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Le relazioni pericolose tra banche private e cluster bombs

Un rapporto olandese svela gli intrecci tra istituti finanzari e le bombe a grappolo

IVK Pax Christi e la rete della società civile dei Paesi Bassi Netwerk Vlaanderen hanno reso pubblico un nuovo, dirompente rapporto sugli ingenti finanziamenti dei principali istituti di credito occidentali all’industria delle bombe a grappolo. Sebbene il sostegno economico e la produzione delle cosiddette cluster bombs sia stato vietato dalla Convenzione siglata a Oslo lo scorso dicembre, sono ben 138 le banche e le istituzioni finanziarie provenienti da 16 Paesi che garantiscono un totale di 20 miliardi di dollari tra investimenti e servizi di vario genere alle otto compagnie che producono questo tipo di armamenti. Metà di queste società hanno sede negli Stati Uniti, le altre operano in Corea del Sud (due), Turchia e Singapore. 

Gli impatti devastanti delle bombe a grappolo, in particolare sui civili, sono sempre più riconosciuti e documentati a livello globale. Il loro utilizzo indiscriminato va avanti da 40 anni e anche nei conflitti più recenti, pensiamo a quello in Libano, ne sono state impiegate ingenti quantità. Nella “lista della vergogna” presente nel rapporto sono menzionati istituti di credito affermati come la HSBC (capofila con circa 650 milioni di dollari di investimenti), la Goldman Sachs, la Merril Lynch, la Deutsche Bank, la JP Morgan, Citigroup, Barclays e Bank of America. L’elenco comprende anche una banca italiana, Intesa Sanpaolo, per i propri rapporti con la statunitense Lockheed Martin, una delle più grandi aziende produttrici di armi al mondo.

In attesa che la Convenzione di Oslo sia legalmente vincolante – per arrivare al limite di 30 mancano sette ratifiche da parte di 100 dei Paesi firmatari – ci sono però già Stati e istituzioni che hanno deciso di seguire i dettami dell’accordo internazionale. I Parlamenti di Belgio, Irlanda e Lussemburgo hanno già approvato delle leggi che vietano gli investimenti nelle cluster bombs, mentre i fondi pensione di Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia e numerose banche etiche di tutta Europa già da tempo hanno troncato qualsiasi legame con le compagnie produttrici.

“Le legislazioni nazionali in materia sono sicuramente molto utili, però adesso è arrivato il momento che anche le istituzioni finanziarie facciano la loro parte ed escano da questo business” ha affermato Esther Vandenbroucke, esponente di Netwerk Vlaanderen e tra gli estensori del rapporto. 

La pubblicazione del rapporto avviene in occasione del lancio di una campagna internazionale per chiedere la fine dei finanziamenti alle munizioni e alle bombe cluster.
 

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