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Le donazioni di vaccini anti-Covid-19 “gonfiano” i fondi per la cooperazione

I dati Osce fotografano per il 2021 una crescita del 4,4% degli aiuti per lo sviluppo globale ma l’aumento è legato a stanziamenti e donazioni di vaccini per la lotta alla pandemia. L’Italia passa da 4,2 a 6 miliardi di dollari, dove però vengono conteggiate anche le risorse per l’accoglienza dei rifugiati. L’analisi di Oxfam

Intervento di Oxfam in Etiopia nel 2012 per prevenire la crisi alimentare © Pablo Tosco / Oxfam

Crescono gli stanziamenti dei Paesi donatori per l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) ma solo sulla carta. È quanto emerge dall’analisi effettuata da Oxfam sui nuovi dati rilasciati dall’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per il 2021. La spesa complessiva per gli aiuti stanziati dai 30 Paesi “donatori” dell’Osce è stata di 179 miliardi di dollari, in crescita del 4,4% rispetto al 2020. “Si tratta di un aiuto gonfiato -spiega però ad Altreconomia Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia sulla finanza per lo sviluppo-. In quella cifra, infatti, sono compresi anche stanziamenti straordinari, come quelli fatti dai vari Paesi per sostenere la lotta al Covid-19. Se questi interventi non fossero stati contabilizzati, l’incremento nel 2021 rispetto all’anno precedente sarebbe stato dello 0,6%”. Complessivamente nel corso del 2021 i Paesi ricchi hanno destinato appena lo 0,33% del loro Reddito nazionale lordo (Rnl) agli aiuti allo sviluppo, ben al di sotto dello 0,70%, soglia che gli Stati si erano impegnati a raggiungere nel lontano 1970 e che rappresenta uno degli obiettivi fondamentali dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Appena cinque i Paesi che hanno mantenuto questa promessa: Lussemburgo, Norvegia, Germania, Svezia e Danimarca.

I dati Osce evidenziano come gli Stati abbiano conteggiato nei budget nazionali destinati alla cooperazione allo sviluppo le donazioni di dosi di vaccini contro il Covid-19, i finanziamenti al Fondo globale per la lotta alle pandemie, all’iniziativa Gavi alliance e all’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms). Per quanto riguarda i vaccini, inoltre, Oxfam evidenzia come oltre 350 milioni di dosi (su un totale di 857 milioni) provengano da scorte acquistate dai singoli Paesi per far fronte alle proprie necessità sanitarie, offerte poi ai Paesi più poveri spesso in prossimità della scadenza e senza supporto per la conservazione e la distribuzione. Emblematico è il caso dell’Italia che ha donato 33 milioni di dosi: “Questo ha messo in grande difficoltà i Paesi beneficiari -spiega Petrelli-, che avendo sistemi sanitari fragili non riescono a mettere in piedi campagna vaccinali diffuse in poco tempo e senza un calendario certo e concordato”.

Gli stanziamenti straordinari per l’emergenza Covid-19 hanno pesato in maniera significativa sullo “sforzo” italiano per l’aiuto pubblico allo sviluppo, passato dai 4,2 miliardi di dollari del 2020 ai 6 miliardi del 2021, ossia dallo 0,22% allo 0,28%. Un dato che pone il nostro Paese, ancora una volta, sotto la media dei Paesi europei (che arriva allo 0,49% per un valore assoluto pari a 81 miliardi di dollari). “I fattori di crescita dall’aiuto pubblico allo sviluppo italiano nel 2021 sono tutti episodici -sottolinea Petrelli-. Mancano cioè di prevedibilità, programmabilità nel tempo e quindi di efficacia nel medio periodo. Nel 2021, ad esempio, è stato contabilizzato l’importo legato alla cancellazione del debito della Somalia, un altro esempio di operazione che avviene una tantum”. Inoltre, aggiunge Petrelli, non è completamente corretto valutare questa operazione come aiuto allo sviluppo: “La cancellazione del debito è un’operazione che sicuramente porta un beneficio al bilancio dello Stato, ma se non è collegata a condizionalità positive raramente si traduce in iniziative concrete a favore della popolazione e capace di generare sviluppo”.

A incidere (e non poco) sul “bilancio Aps” dell’Italia sono le spese registrate sotto la voce “costo dei rifugiati nel Paese donatore”, passate dal 229 milioni di dollari nel 2020 a 556 milioni nel 2021. “Si tratta di un ‘circolo vizioso’ che denunciamo da anni, ma che non accenna a interrompersi  -continua Petrelli-. Mentre da una parte siamo di fronte ad una migliore capacità di rendicontazione dei costi dei rifugiati, dall’altro si continua a non stanziare risorse aggiuntive per l’accoglienza in Italia, sottraendo così risorse indispensabili per affrontare crisi umanitarie sempre più gravi nei Paesi all’origine dei flussi migratori”.

La crisi Ucraina e l’importante flusso di rifugiati che hanno già lasciato il Paese per cercare protezione in Europa provocheranno, verosimilmente, un ulteriore rialzo dei “costi per l’accoglienza” contabilizzati come aiuto allo sviluppo.  “Neppure per affrontare la più grave crisi migratoria in Europa dalla Seconda guerra mondiale, il governo ha deciso di stanziare risorse aggiuntive, rispetto al budget destinato alla cooperazione. Al contrario si è deciso di aumentare la spesa militare senza tener conto di quanto l’aiuto allo sviluppo sia cruciale anche per scongiurare nel medio termine nuove crisi -conclude Petrelli-. In questo scenario la crisi ucraina potrebbe avere quindi un impatto considerevole nella riduzione degli aiuti in tutta Europa. Una quota consistente di aiuti per affrontare la crisi siriana, ad esempio, sono già stati reindirizzati per sostenere l’accoglienza dei rifugiati ucraini nell’Unione. Ci troviamo quindi di fronte al paradosso in cui i Paesi europei potrebbero diventare i maggiori beneficiari dei propri aiuti”.

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