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Diritti

Le fatiche dell’F-35

Secondo un report ufficiale ottenuto dal blog “War is boring”, il nuovissimo e costosissimo caccia -sul quale hanno scommesso diverse aeronautiche- s’è dimostrato in scontro ravvicinato chiaramente inferiore ad un jet come l’F-16, sviluppato negli anni ’70 del Novecento. L’analisi del nostro Francesco Vignarca

Grazie all’ottimo lavoro di David Axe per il suo blog “War is boring” su medium.com in queste ore stanno circolando i commenti di un pilota militare che avuto l’opportunità di salire sul caccia F-35 prodotto dalla Lockheed Martin.
 
Il giudizio è davvero negativo e dovrebbe far sobbalzare dalla sedia più di un sostenitore del caccia americano: il nuovo cacciabombardiere ancora in sviluppo non sarebbe in grado di deviare lateralmente e prendere quota abbastanza velocemente da permettergli di colpire un aereo nemico in combattimento. E nemmeno per essere in grado di evitare fuoco ostile.
 
Considerazioni pesanti e nette che, secondo un report ufficiale ottenuto da “War is boring” derivano da esperienze svolte durante un test di inizio 2015 in cui sono stati simulati anche combattimenti diretti, definiti in termine tecnico "dogfight”, con un vecchio F-16. Uno di quegli aerei che il nuovo F-35 dovrebbe andare a sostituire nei prossimi anni nell’ambito delle aeronautiche militari di diversi Paesi.
 
I due jet sono stati coinvolti in esercitazioni di scontro che l’Air Force Usa ha implementato specificamente per testare le capacità del JSF in un combattimento a corto raggio comprendenti anche alti “angoli di attacco” e situazioni di configurazione avvicina definite “aggressive”. Per il pilota dell’F-35 il risultato è stato evidenziare tutti i principali problemi di design e sviluppo del nuovo caccia. Secondo Axe, che ha potuto visionare direttamente il report, le cinque pagine scritte dal pilota sono “una litania di critiche aerodinamiche nei confronti dello scomodo JSF”.
 
Nel valutare le considerazioni espresse va inoltre notato come le configurazioni dei due aerei fossero differenti: mentre l’F-35 era in una situazione più “leggera” e senza carico di bombe, l’F-16 era al contrario in una condizione di alto carico complessivo e quindi sicuramente in una situazione di svantaggio aerodinamico forte per un tipo di combattimento del genere. Secondo il pilota che ha condotto il test non ci sarebbe alcun motivo valido per infilarsi in un continuato scontro di manovre ravvicinate con un altro aereo, trovandosi ai comandi di un F-35. Il problema è che forse questo sarebbe l’obiettivo di un eventuale nemico, soprattutto se diventasse ancora più esplicito e conclamato questo punto debole.
 
Solo in un caso, ponendosi ad angoli di attacco estremi, il caccia F-35 è risultato efficace nell’attaccare l’aereo avversario, ma con una manovra così delicata e divoratrice di energia da lasciare il pilota senza alcuna opzione successiva una volta effettuata. In pratica il caccia dal costo multimilionario avrebbe “un solo colpo” a disposizione in un eventuale scontro ravvicinato.
 
In realtà questi problemi non sono novità: da tempo diversi commentatori hanno sottolineato la debolezza dei velivoli Joint Strike Fighter in condizioni di scontro ravvicinato. Io stesso ho condotto un’analisi precisa in tal senso nel libro “F-35 l’aereo più pazzo del mondo”, facendo eco ad un’analisi della Rand Corporation già del 2008: “il caccia F-35 non può girare, non può salire, non può correre”.
 
La differenza ovvia delle critiche odierne risiede nella provenienza: un documento ufficiale dell’Air Force statunitense scritto da un pilota che ha provato direttamente a volare sul caccia. E con sottolineature soprattutto sull’ambito direttamente militare del problema, certamente derivante da una fallimentare situazione tecnica (ricordiamo in particolare il limite di peso ormai già raggiunto da tutte le versioni del caccia). E senza dimenticare gli usuali dettagli comici: il pilota ha addirittura avuto difficoltà a muoversi nella cabina di pilotaggio per le eccessive dimensioni dell’elmetto.
 
Il risultato in definitiva è che il nuovissimo e costosissimo F-35 (aereo su cui hanno scommesso tutto diverse aeronautiche) s’è dimostrato in scontro ravvicinato chiaramente inferiore ad un jet come l’F-16, sviluppato negli anno ’70 del Novecento.
 
I fautori del programma Joint Strike Fighter sicuramente cercheranno di replicare a queste clamorose affermazioni dicendo che il cacciabombardiere sognato come “stealth”, cioè invisibile ai radar, è stato sviluppato per poter colpire a distanza. Peccato che questo tipo di tecnica di combattimento (chiamata BVR Beyond Visual Range) ad oggi rimanga solo un bel sogno nei manuali di tattica militare aeronautica e che invece il tipo di missioni sempre di più previsto nei conflitti di oggi e del prossimo futuro preveda soprattutto un contatto diretto con aerei nemici.
 
Le preoccupazioni per Lockheed Martin ed amici del Pentagono sono quindi destinate a crescere, perché anche il “timing” di queste rivelazioni risulta essere per loro molto problematico. Secondo i programmi infatti proprio in questo luglio 2015 dovrebbe essere dichiarata la prima operatività iniziale degli aerei in versione B, quella a decollo corto ed atterraggio verticale, sviluppata per in particolare per il Corpo dei Marines e per le portaerei. Una corsa contro il tempo e contro i problemi tecnici se pensiamo che un Report dello scorso marzo del Direttore delle operazioni di valutazione del Pentagono (DOT&E) ha evidenziato come la situazione oggettiva non rendeva possibile un tale passo, atteso da molto e fondamentale per lo sviluppo dei prossimi anni di produzione dell’aereo. Non per nulla Lockheed Martin sta lavorando a marce forzate e solo lo scorso 22 giugno ha fornito all’USMC l’ultimo aggiornamento del sistema ALIS (Autonomic Logistics Information System) cioè il “cervello dati” di tutti i JSF e la componente chiave non solo per raggiungere davvero le capacità operative iniziali (IOC) ma anche per rendere gli F-35 l’aereo di superiorità promesso.
 
Sembra però che l’F-35 non sia pronto per il suo palcoscenico naturale, cioè un vero combattimento, e nemmeno per qualche vetrina prestigiosa. Lo dimostra anche l’assenza al recentissimo salone aeronautico militare di Le Bourget a Parigi, “buco” che fa il paio con la clamorosa e discusso forfait dell’ultimo minuto alla fiera di Farnborough nel Regno Unito dello scorso anno.
 
Una collezione di brutte figure che, purtroppo, (anche) noi stiamo continuando a pagare. Con un conto salato.

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