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L’etica scaccia l’evasione

Eliminare i paradisi fiscali è un passo decisivo per costruire una società più equa. In Italia l’impegno può partire anche dagli enti locali, che devono realizzare il bene della comunità e attuare la Costituzione _ _ _
 

Tratto da Altreconomia 156 — Gennaio 2014

Da almeno quattro anni Avviso Pubblico sostiene che è necessario contrastare con determinazione il ritornello secondo cui il problema dell’Italia è che mancano i soldi, e che per questo è necessario rivedere la spese, in particolar modo quelle del comparto del welfare, ovviamente per ridurre il nostro debito pubblico.

Cambiando “registro”, spieghiamo che i soldi necessari per garantire i diritti e i servizi ai cittadini ci sono. A chi chiede dove siano queste risorse, rispondiamo che è necessario riprendersi i capitali che ogni anno vengono sottratti alla collettività dall’evasione e dall’elusione fiscale, dalla corruzione e dalle mafie. Qualche dato ci può aiutare a capire quanto sia necessario, per una vera ripartenza dell’Italia, porre al centro dell’azione politica la questione del rispetto delle regole, sia livello fiscale che civile, insieme al taglio degli sprechi. 

Dal 2010 al 2013, nonostante le presunte politiche di austerity avviate dal governo guidato da Mario Monti, il debito pubblico italiano è aumentato di 217,9 miliardi di euro (più 11,5%), raggiungendo -secondo la Banca d’Italia- l’astronomica cifra di 2.085.321 milioni di euro. A fronte di una diminuzione delle entrate fiscali, abbiamo assistito ad un aumento della pressione fiscale, passata -secondo Confcommercio- dal 44,3% del 2010 al 54% di oggi.
“C’è bisogno di dire una parola forte e certa, di affermare che l’elusione e l’evasione fiscale non sono compatibili con la nostra economia e con nessun sistema veramente democratico” ha recentemente ammonito Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, ricordando come la stima delle tasse non pagate in Italia, secondo la Corte dei conti, sia pari a 130 miliardi di euro. Sull’argomento è intervenuto anche il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, secondo il quale l’evasione fiscale è “sinergica alla corruzione, all’illegalità e alla criminalità organizzata, e ha effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse nonché sul corretto funzionamento della concorrenza nel mercato”.

Per contrastare questo stato delle cose, il governo intende proporre una serie di misure specifiche: potenziarà i sistemi di tracciabilità dei pagamenti, favorendo allo stesso tempo una riduzione degli oneri bancari; incentiverà l’utilizzo della moneta elettronica rispetto al contante; favorirà il crescente utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili.
Insieme a queste misure, secondo Avviso Pubblico è tuttavia necessario riformare in senso migliorativo il nostro sistema fiscale, rendendolo più chiaro, più semplice ed equo, ma è anche lottare per eliminare i paradisi fiscali.
Inoltre, secondo l’associazione dei Comuni antimafia, è fondamentale sostenere e incrementare il ruolo che gli enti locali possono avere nella lotta contro l’evasione fiscale. In un periodo di tagli dei trasferimenti e di limitazioni alla spese imposti dal patto di stabilità, è bene ricordare che grazie ad alcuni specifici accordi che si possono sottoscrivere con l’Agenzia delle Entrate, i Comuni possono vedere entrare nelle loro casse una percentuale significativa del “mal tolto” che essi, attraverso “segnalazioni qualificate”, hanno contribuito a recuperare.
Queste risorse, come è già accaduto in alcuni casi, sono state successivamente investite per il bene della collettività. C’è chi sostiene che la lotta all’evasione fiscale trova delle resistenze da parte di alcuni sindaci, secondo il rischio di perdere il consenso sociale è una situazione molto concreta. A queste persone bisogna ricordare che la scelta di candidarsi è libera, mentre chi ricopre un incarico pubblico ha dei precisi doveri verso la collettività.
Conoscere e applicare la Costituzione è il primo modo per fare -o ambire a fare- politica in modo coerente e credibile.  —
 

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