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Interni / Intervista

Le mafie a Milano e quello che non vogliamo vedere

Negli anni recenti il capoluogo lombardo è stato celebrato per la crescita economica che solo il Covid-19 avrebbe fermato. Meno dibattute, invece, il radicamento delle organizzazioni criminali e i flussi illeciti di denaro. In “Milano sotto Milano” il giornalista Antonio Talia analizza i rischi e va oltre la superficie

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“Non riesco a togliermi dalla testa che nei prossimi anni si svolgerà una battaglia sottotraccia per disputarsi l’anima di Milano”. Con queste parole si chiude “Milano sotto Milano”, il saggio firmato dal giornalista Antonio Talia -pubblicato a metà settembre da Minimum Fax- che racconta gli anni Dieci del nuovo millennio all’ombra della Madonnina attraverso una serie di fatti di cronaca: omicidi, incendi di depositi di rifiuti nelle periferie cittadine, truffe, arresti, traffico di droga. Una cronaca che si intreccia con il racconto di una città che (prima e dopo Expo 2015) ha attraversato un apparente “momento di grazia”, piazzandosi sistematicamente nei piani alti delle classifiche sulle global cities stilate dai quotidiani finanziari internazionali e registrando una crescita economica superiore rispetto a quella nazionale: + 9,7% tra il 2014 e il 2019 rispetto al +4,6% .

“A mio avviso Milano sta per rientrare nello stesso tipo di sviluppo, di pattern, che hanno già attraversato altre grandi città europee come Londra, Bruxelles e, in parte, Berlino. Sono quei momenti in cui si verificano tutta una serie di condizioni che favoriscono l’arrivo di capitali, i prezzi delle case crescono e si costruiscono nuovi pezzi di città. Al tempo stesso, però diventa sempre più difficile capire da dove arrivano questi flussi di capitali -spiega Talia-. Nei prossimi anni Milano continuerà a mantenere una sua capacità di attrazione. Ma, anche per effetto della crisi causata dall’epidemia da Covid-19, si rischia di essere meno attenti a questi flussi di capitali. Mentre invece è importante vigilare e provare a capire che cosa può succedere”.

Chi sono i protagonisti di questa Milano “sotterranea”?
AT È interessante, ma non troppo sorprendente, osservare che ci sono molti meno gradi di separazione di quelli che immaginiamo tra chi sta conducendo un’esistenza apparentemente normale e ambienti o condotte criminali. C’è una situazione molto liminale, ambienti diversi ma che in realtà si parlano. Penso, ad esempio, a una delle storie raccontate nel libro, quella “banca clandestina” di Corso Indipendenza. Qui finivano i proventi che arrivavano dal mondo della droga tramite due boss della camorra. E i clienti erano, tra gli altri, un imprenditore ex marito di Valeria Marini, starlette del mondo della tv, un ex responsabile dell’urbanistica del Comune di Milano e vari immobiliaristi. È uno dei molti casi che evidenzia come questi due mondi si parlino e, spesso, stiano molto più spalla a spalla di quanto si possa pensare.

Nel suo libro ripercorre una serie di fatti di cronaca degli anni Dieci che hanno trovato (più o meno) spazio nelle cronache cittadine. E che tracciano un quadro un meno rassicurante della città rispetto a quello della narrativa mainstream sui successi di Milano. Eppure, di mafia si è parlato poco in campagna elettorale. Come si spiega questo silenzio?
AT
 Ci sono dei candidati che stanno portando avanti questi temi con proposte interessanti. Penso ad esempio alla proposta di istituire una commissione consiliare antimafia permanente all’interno del Consiglio Comunale. E alla proposta di istituire un registro dei titolari effettivi per evitare che il Comune di Milano si trovi a trattare con soggetti domiciliati in paradisi fiscali o che non hanno un sufficiente indice di trasparenza.

Quindi, per certi aspetti, il tema c’è. Ma è vero che non è così presente come dovrebbe essere. Milano è una città in cui i reati violenti sono in diminuzione da oltre 15 anni, quindi non c’è un allarme sociale. Al tempo stesso, nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre 2020 si parla chiaramente di imprese a partecipazione criminale e tentativi di infiltrazione: reati che non destano particolare allarme sociale e che rischiano di sparire dal dibattito pubblico. È compito della stampa e della politica far capire che questo tipo di reati è ancora più pericoloso di quelli che invece fanno più rumore.

La cronaca nera e quella giudiziaria ci possono offrire strumenti per interpretare la città al di là dei singoli episodi?
AT Queste due forme di giornalismo sono molto importanti, ma bisogna provare a staccarsi dal racconto di casi singoli per provare a offrire ai lettori e agli spettatori dei Tg una visione di insieme. Ci sono stati casi di cronaca abbastanza eclatanti che hanno tenuto banco sui giornali per mesi: penso al caso della cosiddetta “coppia dell’acido” (Alexander Boettcher e Martina Levato, i due sfiguravano con l’acido gli ex fidanzati della donna, ndr) o alla vicenda di “Terrazza sentimento” (Alberto Genovese, imprenditore, accusato di stupro ai danni di due ragazze, ndr): due vicende orribili, ma che grattano appena la superficie. Ci parlano di un uso diffuso delle sostanze stupefacenti, ma non si analizza in profondità il fenomeno per andare a costruire una visione d’insieme.

Uno dei punti di forza delle mafie e della criminalità organizzata è la capacità di cambiare pelle, di adattarsi ai cambiamenti della società. È già possibile cogliere i cambiamenti in atto post pandemia da Covid-19?AT Purtroppo sì. C’è stata un’indagine di Confcommercio pubblicata poco dopo la fine del primo lockdown da cui emerge che il 5% delle agenzie immobiliari di Milano e dell’hinterland hanno ricevuto proposte di aiuto economico da parte di persone sconosciute. Una percentuale che sale al 10% per le attività di ristorazione e che sale ancora in caso di proposte di acquisto a un valore inferiore rispetto a quello di mercato. Nulla di nuovo, ma è una mutazione che l’epidemia sta accelerando. Occorre vigilare non solo con gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine e degli inquirenti, servono altri strumenti amministrativi. Locali che cambiano gestione o che svolgono lavori di ristrutturazione ogni pochi mesi sono campanelli d’allarme che devono essere colti.

I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la partita degli scali, le Olimpiadi invernali del 2026: rischiano di attrarre anche gli interessi della criminalità organizzata. Milano oggi ha gli anticorpi -investigativi, politici e sociali- per evitare infiltrazioni?
AT Credo di sì. Di base ci sono sia gli strumenti politici sia quelli giudiziari per farlo. Tutto sta nell’aumentare la percezione di questi problemi sia a livello politico sia a livello giornalistico e non accontentarsi di questa idea di una Milano scintillante che attira investimenti. A volte si sceglie di chiudere gli occhi e non farsi troppi domande.

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