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Diritti / Approfondimento

Le violazioni dei diritti umani lungo le rotte che portano in Libia e in Egitto

Rapimenti, torture e stupri sono gli abusi subiti da chi attraversa l’Africa occidentale e orientale per raggiungere il Mediterraneo e poi l’Europa. Tra il 2018 e il 2019 i decessi documentati sono stati 1.750, una media 72 morti al mese. Il report delle Nazioni Unite e del Danish Refugees Council

Migliaia di persone hanno perso la vita e hanno subito violenti abusi durante i viaggi che dall’Africa orientale e occidentale portano alle coste del Mediterraneo. Tra il 2018 e il 2019 sono morti almeno 1.750 migranti, una media di 72 decessi al mese. Per il 2020 i dati sono ancora parziali e parlano di 70 persone decedute, tra cui 30 migranti uccisi lo scorso maggio a Mizdah, a Sud di Tripoli in Libia, probabilmente da trafficanti.

Le stime sono contenute nel rapporto “On this journey, no one cares if you live or die”, pubblicato a luglio dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) insieme al Mixed migration centre del Danish Refugees Council. Redatto su una base di 16mila testimonianze, il documento riporta come la maggior parte delle persone che cerca di raggiungere il Nord del continente, per poi percorrere la rotta del Mediterraneo centrale e arrivare in Europa, sia stata vittima o abbia assistito a “comportamenti di una inenarrabile brutalità” compiuti da trafficanti, milizie e in alcune circostanze da funzionari pubblici. “A lungo gli abusi subiti da migranti che percorrono le rotte terrestri sono rimasti invisibili”, ha affermato Filippo Grandi, l’Alto Commissario. “Per proteggere le vittime e perseguire i responsabili, è necessario che gli Stati intervengano supportati della comunità internazionale”.

Le analisi dell’Unhcr e del Mixed migration centre si sono concentrate sui movimenti verso la Libia e l’Egitto individuando tre aree di partenza: l’Africa occidentale, dove dal Mali o dal Burkina Faso si tenta di arrivare in Algeria oppure in Libia, attraversando il Niger e il deserto del Sahara; l’Africa Orientale e il Corno d’Africa, che comprende le città di Atbara e El Shemaliya in Sudan, da dove partono le rotte per l’Egitto e la Libia sempre attraverso il deserto; l’Africa settentrionale dove avviene l’attraversamento del Sahara fino al Sud della Libia.

Nel 2018 e nel 2019, circa il 28% delle morti si sono verificate nel corso dei tentativi di traversata del Sahara, in particolare durante la traversata dal Niger alla Libia. I decessi sono stati registrati anche a Sabha e Qatrun nella Libia meridionale, a Sud-Est di Tripoli e lungo la rotta che attraversa l’Africa occidentale, come ad Agadez e Bamako in Niger.
Il rapporto ha documentato casi di torture, abusi, violenze fisiche e psicologiche, stupri e rapimenti. Alcune delle persone intervistate hanno riportato di essere state ustionate con olio bollente, plastica sciolta e oggetti di metallo riscaldati, di essere state legate e avere subito scariche elettriche spesso dietro la richiesta di un riscatto. Secondo le testimonianze raccolte, nel 47% dei casi le violenze fisiche sono state commesse da agenti di sicurezza, dai militari e dalla polizia di frontiera. Nel 29% sono state compiute dai trafficanti, che risultano essere i primi responsabili di violenza sessuale nella tratta dell’Africa settentrionale e orientale. Le conseguenze delle violenze proseguono dopo la fine del viaggio, si legge nel rapporto, perché le persone sopravvissute spesso soffrono di disturbi mentali a causa dei traumi subiti.

Nelle carceri in Libia, punto di arrivo, continuano a subire abusi, torture ed esecuzioni sommarie. Le testimonianze e i dati “forniti dal rapporto provano che la Libia non è un Paese sicuro. Dimostrano che non è più accettabile abbandonare persone nelle mani dei trafficanti e lasciarle nei campi di detenzione”, ha dichiarato Charlotte Slente, segretaria generale del Danish Refugees Council. Secondo i dati dell’Unhcr aggiornati allo scorso giugno, nei centri di detenzione ufficiali in Libia ci sono almeno 2.500 rifugiati e migranti. L’Ufficio delle Nazioni Unite ha denunciato gravi situazioni di sovraffollamento, carenza di cibo, di servizi igienici e di assistenza medica. “Questo non sarà probabilmente l’ultimo rapporto sulle violazioni dei diritti umani ma rafforza le prove che documentano gli abusi. Non possono essere ignorate”.

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