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Economia / Opinioni

L’immigrazione non è un costo

© thisisengineering, unsplash

Il saldo del bilancio dello Stato fra le entrate generate dai cittadini stranieri e le spese loro dedicate è positivo. Per 4 miliardi di euro. La rubrica dell’Osservatorio internazionale per la coesione e l’inclusione sociale

Tratto da Altreconomia 247 — Aprile 2022

Un tema ricorrente nel dibattito politico e sociale italiano riguarda i cosiddetti costi dell’immigrazione. Specialmente nel decennio passato, quando la crisi economica prolungata e le politiche di austerità hanno messo a dura prova il tessuto produttivo e civile, si è affermata in una parte relativamente ampia dell’opinione pubblica l’idea che gli immigrati rappresentino un costo insostenibile per il nostro Paese e che approfittino di un sistema di welfare al cui finanziamento non contribuiscono. Inoltre, nel discorso pubblico si tende a confondere i richiedenti asilo e le persone presenti irregolarmente con i migranti insediati regolarmente, che rappresentano la netta maggioranza della popolazione straniera residente in Italia

Riprendendo un esercizio già cominciato alcuni anni fa dal Dossier statistico immigrazione Idos, abbiamo sviluppato alcune elaborazioni che permettono di stimare entrate e uscite del bilancio dello Stato riguardo alla presenza delle persone provenienti da Paesi terzi. La voce di entrata più importante è rappresentata dai contributi previdenziali obbligatori, calcolati in base al numero e alle retribuzioni medie dei lavoratori stranieri. Abbiamo poi stimato le imposte indirette pagate da questa fascia di popolazione sulla base di un dataset integrato tra l’indagine Silc sui redditi e quella Istat sui consumi. Vanno considerate anche le entrate derivanti dalle pratiche per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno e per l’acquisizione della cittadinanza italiana. Per quanto riguarda i primi, stimando che almeno 1,1 milioni di permessi sia stato rinnovato a un costo medio pro-capite di 200 euro, l’entrata complessiva è di circa 250 milioni di euro. Le acquisizioni della cittadinanza italiana (127mila nel 2019) portano invece a un’entrata di 25 milioni di euro, stimando sempre una spesa media di 200 euro per pratica. Consideriamo infine le risorse messe a disposizione dall’Unione europea attraverso il Fondo asilo, migrazione, integrazione (Fami) e al Fondo sicurezza interna (Isf) per un totale di 145 milioni. 

Per stimare la spesa pubblica per l’immigrazione, invece, abbiamo scelto di utilizzare il metodo del costo “medio”, inteso come il rapporto tra i costi totali e il numero di beneficiari per ogni componente di spesa. I settori analizzati sono previdenza, assistenza, sanità, istruzione, servizi e interventi sociali a livello comunale, edilizia residenziale pubblica, spese per servizi locali (rifiuti, scarichi, acqua, illuminazione), giustizia, interventi che rientrano nella missione “immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti”, ordine pubblico e sicurezza. La tabella qui sopra sintetizza le varie voci di entrata e spesa mostrando che il bilancio pubblico è positivo (per 4 miliardi), confermando così un risultato già emerso negli ultimi anni (2016 e 2019). Complessivamente, i milioni di cittadini stranieri residenti in Italia contribuiscono ormai sostanzialmente alla tenuta non solo del tessuto produttivo del Paese, ma anche del suo sistema di protezione sociale.

Massimo Baldini insegna Politica economica all’Università di Modena e Reggio Emilia. Francesca Campomori insegna Politiche sociali all’Università Ca’ Foscari Venezia ed è componente del Comitato scientifico di OCIS. Emmanuele Pavolini insegna Sociologia economica all’Università di Macerata ed è componente del Comitato scientifico di OCIS.

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