di animali occupano il pianeta. Se volessimo garantir loro una vita dignitosa, sulla Terra non ci sarebbe spazio sufficiente per ospitare le persone Se chiedessimo a una persona quanti siamo sulla Terra, forse si avvicinerebbe al numero reale….

Tratto da Altreconomia 114 — Marzo 2010

24 miliardi di animali occupano il pianeta. Se volessimo garantir loro una vita dignitosa, sulla Terra non ci sarebbe spazio sufficiente per ospitare le persone

Se chiedessimo a una persona quanti siamo sulla Terra, forse si avvicinerebbe al numero reale. Ma se domandassimo quanti bovini sono allevati nel mondo, è molto probabile che non saprebbe dare risposta. Eppure, sono numeri che ci riguardano da vicino. Facciamo due conti e proviamo a rispondere. Secondo la Fao, nel 2007 sul pianeta erano allevati circa 24 miliardi e 300 milioni di animali (oltre 19 miliardi sono volatili): 4 animali per ogni abitante. I bovini sono oltre 1 miliardo e 300 milioni (solo in Italia, quasi 6 milioni e180mila), un numero che equivale alla popolazione cinese, circa 2 volte e mezza quella dell’Unione Europea. Dobbiamo ammettere che questi numeri ci dicono poco: non abbiamo la percezione della grandezza e soprattutto ci manca un termine di paragone per giudicare. Di sicuro, mentre i problemi della crescita della popolazione umana in termini d’uso delle risorse e di produzione di rifiuti sono “abbastanza” noti, meno conosciute sono invece le conseguenze della crescita numerica degli animali.
Ma questa è solo la prima parte della storia.
Nel nostro Paese ogni anno (Istat, 2008) finiscono al macello poco più di 24 milioni di grossi animali (bovini, bufalini, suini, ovi-caprini, suini e equini). A questi vanno aggiunti oltre 29 milioni di conigli e oltre 470 milioni di avicoli e volatili selvatici (Istat, 2007). Solo in Italia, quindi, si supera il mezzo miliardo di animali macellati ogni anno. Secondo i dati della Fao, la produzione globale di carne passerà da 228 milioni di tonnellate del 1999/01 a 463 milioni di tonnellate nel 2050. Nello stesso periodo, anche la produzione globale di latte avrà subito lo stesso incremento: da 580 a 1,043 milioni di tonnellate.
Il consumo di carne nei Paesi sviluppati si è attestato nel 1995 su 77,3 chili a persona/anno, e ha raggiunto gli 82,1 chili nel 2005, con una crescita annua di 0,6%. Ogni anno nel mondo mandiamo al macello circa 300 milioni di bovini, 820mila al giorno. Se li mettessimo uno dietro l’altro vedremmo fila di animali lunga quasi 1.700 chilometri (la distanza tra Reggio Calabria e Monaco di Baviera). In altri termini, è come se scomparissero ogni giorno tutti gli abitanti di Torino. Parti di questi animali, poi, diventano cibo per altri animali, derivati vari per l’industria o concime per la terra. Miliardi di animali sono allevati in condizioni di malessere e quindi di sofferenza. Sono poi trasportati da un luogo all’altro e infine terminano nei macelli di tutto il mondo. Questo processo, che si compie ogni giorno, per tutto l’anno, produce una massa di animali in movimento impressionante. Il problema è che non riusciamo a dare un “peso” a quell’enorme quantità di esseri viventi che nasce, viene allevata, caricata su camion, tir e navi, trasportata, scaricata e infine uccisa. Dopo un passaggio nelle macellerie o nei supermercati, finiscono nelle nostre borse della spesa, nei nostri piatti e infine nella nostra bocca. Il ciclo continua su piani più sottili e gli effetti sulla nostra vita si diluiscono e confondono con altre variabili. Tutto avviene lontano dai nostri sguardi.
Ma torniamo ai nostri numeri: due terzi della superficie della Terra sono occupati dai mari. Quasi 7 miliardi di umani vivono sulle terre emerse, che sono circa 150 milioni di km2, con una media di circa 40 abitanti per km2. Il 70% circa di queste terre è destinato all’agricoltura in senso lato. Immaginiamo di voler garantire, per ognuno degli 1,3 miliardi di bovini, uno spazio quadrato di circa 3 metri di lato. Considerando che un bovino è lungo pressappoco 2 metri e largo 60 centimetri, s’intuisce facilmente che 10 m2 sono il minimo per girare. È come se una persona dovesse vivere in una cabina telefonica. Ma per assicurare solo 10 m2 ad ogni bovino allevato sul pianeta ci vorrebbero un milione e 300mila ettari, 13mila km2. Un campo da calcio (poco meno di un ettaro) potrebbe ospitare circa 700 bovini. “Concedendo” invece quanto previsto dal Regolamento comunitario della zootecnia biologica (Reg. 1804/99) per i bovini di oltre 2 anni e le vacche da latte che vivono al pascolo, ossia almeno 1 ettaro ogni 2 bovini, la superficie totale da destinare al complesso bovino mondiale salirebbe di 500 volte: 6 milioni e 500mila km2. Quest’ultimo valore è il 4,3% di tutte le terre emerse e il 6,2% della superficie usata per l’agricoltura.
In altri termini, è come se la popolazione bovina occupasse quasi tutta l’Australia, che è poco più di 7 milioni e mezzo di km2.
Nonostante ciò, non solo non saremmo ancora in una condizione di autosufficienza per i bovini, ma non avremmo tenuto conto di tutti gli altri animali domestici. E i miliardi di maiali, polli, tacchini, conigli, pecore, capre e cavalli (per rimanere agli animali allevati in occidente): quanto spazio dovremmo destinare anche a loro? Con quali consumi di energie, cibo, acqua e produzione di rifiuti organici e gassosi?
Impedendo alla maggior parte di questi animali di vivere di pascolo, bisognerebbe assicurare loro ugualmente del cibo. In ogni caso, agli animali dovremmo sempre fornire un alimento più ricco del semplice e solo pascolo, perché è necessario forzare (in varia misura) la natura per assicurare produzioni quantitativamente redditizie. Appare quindi evidente che dal punto di vista energetico questa smisurata massa di bovini consuma una quantità di cibo superiore a quello che gli occorrerebbe se fosse lasciata libera di procurarselo in un pascolo (ammesso che sia disponibile e sufficientemente nutriente).
Si comprende perciò che la superficie destinata all’allevamento non è solo quella occupata dall’animale ma anche quella usata per produrre i loro alimenti. Qualche altro calcolo: circa metà delle terre fertili del pianeta è utilizzata per produrre foraggio, cereali e semi oleosi. Nel 2007, il 36% di questi cereali è stato consumato dall’allevamento animale. Secondo i dati di Greenpeace, i 3/4 del territorio agricolo europeo servono per produrre alimenti per gli allevamenti animali. Ciò nonostante, il 70% degli alimenti per gli animali deve essere importato da altri Paesi (soprattutto soia). Anche gran parte dell’acqua dolce del pianeta (60-80%) è destinata all’agricoltura, sebbene circa il 60% venga sprecato per la carenza dei sistemi di irrigazione. I dati sui consumi da parte delle varie tipologie di allevamento sono piuttosto variabili. L’acqua utilizzata non è solo quella bevuta dagli animali ma anche quella usata per pulire le stalle e per i processi di lavorazione della carne. Secondo alcune stime, per produrre un chilo di proteine animali è necessario un volume d’acqua 10-15 volte maggiore che per ottenere la stessa quantità di proteine vegetali. Riprendendo un’analogia di Newsweek “l’acqua che ci vuole per un manzo di 450 chili potrebbe tenere a galla un cacciatorpediniere”. E infine: ogni anno sono prodotti, solamente da bovini e suini, 80 milioni di tonnellate di rifiuti organici. La popolazione umana ne produce poco più di 30 milioni. Negli Usa, le quantità di rifiuti degli allevamenti sono 130 volte quelli umani. In altri termini, per ogni cittadino americano si producono 5 tonnellate di rifiuti organici animali all’anno. In Italia, invece, gli animali producono circa 19 milioni di tonnellate di reflui (il 59% finisce nell’Adriatico). La massa di animali allevati in modo industriale pone interrogativi ma soprattutto problemi da risolvere: etici, economici, ambientali e di salute. Abbiamo veramente bisogno di allevare, trasportare e macellare tutti questi miliardi di animali? Stiamo moltiplicando il complesso animale mondiale ma senza una reale necessità alimentare. Domandiamoci chi ci guadagna e chi, invece, ci perde.

* Medico veterinario omeopata, consulente della Casa di reclusione di Gorgona Isola (Li)

Il raddoppio tra 40 anni
Si possono coniugare crescita della domanda di prodotti animali contribuendo alla sicurezza alimentare, alla riduzione della povertà, alla sostenibilità ambientale e alla salute umana? Se lo chiede la Fao, l’Organizzazione mondiale per il cibo e l’agricoltura nella nuova edizione del rapporto “The State of Food and Agricolture (Sofa)”, dedicato quest’anno proprio a una “zootecnia più sostenibile”.
“La zootecnia è uno dei settori dell’economia agricola che registra la crescita più rapida”, si legge nella pubblicazione, secondo la quale la produzione di carne passerà dagli attuali 228 milioni di tonnellate ai 463 entro il 2050. Ma “la rapida transizione del settore ha avuto luogo in un contesto di vuoto istituzionale” lamenta il Direttore generale, Jacques Diouf. Il rapporto evidenzia quindi la necessità di ridurre l’impronta ecologica della produzione animale. Altre info su www.fao.org

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