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L’Expo dimentica speculazione e land grabbing

Accaparramento di terre e finanza sulle commodities non trovano spazio nella Carta di Milano, la rassegna di impegni da coltivare, teoricamente, anche dopo Expo 2015. Eppure stava scritto nel Protocollo di Milano sull’alimentazione e la nutrizione, cui la Carta s’ispira

Tra gli "impegni" richiesti nel documento di Expo 2015 sono scomparsi la lotta al land grabbing e alla speculazione finanziaria sulle materie agricole. A evidenziarlo sono state Sulla fame non si specula e Campagna 005, due campagne della società civile sostenute da diverse sigle del terzo settore.
"È difficile trovare qualcosa su cui non si è d’accordo nella Carta di Milano, il documento con gli impegni che dovrebbero costituire l’eredità di Expo 2015 sulla lotta alla fame, presentato a Milano alla vigilia dell’inizio dell’esposizione universale. Sono tutte affermazioni di buon senso, che chiunque sottoscriverebbe", hanno scritto.
 
Leggendola, però, le due campagne sono rimaste "profondamente perplesse". Nel testo è sparito infatti ogni riferimento al tema della finanza, che pure c’era nel Protocollo di Milano sull’alimentazione e la nutrizione, l’iniziativa promossa dal Barilla Center for Food and Nutrition con la collaborazione di tante personalità e sigle della società civile, al quale la Carta di Milano si è ispirata e che cita espressamente fra le sue fonti. Quasi che l’uso del denaro non abbia nulla a che fare con l’alimentazione, fanno notare. "E più in generale, continua chi solleva un punto di coerenza, è tutto il tema della crisi globale che stiamo attraversando ormai dal 2008 -che ha pesato sui prezzi alimentari e quindi sull’accesso al cibo e la fame- a rimanere fuori dal documento, come se non c’entrasse nulla con la sfida ‘Nutrire il pianeta energia per la vita’".
 
Eppure il tema del rapporto tra cibo e finanza è tra i più rilevanti nodi del mondo di oggi: la corsa ad acquistare terreni agricoli nel Sud del mondo (in quell’Etiopia da cui partono molti dei migranti che decidono di partire, ad esempio) e la volatilità dei prezzi nei mercati delle materie prime agricole, sono fattori che generano fame. E hanno a che fare con un certo modo di fare finanza, "molto più vicino al nostro portafoglio di quanto crediamo".
 
È quanto attraverso la campagna “Sulla fame non si specula” i due coordinamenti sostengono da tempo. Ma è anche quanto stava scritto nel Protocollo di Milano, varato non più tardi del 3 aprile: "Le parti si impegnano a identificare e proporre leggi per disciplinare la speculazione finanziaria internazionale sulle materie prime e la speculazione sulla terra, oltre che a proteggere le comunità vulnerabili dall’accaparramento della terra (‘land grabbing’) da parte di entità pubbliche e private, rafforzando al contempo il diritto all’accesso alla terra delle comunità locali e delle popolazioni autoctone". 
Perché un impegno preciso di questo tipo non compare più tra quanto la Carta di Milano richiede "con forza a governi, istituzioni e organizzazioni internazionali"? Si parla solo genericamente di "rafforzare le leggi in favore della tutela del suolo agricolo, per regolamentare gli investimenti sulle risorse naturali, tutelando le popolazioni locali". Non è la stessa cosa. 
In tutta la sezione "impegni" -a parte una rapidissima evocazione della questione dell’accesso al credito- non compare nulla che abbia a che fare con la parola "finanza". Quasi che questo mondo fosse un’entità a sé stante, le cui scelte non hanno ricadute concrete pure sull’agricoltura e sul mercato dei prodotti alimentari.
 
"L’influenza del mercato finanziario sulla formazione dei prezzi delle materie prime alimentari è fortissima e indebolisce le comunità- ha dichiarato l’economista Riccardo Moro, tra i promotori della campagna “Sulla fame non si specula”-. La crisi finanziaria del 2008 ha provocato la più lunga e intensa volatilità dei prezzi del cibo della storia, pesando sui poveri di oggi, ma anche su quelli di domani scoraggiando gli investimenti per assicurare il futuro accesso al cibo quando saremo 9 miliardi di persone e aumentando possibilità future  tensioni sociali. Governare il mercato finanziario per evitare che le sue dinamiche e le speculazioni pesino sul cibo si può. Non farlo significa scegliere di chiudere gli occhi sulle conseguenze".
 
Anche Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università degli Studi di Roma e tra i promotori della campagna “005”, ha commentato duramente: "La sparizione del riferimento alla speculazione finanziaria sul cibo e sulle materie prime nella carta di Milano è l’ennesima dimostrazione che il problema numero uno dell’economia globale è la sudditanza del potere politico e delle istituzioni a lobby finanziarie più grandi degli stati".

 

"Questo tema è decisivo per il nostro futuro, come la crisi finanziaria globale dovrebbe averci insegnato -concludono le due iniziative-. Ed è il motivo per cui, anche durante questo Expo 2015, andremo avanti a ripeterlo con forza. A partire da un appuntamento la campagna Sulla fame non si specula ha organizzato per il 22 maggio nella Milano dell’Expo insieme a Banca Etica e alle numerose sigle del terzo settore: POP ECONOMIX LIVESHOW @ EXPO: LA CRISI, LA FINANZA E IL CIBO COME NESSUNO VE LI RACCONTA, uno spettacolo teatrale di Alberto Pagliarino, Nadia Lambiase e Paolo Piacenza e la regia di Alessandra Rossi Ghiglione, alle ore 21 nell’Auditorium del Pime di Milano. Sarà una serata per capire, divertendosi anche un po’. Ma soprattutto per chiedere passi concreti (e non solo parole sulla lotta alla fame). Perché siamo convinti che la finanza con il cibo c’entri eccome, e che la Milano dell’Expo non possa non parlarne, insieme ai suoi cittadini".

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