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Cultura e scienza / Intervista

L’aritmetica del lupo

© Nanni Villani

Un documentario racconta il ritorno spontaneo del predatore sulle Alpi, che oggi conta poco meno di 300 esemplari. E ne analizza il rapporto complesso con l’uomo: tra paura e pregiudizi

“Il lupo viene sempre rappresentato come sottrazione. Chi ha a che fare con questo animale, in modo particolare i suoi detrattori, spesso lo vedono come elemento che sottrae qualcosa. Invece la morale di questo documentario è che non c’è morale. Il lupo non è addizione né sottrazione. Semplicemente, svolge il suo compito, siamo noi a dargli di un sacco di connotati”. Da questa riflessione matematica -che a sua volta viene da una poesia di Nicola Duberti- prende spunto il titolo del documentario “L’aritmetica del lupo”, diretto dal regista Alessandro Ingaria, che lo scorso 30 settembre si è aggiudicato il Premio speciale CAI “Renata Viviani” nell’ambito del Milano Mountain Film Festival. Un film che racconta attraverso le parole di tre ricercatrici appassionate, il tema del ritorno spontaneo del lupo sulle Alpi, nei luoghi dove, in passato, era stato presente e protagonista.

Scomparso dalle Alpi italiane tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a partire dagli anni Novanta il lupo ha iniziato a fare ritorno sulla catena alpina. Secondo le stime del progetto di monitoraggio “Life WolfAlps” -cofinanziato dall’Unione europea, con l’obiettivo di realizzare azioni coordinate per la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di questo predatore- nel periodo 2017-2018 erano presenti almeno 293 lupi sulle Alpi italiane, per un totale di 56 branchi. Una popolazione concentrate prevalentemente in Piemonte, dove sarebbero presenti almeno 195 esemplari.

Come è nato questo film?
AI
Il documentario nasce come azione di comunicazione finale del progetto “Life WolfAlps”. Volevo dare un filo conduttore ai risultati raccolti in questi anni di ricerca e monitoraggio sul campo. Unendo, al tempo stesso, un elemento poetico. Ovvero l’emozione dell’incontro con il lupo e l’analisi dell’elemento antropologico, raccontando la storia di questo rapporto così tra uomo e lupo.

Nel documentario non compaiono rappresentanti di categorie, come gli allevatori, che hanno un impatto diretto dalla presenza del lupo sulle Alpi, come mai questa scelta?

AI Dare la voce a chi è ostile verso il lupo, così come dare la voce a chi è a favore, avrebbe connotato il documentario in chiave di contraddittorio. Il mio lavoro, invece, si colloca prima di questa fase: vuole informare, dare informazioni sulle vicende storiche legate al lupo, racconta quanto sia difficile vederlo e il fatto che scappi appena vede l’uomo. E ho cercato di farlo nella maniera più neutra possibile: non volevo prendere le parti di nessuno. Anche perché non c’è nessuna parte da prendere.

Il lupo, e in modo particolare il suo ritorno sulle nostre montagne è un tema che divide.
AI
Esattamente, è un tema polarizzante. Un po’ come accade per i vaccini, è difficile parlare del lupo in maniera neutra: c’è sempre chi è contro e chi è a favore. Io ho scelto l’approccio scientifico, senza essere né pro, né contro.

Perché è un tema così polarizzante?
AI
Ho dedicato molta parte del mio lavoro alla ricerca antropologica, che nel documentario viene spiegata da una delle tre intervistate. Non è un tema semplice da affrontare. Ci sono tanti elementi che fanno del lupo un animale spaventoso per l’uomo, innanzitutto l’impersonificazione con il male. Pensiamo alle favole, che vedono il lupo come protagonista negativo e spaventoso per eccellenza. Ma c’è anche altro: il lupo non se ne sta semplicemente nella foresta: lui oltrepassa il limite, si avvicina alle città e ci sfida. Così come varca continuamente il limite tra giorno e notte.

Perché l’uomo ha paura del lupo?
AI
Il lupo ci da fastidio perché -come lui- siamo in cima alla catena alimentare. Il fatto che si permetta di farci concorrenza è qualcosa di estremamente fastidioso. Ovviamente a livello inconscio, più che razionale. La paura del lupo non è razionale: sappiamo benissimo che questi animali scappano appena percepiscono la presenza dell’uomo e anche gli avvistamenti sono estremamente rari. In un certo senso, il dibattito sul lupo assomiglia a quello sui migranti: la paura è maggiore dove la presenza di stranieri è minore.

La prossima proiezione del documentario è in programma venerdì 23 novembre a Milano presso la Società Escursionisti Milanesi (SEM) del Cai (via Galileo Ferraris) alle ore 21.

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