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Economia / Opinioni

Le partnership economiche e istituzionali delle mafie

Diventa sempre più pervasiva la capacità della criminalità organizzata di penetrare i corpi sociali più rappresentativi, imprese e Comuni. L’editoriale a cura dell’associazione “Avviso Pubblico”

Tratto da Altreconomia 191 — Marzo 2017
Il centro storico di Corleone (PA) visto dalla sua rocca: il Comune è stato sciolto per mafia nell'estate del 2016 - foto tratta da http://www.addiopizzotravel.it

“Le organizzazioni di tipo mafioso nate e operanti in Italia sono oggi sempre più attori globali, con struttura organizzativa flessibile, in grado di usare nei rapporti interni o esterni all’organizzazione forme di comunicazione tecnologicamente avanzate, con fortissima vocazione economico-imprenditoriale. Esse offrono un’ampia gamma di beni, spesso di natura illecita (dalle false fatture, alla droga, ai beni contraffatti) e servizi (sicurezza, smaltimento rifiuti), operano sovente in un contesto diverso da quello del loro iniziale radicamento territoriale, ed esprimono altresì una forte vocazione all’assunzione, specie con pratiche corruttive, di partnership economiche e istituzionali”. Sono queste le parole pronunciate lo scorso 26 gennaio per descrivere lo stato del fenomeno mafioso da Pasquale Ciccolo, Procuratore generale della Corte di cassazione, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Sono due, tra gli altri, gli indicatori che dobbiamo imparare a seguire per conoscere le mafie e attivarci con strumenti e politiche di prevenzione efficaci. Il primo è quello delle cosiddette misure di prevenzione, ossia i dati sui sequestri e le confische di beni ed aziende. Spiegano come e dove investono le mafie imprenditrici. L’altro è quello sui Comuni sciolti per sospetto di infiltrazione mafiose. I Comuni, centri di potere politico ed economico, sono sempre stati oggetto di attenzione del crimine organizzato e dei colletti bianchi.

In base ai dati contenuti nell’ultima relazione presentata nel febbraio 2016 dal ministro della Giustizia e facente riferimento al mese di settembre 2015, i beni confiscati censiti dallo Stato erano complessivamente 73.753. I distretti più interessati sono risultati quelli di Palermo, Reggio Calabria, Catanzaro, Napoli e Lecce e un aumento sensibile dei procedimenti di sottrazione di ricchezze illecite ai mafiosi è emerso in Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna e Toscana. I beni assegnati allo Stato (939) sono stati utilizzati prevalentemente per finalità istituzionali (emergenze abitative, uffici comunali, scuole). Quelli assegnati ai comuni (4.782) sono stati utilizzati soprattutto per scopi sociali (sedi per associazioni, centri per minori ed anziani).

In relazione al rapporto mafia e politica, vale la pena citare l’analisi realizzata dall’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico in materia di scioglimenti di Comuni per infiltrazioni mafiose. Dal 1991 al 31 gennaio 2017 sono stati emessi 430 decreti di scioglimento, una media di 17 all’anno, più di uno al mese. Ben 51 amministrazioni locali sono state colpite da più di un provvedimento e, a partire del governo Monti, si è iniziato ad intervenire anche su Comuni in Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna. Tra gli ultimi sciolti per mafia vi sono stati quelli di Corleone (Pa) e di Nicotera (Vv).

35 è il numero di minacce e intimidazioni nei confronti di amministratori locali censite da Avviso Pubblico nel mese di gennaio. L’episodio più grave a Gioia del Colle (Ba) dove il vice sindaco, Enzo Cuscito, è stato aggredito e bastonato da due persone incappucciate e successivamente fuggite

Nel rapporto mafia e politica, negli ultimi tempi troviamo spesso coinvolta la ‘ndrangheta. Non solo in Calabria, ma anche in altri territori, come la Lombardia. In questa regione l’8 febbraio scorso il Tribunale di Milano, in primo grado, ha condannato l’ex assessore regionale Domenico Zambetti a 13 anni e mezzo di reclusione, con l’accusa di aver comprato quattromila voti dalle cosche calabresi per le elezioni regionali del 2010. Tutto questo è necessario ma non basta. Nella società, nel mondo del lavoro e delle professioni va promossa e diffusa la cultura della responsabilità, individuale e collettiva. I care insegnava don Lorenzo Milani ai suoi studenti.

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