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Le mappe che spiegano le disuguaglianze di Roma

Il quartiere di Tor Bella Monaca a Roma © Mario Vintari - Flickr

La capitale non può essere raccontata dalla dicotomia centro-periferia. Non è una sola città ma ne contiene sette, dalle zone ricche del centro fino alle enclavi della disuguaglianza dove la pandemia ha aumentato i disagi già esistenti. Tre ricercatori le hanno mappate creando una geografia sociale metropolitana

È una geografia non convenzionale della capitale quella presentata da “Le sette Rome. La capitale delle disuguaglianze raccontata in 29 mappe” (Donzelli Editore, 2021) scritto da Salvatore Monni, professore di Economia dell’ambiente e dello sviluppo presso l’Università di Roma Tre, Keti Leo, ricercatrice presso lo stesso ateneo, e Federico Tomassi, dirigente pubblico. Gli autori presentano una ricognizione della realtà romana realizzata sulla base di dati economici, urbanistici e demografici, oltre che relativi a servizi e infrastrutture. Il lavoro di ricerca ha permesso di delineare sette “città nella città” che hanno caratteristiche simili per composizione dei nuclei familiari, livelli di istruzione, tipologie occupazionali, dotazioni urbane e preferenze politiche.

Le 29 mappe a colori mostrano le profonde disparità sociali ed economiche che pervadono Roma, esasperate dalla pandemia che ha colpito con forza aree già caratterizzate da profondo disagio. Il Covid-19, infatti, si è diffuso in particolare nelle zone popolari del quadrante Est della città fuori dal Grande raccordo anulare (Gra) dove le difficoltà socio-economiche sono maggiori. L’incidenza massima c’è stata nelle case popolari e nelle borgate di origine abusiva, mentre la minima ha coinciso con la città storica e con quella ricca. C’è un numero in particolare che mostra gli effetti dell’emergenza sanitaria, mappata a partire da un’elaborazione delle forme di sostegno erogate ai cittadini tra cui il reddito di cittadinanza, la Naspi e la cassa integrazione: solo nel Municipio VI, la zona che comprendere Tor Bella Monaca e Torre Angela, la somma delle domande per i diversi tipi di sussidio (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, Naspi, bonus Covid-19) che a novembre 2020 risultavano accolte ha superato il numero di 20mila. Aggiunte le 10mila richieste autorizzate di cassa integrazione si arriva all’erogazione di oltre 30mila provvidenze, su una popolazione tra 15 e 65 anni pari a 73mila abitanti. Non a caso le zone dove il disagio è maggior sono state quelle con il maggiore numero di contagiati.

Il lavoro dei tre autori aveva portato già nel 2019 alla pubblicazione di “Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana” (Donzelli Editore). I materiali di analisi sulla città, condotte al livello di dettaglio delle zone urbanistiche, sono pubblicati anche sul sito mapparoma.info. “Le mappe ci consentono di dialogare con chi non è solito leggere i nostri articoli. Sono un linguaggio semplice e immediato”, dice ad Altreconomia Salvatore Monni. “Ci hanno fatto parlare con tutta la città. E non solo: raccontare i quartieri ci ha consentito di creare empatia con chi ci ascoltava”.

Nella vostra ricerca avete individuato sette Rome. In che modo sono state definite?
SM Il nostro lavoro di ricerca nasce nel 2016. Le mappe sono diventate un primo libro nel 2019 e nel 2021 è nato “Le sette Rome”: abbiamo preso i dati sulle zone urbanistiche raccolti negli anni e abbiamo identificato sei Rome in base alle differenze riscontrate sul territorio. Abbiamo delineato zone che si assomigliano dal punto di vista demografico economico e sociale. Ecco così la “città storica”, quella delle “testimonianze artistiche, architettoniche e archeologiche”; la “città ricca” che unisce i quartieri benestanti di Roma Nord, l’Eur e le ville dell’Appia Antica; la “città compatta” dei quartieri residenziali intensivi costruiti negli anni dell’espansione post bellica; la “città del disagio”, caratterizzata dalla presenza di case popolari e borgate nate in maniera abusiva, che noi chiamiamo l’enclave della disuguaglianze; la “città dell’automobile”, disposta lungo i principali assi di viabilità di scorrimento come il Gra, via del Mare e l’autostrada Roma-Fiumicino, e la “città-campagna” che comprende quello che resta dell’Agro Romano.

E poi la settima, la “città degli invisibili” che riprende una guida alla lettura dell’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco, scritta da Alessandra Semirilli, in cui si ricorda un aneddoto riguardante la basilica di San Francesco ad Assisi. Nella navata della basilica superiore affrescata da Giotto ci sono 28 scene sulla vita del santo. Tuttavia queste inizialmente dovevano essere 29 ma i ricchi e i notabili della città, finanziatori dell’opera, non vollero pagare la realizzazione dell’ultima scena che rappresentava il bacio di san Francesco a un lebbroso. Ecco gli invisibili sono le persone che vivono abbandonate. La città ne è piena e molte vivono nelle parti più centrali che sono anche le più ricche.

Perché si parla di “città”?
SM Ognuna di queste sei Rome ha una dimensione che la rende una città -la “città compatta”, per esempio, ha un milione di abitanti- e possiede caratteristiche tali da differenziarsi dalle altre. Per esempio la “città storica” è abitata da persone anziane, persone rimaste vedove, single e da chi è in città per affari. La “città dell’automobile”, invece, è abitata da giovani coppie con figli: spesso si sono trasferite perché hanno difficoltà a comprare una casa nei quartieri più centrali della città e si ritrovano in zone con meno servizi. Questo alimenta ulteriori disuguaglianze che finiscono per pesare in maniera maggiore sulle donne: sono più laureate degli uomini, in particolare all’esterno del Gra, ma sempre nelle zone periferiche sono meno occupate. Se mancano i servizi pubblici, è su di loro che ricade il lavoro familiare e di cura. Non solo la città presenta in sé disuguaglianze ma l’assenza di servizi sui territori determina ulteriori disparità che colpiscono soprattutto donne, giovani e migranti.

Avete mappato anche la presenza dei luoghi di socialità. Com’è la situazione?
SM Gli economisti spesso studiano la città usando indicatori tradizionali e lo abbiamo fatto anche noi. Una nostra mappa, per esempio, ha elaborato i dati del ministero delle Finanze sulla dichiarazione dei redditi e si vede che ai Parioli la stima del reddito annuo è pari a 68mila euro, mentre a Tor Bella Monaca è di 18mila euro. Tuttavia si possono usare altri indicatori non tradizionali, come il numero delle piazze che rientra nel “capitale sociale”, una forma di capitale posta al fianco del capitale fisico (le infrastrutture) e umano (il tasso di scolarizzazione). Abbiamo visto che fuori dal Gra non ci sono piazze che invece non mancano mai nelle aree più centrali e ricche dove le persone sono più occupate e c’è un alto grado di scolarizzazione. Eppure sono fondamentali perché luogo in cui si crea comunità.

Roma può essere un modello per studiare altre città?
SM Sì. Sono arrivato allo studio di Roma nei primi anni 2000 con un progetto di ricerca finanziato dall’Unione europea in cui abbiamo studiato le disuguaglianze a Roma e nelle città extra-europee. Le dinamiche della Capitale sono processi che si trovano anche in altre città italiane ma anche al di fuori del nostro Paese. A Londra, Barcellona, Los Angeles, Hong Kong, ovunque. La realtà di Roma non è solo romana ma oggi è quella delle grandi città metropolitane.

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