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Lavoro, se i dati del Governo non sono attendibili

Dopo gli annunci della scorsa settimana, l’esecutivo ha diffuso i numeri sulle nuove attivazioni di contratti di lavoro. Cresce il tempo indeterminato ma anche le cessazioni (più 75mila) e il ricorso ai contratti a termine resta predominante. Stando alle regole dello stesso ministero, inoltre, le cifre sarebbero state diffuse prematuramente, esponendole così ad "errori costanti" 

Il 26 marzo scorso il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è presentato raggiante al ministero delle Infrastrutture: “bruciando” il collega Giuliano Poletti ha anticipato i dati “davvero sorprendenti” sui “contratti a tempo indeterminato siglati nei primi due mesi dell’anno”, in fase di imminente pubblicazione. Poche ore dopo il ministro del Lavoro ha rincarato attraverso una nota ripresa da tutti gli organi di informazione: “Poletti: in due mesi 79mila contratti a tempo indeterminato in più” (Il Sole 24 Ore), “Poletti: ‘Un milione di posti di lavoro? Un ‘numerone’, ma ci sono sintomi’” (Ansa), “Poletti, 79mila contratti a tempo indeterminato in soli due mesi” (la Repubblica). 
 
Il fine settimana, però, è trascorso senza alcun dato riscontrabile. Prova ne è il fatto che soltanto ieri, lunedì 30 marzo, il ministero ha pubblicato uno stringato comunicato che recita così: “A seguito dell’interesse suscitato dai dati sulle attivazioni complessive di contratti e sulle attivazioni di contratti a tempo indeterminato nel periodo gennaio-febbraio 2015 […], il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha predisposto tabelle che forniscono dati estratti al 16 marzo 2015 dal sistema delle comunicazioni obbligatorie”.
 
Stando alle “tabelle” del ministero (“al netto del domestico e della Pubblica amministrazione”) l’incremento delle attivazioni a tempo indeterminato è certa: 78.927 attivazioni in più paragonando il bimestre 2014 (224.721) a quello di quest’anno (303.648). Meno dibattuto è però il dato relativo alle cessazioni per tipologia contrattuale, che segnano più 75.535 unità rispetto allo scorso anno (924.340 in totale nei primi due mesi 2015). E, soprattutto, il costante incremento del ricorso al contratto a tempo determinato, più 73.902, e cioè 847.487 attivazioni sulle complessive 1.382.978. 
 
Il positivo andamento dell’indeterminato, quindi, s’inserisce in un contesto dove tra aumento delle cessazioni (+8,9%) e schiacciante predominanza dei contratti a termine (ancora il 61,2% dei contratti attivati) la “ripartenza”, o l’inversione di rotta, appaiono più lontane. 
 
“La crescita dei contratti a tempo indeterminato -spiega Patrizio Di Nicola, docente di Sistema Organizzativi complessi alla Sapienza di Roma- potrebbe essere influenzata dagli incentivi alle imprese previsti nella legge di stabilità 2014, che raggiungono anche quota 8mila euro. Che cosa succederà quando finiranno gli incentivi -dalla durata triennale- dipenderà dalla condizione economica reale”. 
 
C’è un problema di attendibilità nei dati diffusi precipitosamente dall’esecutivo. Il ministero per sua stessa ammissione ha inoltrato cifre “estratte” al 16 marzo 2015 dal sistema delle comunicazioni obbligatorie. Non è un caso che non ne se trovi traccia sul portale ad hoc intitolato “Andamento Mercato del Lavoro”, che per conto dello stesso ministero pubblica i dati più aggiornati. Scorrendo il “Calendario diffusione dati di fonte SISCO (Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie)”, infatti, si può tranquillamente individuare la “scadenza” prevista per il primo trimestre 2015: luglio, non metà marzo. 
 
Il perché di questa prudenza è contenuto nella Nota metodologica relativa alla raccolta e diffusione dati del ministero, dove si legge che “i rapporti di lavoro, ricostruiti a partire dagli identificativi dichiarati nella comunicazione, generano un errore costante che ha impatto sulla stabilizzazione dei dati”. 
E non solo: “Le analisi svolte sui tempi di arrivo delle CO (comunicazioni obbligatorie, ndr) hanno permesso di monitorare il tempo di stabilizzazione del dato e di fissare a 50 giorni dalla chiusura del periodo di riferimento il momento migliore per effettuare lo scarico utile per la produzione dei report di monitoraggio e di pubblicazione dei rapporti sull’andamento del mercato del lavoro. I dati vengono quindi scaricati la notte del 20 del primo mese successivo la chiusura del trimestre di riferimento”. Il che significa, in sintesi, che solo il 20 aprile si potrebbero conoscere con esattezza i riscontri del primo bimestre 2015 (una rilevazione comunque atipica visto che la scadenza è trimestrale e non bimestrale).
 
O il ministero del Lavoro ha raffinato i propri strumenti di raccolta, analisi e diffusione dei dati sull’andamento del mercato del lavoro -non aggiornando però la metodologica pubblicata online, che però non ci risulta-, oppure ha contraddetto se stesso dando pubblicità a cifre potenzialmente generatrici di “errori costanti”. Ma una risposta certa giungerà soltanto a luglio, quando i titoli trionfalistici di questi giorni saranno già storia.

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