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Cultura e scienza / Intervista

L’elettronica elastica salvavita. Intervista a Luca Ravagnan

Tre giovani ricercatori dell’Università di Milano, e il loro professore, hanno inventato elettrodi flessibili e poco invasivi, fondamentali, ad esempio, per ridurre i rischi asportando un tumore

Tratto da Altreconomia 190 — Febbraio 2017
Luca Ravagnan è l’ultimo a destra, nella foto. Con lui, da sinistra, i soci nell’avventura di Wise: Cristian Ghisleri, Gabriele Corbelli e il professor Paolo Milani, ordinario di Struttura della materia al Dipartimento di fisica dell’Università di Milano

È nato da un errore di laboratorio, il progetto Wise, acronimo per “Wiringless Implantable Stretchable Electronics”. Sono circuiti elettronici integrati su gomma, utilizzabili per produrre elettrodi impiantabili nel corpo umano. Sono applicabili alla stimolazione nervosa impiegata per molteplici cure di malattie neuro-degenerative, tra cui il dolore cronico, l’epilessia e il Parkinson.
“Produciamo elettrodi flessibili, più resistenti e meno invasivi rispetto a quelli realizzati mediante le tecnologie ‘standard’ usate finora, e capaci di una migliore adesione al tessuto nervoso del corpo umano sul quale si opera la stimolazione a scopo curativo”, spiega a Altreconomia Luca Ravagnan, 38 anni, amministratore delegato della società biomedicale Wise, che ha sede a Milano e Berlino. “Wise è nata dall’ingegno italiano, perché nel nostro Paese il capitale umano e la creatività offrono un potenziale altissimo”, spiega Ravagnan, che evidenzia come decidere di non unirsi alla “fuga di cervelli” italiani all’estero è una scelta contro-corrente, che tuttavia “è possibile fare” e “ne vale la pena”. Fondata nel 2011, oggi Wise è proprietaria di due domande di brevetti internazionali  in Europa e in altri sei Paesiin tutto il mondo, ed è stata insignita di numerosi premi internazionali, tra i quali il “European Venture Contest 2014” di Berlino e il “Bocconi Start-up Day Award 2015”.

“Il monitoraggio pre-chirurgico offre al medico che opera la possibilità di ‘verificare’, durante gli interventi, la funzionalità di alcune aree del cervello, responsabili in particolare del movimento, al fine di preservarle,  evitando paralisi. Si tratta di una tecnica che è il primo focus dei nostri elettrodi”

La storia di Wise inizia all’Università…
LR Sì, mentre stavamo conducendo un esperimento riguardante i sensori di gas, presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, utilizzando delle particelle di metallo “sparate” su un foglio di vetro. Quando al posto del vetro abbiamo utilizzato della materia plastica, i risultati sono stati incomprensibili, fino a quando abbiamo capito che le particelle non rimanevano in superficie, come sul vetro, ma si impiantavano nella plastica come microscopici proiettili. Ci siamo messi a studiare e continuando a sperimentare, sostituendo alla plastica dura il silicone, abbiamo scoperto che potevamo produrre “elettronica elastica”. Abbiamo così capito che avevamo sviluppato una tecnologia applicabile a scopi utili, e nel 2011, insieme ai tre colleghi e amici, Gabriele Corbelli, Cristian Ghisleri e a Paolo Milani, professore di Struttura della materia presso il Dipartimento, abbiamo fondato Wise, con la missione di sviluppare prodotti medicali basati su questa tecnologia.

In che cosa consiste la vostra tecnologia?
LR Realizziamo e intendiamo commercializzare elettrodi capaci di migliorare tecniche mediche d’avanguardia, come il monitoraggio pre-chirurgico e la neuro-modulazione, nata mezzo secolo fa a livello sperimentale e che oggi è realtà già praticata nelle sale operatorie.
La neuro-modulazione è un trattamento basato sull’invio di segnali a terminazione nervose, al fine di far funzionare “parti corporee” danneggiate o ridurre il dolore del paziente affetto da specifiche patologie.
Il monitoraggio pre-chirurgico è invece utile a offrire al medico che opera la possibilità di “verificare”, durante gli interventi chirurgici, la funzionalità di alcune aree del cervello, responsabili in particolare del movimento, al fine di preservarle. Si tratta, quest’ultima, di una tecnica che è il primo focus dei nostri elettrodi, ed è molto importante perché offre al chirurgo, ad esempio in caso di asportazione di un tumore al cervello, la possibilità di scegliere fin dove arrivare ad intervenire con la certezza di non creare danni alla corteccia motoria e dunque evitando al paziente paralisi o altre disfunzioni.

Quali sono i rischi e quali i vantaggi della neuro-modulazione?
LR L’obiettivo della neuro-modulazione è il trattamento di malattie neuro-degenerative come il Parkinson, l’Alzheimer, ma anche in caso di lesioni del midollo spinale, alcune forme di epilessia e tumori al cervello. Si tratta dunque di patologie gravi, e quindi si rendono necessarie operazioni invasive, che possono comportare rischi.
I pazienti sottoposti a queste cure sono perciò accuratamente selezionati dai clinici, in base all’età del paziente, al suo stato di salute ed altri fattori specifici della persona e del grado della sua patologia.
A livello globale sono circa 50mila i pazienti oggi curati ogni anno con elettrodi spinali impiantati in maniera permanente per la cura del dolore cronico menetre per il trattamento del Parkinson si registra qualche decina di migliaia di pazienti. Si tratta di cure ancora “di nicchia” ma la cui pratica e studi sono sempre più diffusi.
Uno dei vantaggi della neuro-modulazione, che “tocca meccanicamente singoli tasti”,  è avere meno effetti collaterali sull’intero organismo, rispetto, ad esempio, a una cura farmacologica che ha effetti a livello sistemico nel corpo umano, dando alterazioni della sfera psichica o intaccando la funzionalità di altri organi, ad esempio, il fegato, dando problemi ai pazienti. Ci sono poi frontiere che la medicina sta esplorando e che potrebbero richiedere, in futuro, l’utilizzo degli elettrodi da noi creati. Sono state compiute, ad esempio, sperimentazioni su animali dalle quali è emersa la possibilità che la neuro-modulazione con elettrodi possa essere utile a curare parzialmente casi di cecità e tetraplegie legate a lesioni del midollo spinale. Tengo, tuttavia, a precisare che questi obiettivi non sono ancora realtà e non devono far sorgere illusioni, ma solo una speranza, in coloro che sono affetti da tali patologie.

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