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Ambiente / Varie

Le mamme contro l’inceneritore

La storia del gruppo che si oppone alla costruzione del nuovo impianto di Sesto Fiorentino (FI), e che ha accolto padri, zii, nonni. Oggi conta un centinaio di attivisti e più di 3mila sostenitori, e non vuole fermarsi

Tratto da Altreconomia 176 — Novembre 2015

Con pentole, mestoli, megafoni e striscioni per fare “cacerolazo” (baccano, confusione) le “Mamme No Inceneritore” stanno mettendo in difficoltà le istituzioni toscane. La loro lotta contro la costruzione di un nuovo forno inceneritore pare inarrestabile.
“Alla fine del 2014 abbiamo saputo dello Sblocca-Italia (dl. n. 133 del 12/09/14, ndr), e della costruzione dell’inceneritore di Sesto Fiorentino (FI), in località Case Passerini -raccontano le fondatrici del movimento-. Preoccupate per la salute dei nostri figli, abbiamo cercato informazioni. I dati erano allarmanti. Abbiamo contattato altre mamme della zona, ci siamo avvicinate ai comitati locali che si occupano di tematiche ambientali e abbiamo deciso di creare un gruppo nostro, con uno scopo: bloccare la costruzione dell’inceneritore”.

Il gruppo ha accolto padri, zii, nonni, e oggi conta un centinaio di attivisti e più di 3mila sostenitori. In questi mesi le “Mamme” hanno organizzato decine di incontri con esperti e medici, manifestazioni, presidi, un concerto (nel giugno 2015, oltre 5mila partecipanti) nell’area verde delle Piagge, quartiere periferico di Firenze adiacente al luogo dove sorgerà l’impianto.
“Un successo inaspettato -spiega Fiammetta, una delle Mamme-. Più un’idea ci sembra assurda più vogliamo realizzarla. È così che abbiamo organizzato l’incontro del 7 ottobre scorso a Sesto Fiorentino dello Zero Waste Dream Tour”, con relatori internazionali come Charles Moore, Paul Connet, Richard Anthony, Ruth Abbe, Tom Wright, di fronte a più di 500 persone, per parlare della campagna “Zero Waste, verso rifiuti zero”.
“Tra di noi ci sono medici, docenti, libere professioniste, casalinghe, disoccupate, pensionate, persone con figli e non- ci racconta Fiammetta-. Ognuna mette a disposizione le proprie capacità. Abbiamo studiato per capire quali alternative esistono all’incenerimento. Poi abbiamo iniziato a informare gli altri insieme a docenti, esperti, studiosi”.

Le “Mamme No Inceneritore” chiedono l’apertura, da parte delle Istituzioni, di un tavolo di confronto con tecnici indipendenti, per una valutazione comparativa tra l’incenerimento dei rifiuti e un progetto che preveda raccolta differenziata porta a porta, tariffazione puntuale e distretto del riciclo con impianto di smaltimento a freddo. È così che il 24 luglio di quest’anno hanno incontrato il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che, dopo averle ascoltate, ha deciso di non mettere comunque in discussione il progetto di costruzione dell’inceneritore di Case Passerini, pensato per bruciare 198.000 tonnellate annue di rifiuti -tra rifiuti solidi urbani (RSU) e rifiuti speciali non pericolosi-. Progettato nel 2000, il forno è stato ripreso dalla Qthermo Srl -che mette insieme Quadrifoglio, al 60%, che si occupa dello smaltimento dei rifiuti nell’area fiorentina, ed Hera, al 40%, multiutility italiana con base a Bologna- e legato all’idea che la produzione di rifiuti sia in aumento.

I dati, però, mostrano il contrario. Secondo il rapporto Rifiuti Urbani 2014 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), gli Stati dell’Ue hanno registrato una flessione annua della produzione di RSU del 2,4% (dato 2012), confermando un trend degli anni precedenti riscontrato anche in Italia e in Toscana (-10,10% dal 2009 al 2013). Un calo dovuto solo in parte alla crisi economica. Le analisi dell’ISPRA che mettono in relazione la spesa per consumi finali delle famiglie con la produzione di rifiuti, infatti, mostrano una dissociazione fra i due parametri (tra il 2007 e il 2012 la spesa per consumi finali delle famiglie è stata -0,7%, mentre la produzione di rifiuti ha subito una diminuzione del 5,6%). Sembra quindi che si stiano affermando nuovi modelli di consumo e di produzione, più attenti alla riduzione dei rifiuti, come imposto dall’Ue.
Anche la produzione di rifiuti speciali non pericolosi (costituiti da scarti di lavorazione spesso riciclabili all’interno dello stesso ciclo industriale, come dimostrato da diversi progetti, tra cui ECO-PULPLAST, finanziato dall’Ue), che in Toscana si attesta a 10,3 milioni di tonnellate annue (dati ISPRA 2012), non giustifica un nuovo inceneritore. La giunta regionale, infatti, per mantenere in massima attività quelli esistenti, ha già autorizzato il trasferimento di 25mila t. annue di rifiuti indifferenziati dalla Liguria agli inceneritori della provincia di Massa-Carrara e di di 800 t. al giorno fino al 30 settembre di rifiuti urbani e scarti di lavorazione dalla Calabria agli altri inceneritori.
Un’altra questione importante è quella dello smaltimento dei residui prodotti dalla combustione dei rifiuti, che contengono elementi  molto dannosi per l’ambiente, come spiegato nell’articolo “Utilizzo delle scorie da incenerimento di rifiuti e rischi per la salute e l’ambiente” (Di Ciaula A e Gentilini P , Professione & Clinical Governance 2011, 6:7). “Nel nostro Paese le scorie pesanti, nonostante la loro composizione tossica, vengono definite rifiuti speciali non pericolosi- vi si legge- […] (Ma in realtà le scorie) sono caratterizzate da un elevato contenuto di prodotti chimici estremamente tossici, il cui rilascio nell’ambiente può generare conseguenze gravi sulla salute umana. Inoltre, quando incorporate nel cemento, le caratteristiche fisiche di questo vengono alterate in maniera direttamente proporzionale alla quantità di scorie impiegate […]”.
Per quanto riguarda l’impianto di Case Passerini, la Quadrifoglio afferma che la questione è ancora in via di definizione. Il responsabile della Direzione Impianti, l’ingegner Franco Cristo, spiega che “ci vorranno 3 anni prima che l’impianto produca scorie, per cui tutte le valutazioni sul loro smaltimento sono rinviate all’inizio dei lavori, anche se si sta pensando al loro riuso in conglomerati cementizi e laterizi per diminuire ciò che andrà nelle apposite discariche nazionali”.
Infine, anche da un punto di vista sanitario, gli inceneritori preoccupano. Come ribadito dall’ISDE-Medici per l’Ambiente, infatti, “esiste una vasta letteratura scientifica che mostra la nocività delle emissioni dei nuovi inceneritori nel breve e nel lungo periodo per le persone e per l’agricoltura”.
Le perplessità sono molteplici, non solo per i cittadini. Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente, spiega come le Regioni, in sede di Conferenza Stato-Regioni, abbiano chiesto nel settembre 2015 al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti di ridefinire l’articolo 35 dello Sblocca-Italia sulla base dei reali piani regionali di gestione dei rifiuti, che presenteranno entro fine anno.
“Nel 2016 la situazione potrebbe cambiare- afferma Ciafani- perché i dati sui rifiuti su cui ha lavorato il Governo non sono esatti. Inoltre è interessante politicamente che le Regioni si siano ribellate”. Così com’è interessante sottolineare che l’Emilia-Romagna (dove hanno sede due delle più grandi aziende coinvolte nella costruzione degli inceneritori) abbia approvato a fine settembre un piano che introduce tariffazione puntuale, incentivi ai Comuni più virtuosi, premi alle imprese che smaltiscono meglio e obiettivi di raccolta differenziata al 73% entro il 2020, con riduzione del 25% della produzione pro capite di rifiuti, riciclaggio al 70%, contenimento delle discariche e autosufficienza regionale. Un cambio che potrebbe portare la Regione “a spegnere qualche inceneritore”, come dichiarato dal presidente Stefano Bonaccini.

Più cauto Marco Boschini, coordinatore dell’associazione Comuni Virtuosi. “Non credo ci sia un forte scollamento tra le proposte del Governo e quello che è il pensiero della maggioranza- afferma-. I Comuni virtuosi che vanno contro la logica degli inceneritori ci sono, sono in crescita, ma sono una minoranza. La nostra associazione si occupa di mappare, far conoscere e valorizzare le buone pratiche per la tutela dell’ambiente, affinché diventino un esempio per tutti. Ma purtroppo ancora oggi molti cittadini pensano che gli inceneritori siano l’unica soluzione per i rifiuti indifferenziati. Un sindaco che difende l’interesse della comunità, rompe il muro omertoso di coloro che approvano a prescindere le direttive date dall’alto e dà problemi, perché dimostra che ci sono alternative”.

Le stesse alternative di cui parlano le Mamme No Inceneritore e Rossano Ercolini, maestro elementare, vincitore del Goldman Environmental Prize 2013. “Mentre in Italia gli inceneritori sono finanziati dai cittadini- in virtù di una delibera del 1992 del Comitato interministeriale dei prezzi- in Europa l’incenerimento dei rifiuti è tassato- ci racconta-. Il residuo della raccolta differenziata può essere recuperato attraverso degli impianti a freddo che recuperano più del 70%”.
Le buone pratiche per la riduzione dei rifiuti sono il tema della SERR -Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (21-29 novembre envi.info).

Legambiente è nel comitato promotore e conferma gli ottimi risultati. “Ogni anno emergono storie uniche, che anziché rimanere confinate nel loro territorio- racconta Ciafani- diventano patrimonio nazionale. Ci auguriamo anche per il 2015 di raggiungere il traguardo di Paese europeo con più progetti partecipanti, in attesa che il governo si accorga che l’Italia è pronta per un cambiamento nella gestione dei rifiuti”. —

Il forno di Lecco
A trent’anni dalla costruzione del forno inceneritore di Valmadrera (LC), i cittadini della provincia di Lecco potrebbero finalmente avere l’occasione di conoscere gli effetti sulla salute pubblica dell’impianto gestito dalla società “in house” Silea Spa, partecipata da 90 Comuni. È stato il giovane “Coordinamento Rifiuti Zero Lecco” (https://rifiutizerolecco.wordpress.com), infatti, a proporre a tutti i Comuni interessati di reperire presso le Aziende sanitarie locali (Asl) del territorio i dati utili per le analisi delle ricadute. Il Comune di Civate (LC) ha nominato Paolo Crosignani, ex direttore dell’Unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto dei tumori di Milano, quale perito di parte per gestire al meglio la ricerca epidemiologica. Non è l’unico fronte aperto: per poter mantenere in attività il forno -che ha una capacità di incenerimento compresa tra 91mila e 123mila tonnellate annue- Regione Lombardia ha vincolato (a metà settembre 2014) il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) alla realizzazione di una rete di teleriscaldamento per “recuperare” il calore prodotto dall’incenerimento. 50 milioni di euro di investimento per 250 allacci (200mila euro l’uno), concentrati soprattutto nel capoluogo lecchese, ed un “microtunnel” di 200 metri sotto l’alveo del fiume Adda. Una decisione che per il Coordinamento comprometterebbe i già deludenti dati sulla raccolta differenziata in provincia (al 60,8% nel luglio 2015 quando il Piano rifiuti provinciale prevedeva il 62,8%). (duccio facchini)

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