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Ambiente

L’Europa che vuole cambiare rotta

C’è il rischio che anche il summit Onu sullo sviluppo sostenibile, Rio+20, si concluda con un "nulla di fatto in pompa magna". Per questo la società civile si sta mobilitando, organizzando eventi, incontri di approfondimento e prendendo posizione in modo chiaro e determinato. I documenti inviati dalle reti internazionali parlano chiaro: giustizia climatica e sociale, con un occhio alla transizione verso una zero carbon society. Qualcosa si muove anche in Europa, come racconta ad Altreconomia Maxime Combes di Attac France

Maxime Combes si definisce “economista non praticante”. Impegnato in diversi progetti sociali come Mouvements, Bastamag.net ed Echos des alternatives (www.alter-echos.org), è uno dei referenti di Attac France sui temi della lotta al cambiamento climatico e per l’uscita dall’attuale modello di sviluppo. Assieme a molti altri compagni di strada, francesi e non, anima il network internazionale Climate Justice Now!

Rio+20 è un appuntamento importante, non tanto per ciò che vuole ricordare, nell’anniversario del Summit della Terra del 1992, ma per quello che può lasciare come eredità culturale. Come si stanno attrezzando i movimenti sociali europei per l’occasione?
Oggi non siamo in grado di influenzare efficacemente le linee guida dell’Unione Europea verso Rio+20. E questo nonostante l’Ue sia un attore chiave nella promozione del green capitalism e nella finanziarizzazione delle risorse naturali. Il commissario Janez Potocnik ha riassunto molto efficacemente il pensiero di molta parte dei membri della Commissione: “Dobbiamo spostare la nostra attenzione dalla protezione dell’ambiente dalle imprese all’uso delle imprese per proteggere l’ambiente”.
Mentre assistiamo al crescere, in tutta Europa, di molte lotte sociali ed ambientali, manchiamo ancora di una piattaforma comune per coordinarle tra loro in una mobilitazione congiunta: questo è il motivo per cui dovremo lavorare per rafforzarle, sostenerle e facilitare l’emersione di un’opposizione diffusa alla “loro green economy” che verrà promossa a Rio+20.

Con quale obiettivo?
Dobbiamo fermare l’espansione di questa “greed economy", un’economia dell’ingordigia. I nostri movimenti si sono fatti portatori di molte alternative, e ad oggi esistono molti campi di sperimentazione che vanno dalla rilocalizzazione delle produzioni all’economia solidale, dall’agroecologia all’agricoltura biologica fino alle esperienze di transizione energetica. Queste realtà dovranno essere promosse e il più possibile diffuse. Questo è l’obiettivo che ci stiamo ponendo in questi mesi nelle diverse iniziative che stiamo organizzando, tra cui il workshop organizzato a Marsiglia durante il Forum alternativo mondiale dell’acqua (è in programma a Marsiglia dal 14 al 17 marzo, ndr).
Abbiamo decisamente bisogno di discutere le nostre strategia per verificare quali possono essere le strade per promuovere i beni comuni, contrastando la mercificazione e la finanziarizzazione della natura e degli esseri viventi. Uno degli obiettivi di questo workshop sarà costruire un’agenda comune di proposte ed iniziative verso Rio+20 ed oltre. E procedere così alla costruzione di una piattaforma europea dei movimenti su questi temi.

Come hai anticipato, in tutta Europa stanno crescendo lotte per la difesa dei beni comuni e contro questo modello di sviluppo. Con quali obiettivi?

In Francia, ma credo sia la stessa situazione in molti altri Paesi europei, è molto difficile sostenere un dibattito pubblico sui temi legati alla giustizia climatica dopo la conferenza di Copenhagen, nel 2009. Mentre la crisi climatica peggiora giorno dopo giorno, il tema generale sembra essere sparito dietro la pressione della crisi economica e finanziaria, con le sue conseguenze sociali. Come se si potesse risolvere la crisi dal punto di vista economico senza considerarne gli aspetti ambientali e climatici.
Ci sono seri rischi che le nostre richieste per una giustizia climatica e la nostra profonda opposizione al produttivismo spariscano dal dibattito pubblico. Questo successe già negli anni ’80, nonostante gli anni ’70 fossero stati caratterizzati da una critica evidente al modello produttivista. Per evitare che questo accada nuovamente, dobbiamo mettere in rete le lotte e le alternative locali che esistono e che sono molto numerose.

L’attuale modello di sviluppo si concretizza in progetti insostenibili e spesso faraonici: che cosa sta succedendo in Francia?
C’è una lotta esemplare, che ha vinto una prima battaglia contro le compagnie petrolifere e del gas e contro il governo. È la lotta contro il gas ed il petrolio da scisti (shale gas e shale oil), e contro il “fracking”, una tecnica estrattiva altamente inquinante utilizzata per sfruttare i giacimenti di questi combustibili fossili e che utilizza grandi quantità di acqua.
Davanti alla necessità di superare i combustibili fossili, ci chiediamo, perché spendere miliardi di euro per esplorare nuove fonti energetiche così pericolose e difficili da sfruttare? Decine di migliaia di persone in Francia sono impegnate in questa lotta e organizzano incontro pubblici, manifestazioni, approfondimenti. In meno di un anno il “fracking” è stato bandito e tre permessi già accordati sono stati cancellati. La lotta è ancora in corso, per cancellare definitivamente altri permessi, e si comincia a ragionare su quale tipo di transizione energetica vogliamo sui nostri territori e su come farla.
Un’altra lotta molto importante che potrebbe essere vinta in Francia è quella contro l’aeroporto di Notre Dame des Landes, nella zona occidentale del Paese, una vera e propria aberrazione economica ed ambientale, sostenuta anche dal Partito Socialista. Saremo in grado di fermare il progetto se saremo capaci di costruire una grande alleanza nella società: davanti a una crisi economica è un non-senso spendere milioni di euro per un aeroporto inutile. Questo è il motivo per cui organizzeremo a luglio il secondo Forum europeo contro i megaprogetti inutili e non necessari (come gli aeroporti o i treni ad alta velocità). Il primo è stato organizzato in Italia ed ha aiutato a creare collegamenti con la mobilitazione No-Tav.

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