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Ambiente

Le infrastrutture strategiche secondo l’Ue

Si chiamano PIC e non saranno certamente indolore per l’ambiente e per il territorio italiano. Sono i Progetti d’Interesse Comune individuati dall’Unione europea, contenuti tra le infrastrutture del pacchetto energia a valenza strategica per i Paesi del Vecchio Continente. Oltre 300 infrastrutture europee, tra le quali ben 56 coinvolgono l’Italia.

Una proposta di regolamento attualmente in discussione al Parlamento europeo avviata un anno fa. Ma che oggi sembrerebbe essere arrivata alle battute finali, dopo quasi 365 giorni di sviluppo in sordina.

Infatti – dopo l’individuazione di quelli che vengono definiti potenziali “corridoi prioritari” come gasdotti, oleodotti, elettrodotti, depositi e stoccaggio del gas – si dà la possibilità a comitati e cittadini di poter presentare una sorta di osservazioni sottoforma di commento. Entro e non oltre il 4 ottobre 2012, ovvero domani. In sostanza, con i PIC, l’Unione europea individua per tutti gli Stati membri una serie di infrastrutture energetiche indispensabili, da regolamentare e ai quali destinare finanziamenti mirati già nel 2014.

Parliamo di oltre 300 infrastrutture europee, tra le quali ben 56 coinvolgono l’Italia. Tutti pienamente in linea con la Strategia energetica nazionale sponsorizzata dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, in dirittura di arrivo entro la fine del 2012. Soprattutto per quanto riguarda i 16 progetti destinati alla rigassificazione, al trasporto e allo stoccaggio del gas.

Nell’elenco, messi nero su bianco, sono in corso di valutazione strategica i progetti di stoccaggio di gas di Bagnolo Mella, in provincia di Brescia (Edison Stoccaggio, GDF Suez Energia Italia, Retragas e Storengy S.A), di San Potito e Cotignola, in provincia di Ravenna (Edison Stoccaggio), di Grottole e Ferrandina, in provincia di Matera (Geogastock spa), di Cornegliano, in provincia di Lodi (Ital Gas Storage) e di Bordolano, in provincia di Cremona (Stogit spa); i rigassificatori di Porto Empedocle in Sicilia, di Livorno in Toscana, di Falconara Marittima nelle Marche e di Gioia Tauro in Calabria. Così come i gasdotti nazionali ed internazionali Rete Adriatica (da Brindisi a Minerbio), Galsi (Algeria-Piombino, via Sardegna), South Stream (Mar Nero-Otranto), Igi-Poseidon (Grecia-Otranto), compreso il Trans Adriatic Pipeline (TAP). Una mega conduttura da 800 chilometri che trasporterà gas azero dal mar Caspio, attraversando Grecia, Albania e Mar Adriatico fino all’Italia meridionale. Il troncone italiano consisterà in un gasdotto di 50 chilometri (45 in mare e 5 in terraferma, in un’area di circa 92 mila metri quadrati), con terminale tra San Foca e Torre Specchia Ruggeri nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce. Un’opera dalla portata annua di 20 miliardi di metri cubi di gas che gli azionisti del progetto (la svizzera EGL, la norvegese Statoil e la tedesca E.ON Ruhrgas) considerano indispensabile per “una maggiore sicurezza di approvvigionamento per il mercato europeo” del gas.

Quello che del resto sostengono Enel – interessata al trasporto del gas tramite il TAP – ed il Governo italiano che, a margine dell’assemblea generale dell’Onu svoltasi nei giorni scorsi a New York, ha ratificato l’accordo definivo con Albania e Grecia. Non la pensano, però, allo stesso modo dalla Regione Puglia, il cui Comitato Via ha espresso parere negativo nella proceduta di Valutazione d’impatto ambientale, giudicando l’infrastruttura “un intervento fortemente impattante per il territorio eppure corredato di una documentazione non sufficientemente dettagliata in ordine alle conseguenze che lo stesso avrebbe per il territorio, in relazione alle realtà paesaggistico-ambientali e storico-culturali del Canale d’Otranto e del territorio nel Comune di Melendugno che insieme al comune di Vernole avevano espresso parere sfavorevole all’opera. Il comitato ha fatto sue le perplessità contenute nei pareri dei Comuni e delle osservazioni della ConfCommercio di Lecce e dell’associazione Tramontana”.

Insomma, mentre la Regione Puglia – per bocca dell’assessore all’Ambiente, Lorenzo Nicastro – difende la sua contrarietà al fine di “tutelare il proprio territorio da un’aggressione su più fronti in nome di una autonomia energetica del Paese che ha tutto il sapore di una corsa allo sfruttamento esasperato delle fonti fossili”, il Governo italiano firma accordi internazionali in senso contrario, ignorando il parere delle amministrazioni locali e dei territori, che intendono portare avanti la battaglia. Infatti, il Comitato No Tap – da quasi un anno portavoce del malcontento cittadino – dopo aver raccolto oltre 5000 firme intende “fare pressione a livello ministeriale, allargando il nostro ambito di azione, ancor più stimolati a non permettere che l’interesse di pochi abbia la meglio sulla collettività e sul nostro territorio”.

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