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L’Eni che sfugge al Parlamento europeo


L’ENI non regge il confronto con la società civile durante l’incontro pubblico organizzato lo scorso 5 dicembre al  Parlamento Europeo per discutere delle estrazioni petrolifere nel Caspio portate avanti dalla compagnia italiana.

Dopo anni in cui le organizzazioni della società civile internazionale, tra cui CRBM, si sono viste negare un incontro con il consorzio guidato da ENI impegnato nella costruzione del rischiosissimo progetto di Kashagan, finalmente un primo confronto c’è stato. Sfortunatamente per l’ENI, si è trattato di un incontro pubblico, in cui tutto quello che la compagnia ha detto – e non ha detto – è stato registrato e documentato.

Come anche l’uscita di scena, in gran fretta, del responsabile delle relazioni esterne dell’ENI, Leonardo Bellodi, che dichiarando “purtroppo ora devo andare..” ha lasciato in gran fretta (nella foto) l’incontro senza rispondere a nessuna delle domande delle organizzazioni non governative in sala, inclusa una rappresentante arrivata apposta dal Kazakistan, per il lancio del rapporto non governativo sugli impatti ambientali e sociali delle esplorazioni a Kashagan.

di Elena Gerebizza, Crbm

Più che sfuggente, davvero in fuga.

l’incontro pubblico era stato organizzato dai Verdi Europei lo scorso mercoledì 5 dicembre a Bruxelles.

Ascoltate le presentazioni, Bellodi ha detto “riconosco che qui c’è un problema di comunicazione”. E dopo averlo ascoltato per oltre 20 minuti senza riuscire a captare una sola informazione utile in risposta alle questioni sollevate dai relatori precedenti, i presenti non hanno potuto che concordare con lui. Il pubblico in sala, principalmente parlamentari e ong, abituato a un confronto aperto con multinazionali ben più grandi e conosciute dell’ENI, è rimasto sconcertato. Multinazionali che forse hanno più chiaro cosa significhi responsabilità sociale d’impresa, che danno più importanza al dialogo con la società civile e le comunità locali, e che sono più preparate a un confronto aperto in sedi istituzionali, quali appunto il Parlamento Europeo.

Eppure anche l’ENI ha pubblicato quest’anno il suo primo Rapporto Sostenibilità, e la sua sezione CSR occupa circa 300 persone. Ma sul sito di Agip KCO non c’è neppure un indirizzo o un numero di telefono da chiamare per avere informazioni. Non c’è la VIA del progetto di Kashagan. Non ci sono risposte per le comunità locali che vivono sulla sponda nord del Mar Caspio, in un piccolo paradiso di canneti e acque color del cielo, riserva marina protetta, che tra qualche anno rischia di trasformarsi in un inferno di zolfo proprio per mano dell’ENI. Da una compagnia al 30% pubblica è più che dovuto aspettarsi un comportamento diverso, nel rispetto dei diritti umani e ambientali, e una piena assunzione di responsabilità anche per le operazioni fuori casa.  



 





 

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