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L’impatto economico del gender gap online

Costi elevati e timori per la sicurezza limitano l’accesso a Internet a milioni di donne nei Paesi in via di sviluppo con un danno economico stimato in 126 miliardi di dollari solo nel 2020. L’analisi dell’Alliance for affordable Internet

© Rawpixel Ltd

Monica, una ragazza del distretto di Ngorongoro nel Nord della Tanzania, aveva lasciato la scuola perché la sua famiglia non era più in grado di pagarle gli studi. In un Paese dove una donna su tre si sposa prima dei 18 anni, il suo destino sembrava segnato per sempre. A cambiare il suo futuro sono stati uno smartphone e un ciclo di lezioni di alfabetizzazione digitale promosso dall’Unesco nell’ambito del progetto “Empowering adolescent girls and young women through education”.

Grazie a questi strumenti, Monica oggi è in grado di navigare online e fare ricerche, ma non solo. Ha potuto far crescere la piccola attività artigianale che aveva avviato nel 2019 producendo tessuti batik, cesti di vimini e saponi: “Sono riuscita a ordinare alcuni tessuti colorati da un fornitore di Arusha per confezionare abiti. Poi farò delle foto e le userò per farmi pubblicità sui social network”. Monica ha raccontato inoltre che durante il corso ha imparato a utilizzare app come Facebook, Instagram e WhatsApp, a scattare belle fotografie e a sviluppare una strategia di marketing per rivolgersi ai potenziali acquirenti. Il semplice possesso di uno smartphone e la possibilità di accedere a Internet hanno completamente cambiato il suo modo di lavorare, e la ragazza si aspetta un aumento delle vendite dei suoi prodotti.

In un Paese come la Tanzania non è scontato che una ragazza sappia navigare su Internet per cercare il numero di telefono di un fornitore o un prodotto particolare per la propria attività, sia in grado di pubblicare un post su Facebook o possa utilizzare WhatsApp. Secondo i dati resi noti nell’ultima edizione del “Mobile gender gap report”, pubblicata nel luglio 2021, solo il 77% delle donne tanzaniane possiede un telefono cellulare, contro l’86% degli uomini. E solo il 17% ha un accesso a Internet contro il 35% degli uomini. “Anche quando hanno un telefono cellulare, le donne non possono accedere a Internet perché non hanno sufficiente autonomia finanziaria per comprare i pacchetti di dati”, sottolinea l’Unesco che avverte: questa diseguaglianza allarga ulteriormente le disparità economiche e sociali esistenti.

Quello della Tanzania non è un caso isolato: in tutto il mondo milioni di persone non sono ancora in grado di navigare online e le donne sono particolarmente penalizzate da questa situazione. “A livello globale, gli uomini hanno il 21% di probabilità in più rispetto alle donne di accedere a Internet, una percentuale che sale al 52% nei Paesi a basso reddito”, scrive l’Alliance for affordable Internet nel rapporto “The cost of exclusion” (“Il costo dell’esclusione”) che analizza l’impatto economico del cosiddetto “Digital gender gap”: “Diversi ostacoli impediscono alle ragazze e alle donne di accedere alla rete e alle attività digitali -si legge nel report-. Tra questi ci sono i prezzi elevati dei device e delle tariffe, le diseguaglianze nell’alfabetizzazione digitale,  norme sociali che scoraggiano donne e ragazze dall’utilizzare questi strumenti, timori e paure riguardo possibili violazioni della privacy e della sicurezza”.

L’Alliance for affordable Internet -una rete che connette imprese, governi ed esponenti della società civile e che promuove politiche di inclusione digitale- ha preso in considerazione la situazione di 32 Paesi a medio e basso reddito: Paesi africani (tra cui Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria), del Medio Oriente (Egitto, Marocco, Algeria) e asiatici (India, Pakistan, Filippine). In questi Stati poco più di un terzo delle donne ha la possibilità di accedere a Internet contro la metà degli uomini. E se all’inizio dell’era di Internet -i primi anni Duemila- la maggior parte dei nuovi utenti della rete erano uomini, tra il 2011 e il 2020 la percentuale di donne che hanno iniziato ad affacciarsi online è passato dal 12,2% al 34,3%. Nonostante questo incremento il gap tra uomini è donne è tuttavia rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi dieci anni passando da 30,9 punti percentuali nel 2011 ai 30,4 nel 2020.

Questa situazione, sottolinea l’associazione, ha provocato un danno economico considerevole per le casse di questi Paesi spesso fragili e impoveriti: 126 miliardi di dollari sono andati persi solo nel 2020 (e mille miliardi negli ultimi dieci anni) di cui 24 miliardi di dollari sotto forma di mancate entrate fiscali ogni anno per i 32 Paesi presi in esame. Intervenire per colmare il gender gap digitale porterebbe a un aumento dell’attività economica di 524 miliardi di dollari entro il 2025. Per contro, se non ci saranno interventi decisivi in questo senso, il danno fiscale provocato dall’esclusione delle donne dalla rete arriverà a superare i 1.500 miliardi di dollari nel 2025.

I principali ostacoli che impediscono alle donne di “navigare” nel web e di utilizzare gli strumenti digitali in scioltezza sono di diversa natura. Prima di tutto i costi, sia per quanto riguarda l’acquisto di smartphone, tablet e personal computer, sia in riferimento alle tariffe: molte donne non svolgono un’attività economica esterna alla famiglia (cura della casa, dei figli o dei genitori anziani) e non hanno nemmeno la disponibilità economica per acquistare uno smartphone, devono quindi dipendere dai mariti, che possono anche negare la possibilità di fare questo acquisto. E anche quando lavorano, gli stipendi delle donne sono più bassi rispetto a quelli degli uomini, rendendo così più difficile l’acquisto di device e il pagamento delle tariffe per accedere al web. Infine riveste un ruolo decisivo il tema della privacy e della sicurezza online. Nei focus group condotti dall’Alliance for affordable Internet in Costa d’Avorio, Nigeria, India e Bangladesh, le donne hanno espresso il timore di essere manipolate o prese di mira per i contenuti pubblicati sui social media: “Ai loro occhi -si legge nel report– Internet non è un posto sicuro per le donne”.

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