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Quando la lana torna a nuova vita e promuove la solidarietà

Ogni anno in Italia si producono 8.700 tonnellate di lana “sucida” che non trova sbocchi commerciali e diventa rifiuto speciale. L’associazione “Gomitolorosa” la recupera per trasformarla in progetti solidali a favore di pazienti oncologici e persone fragili

© Gomitolo rosa

Ogni anno i circa sette milioni di pecore che vivono in Italia producono circa 8.700 tonnellate di lana cosiddetta “sucida”: ovvero lana appena tosata e sporca, che contiene non solo tracce di terra ma anche proteine e grasso. Ma a differenza di quanto avveniva nei secoli scorsi, quando la lana veniva lavata, filata e utilizzata dalle famiglie degli allevatori per produrre capi d’abbigliamento o riempire materassi, oggi sono in pochi a utilizzare la lana “made in Italy” per fini commerciali. La lana prodotta in Italia -avverte Ispra- è poco pregiata e non trova spazio sull’attuale mercato del settore tessile e dell’abbigliamento, che preferisce filati più pregiati. Quel poco che si riesce a vendere sui mercati esteri (quelli asiatici in particolare) viene utilizzata per produrre tappeti. La gran parte della lana prodotta in Italia finisce quindi in discarica, in quanto considerato rifiuto speciale, o -peggio ancora- viene sotterrato o bruciato dagli allevatori per non sostenere i costi dello smaltimento.

Recuperare la lana “sucida”, evitando così i costi economici e ambientali legati al suo smaltimento, è uno degli obiettivi di “Gomitolorosa”, associazione non profit che promuove il lavoro a maglia negli ospedali come strumento per ridurre l’ansia nei pazienti (soprattutto oncologici) e il lavoro a maglia “solidale” utilizzando gomitoli filati a partire dalla lana italiana in sovrapproduzione.

“Il nostro progetto ha come obiettivo quello di recuperare la lana, per dare una seconda vita a questo prodotto naturale così prezioso, realizzando prodotti che poi vengono destinati a persone fragili o in difficoltà -spiega Ivana Appolloni, direttrice di Gomitolorosa-. Lo facciamo proponendo un modello di economia circolare che trasforma un prodotto da rifiuto speciale a risorsa solidale”. In un anno di attività, l’associazione riesce a recuperare circa 12mila gomitoli di lana dal peso di 50 grammi l’uno. La materia prima viene dalle pecore della provincia di Biella (dove nel 2012 è stata fondata l’associazione), un’area in cui l’allevamento ovino è un’attività radicata e dove già da molti anni i pastori si scontrano con il problema di non riuscire a vendere la lana prodotta: “È stato naturale per noi occuparci del recupero della lana a partire dal nostro territorio. Ma quest’anno abbiamo anche molti gomitoli prodotti con lana abruzzese”, spiega Appolloni.

La lana sucida, viene recuperata dall’associazione e poi lavorata da un lanificio locale per produrre gomitoli che vengono tinti in 14 diversi colori, secondo un codice internazionale che attribuisce a ogni malattia una tonalità differente (il rosa per il tumore al seno, il viola per il tumore al pancreas). Dal 2012, anno della sua fondazione, Gomitolorosa ha recuperato circa 14mila chilogrammi di lana.

La lavorazione delle coperte per la canguro-terapia © Gomitolorosa

Parte dei gomitoli viene usata per la lanaterapia nelle sale d’attesa degli ospedali che collaborano con l’associazione: “Prima dell’epidemia di Covid-19, le nostre volontarie offrivano alle pazienti in attesa la possibilità di iniziare un lavoro a maglia e di assisterle nelle prima fasi del lavoro -spiega Ivana Appolloni-. Questo progetto è nato per iniziativa di Alberto Costa, oncologo, che nella sua esperienza ha avuto modo di osservare come le pazienti impegnate in attività manuali siano più tranquille. Il lavoro a maglia riduce ansia e stress, astrae il cervello da preoccupazioni e agevola i processi di socializzazione”. Alle persone coinvolte nel progetto si propone di realizzare semplici esagoni colorati che vengono poi cuciti insieme per realizzare coperte da donare ai reparti di oncologia o ai bambini prematuri. Con lo scoppio della pandemia, l’attività negli ospedali è stata sospesa, ma “Gomitolorosa” ha distribuito circa mille kit individuali alle pazienti.

Un’altra parte, invece, viene consegnata a un network di associazioni, volontari ed ex pazienti che continuano a supportare il lavoro dell’associazione nell’ambito di progetti di maglia solidale. “L’iniziativa di quest’anno è stata rivolta ai bambini, in particolare ai piccoli prematuri -spiega Ivana Appolloni-. Abbiamo distribuito lana bianca e abbiamo chiesto di realizzare dei quadrati, che sono stati cuciti insieme per realizzare coperte destinate alla canguro-terapia: una pratica che consiste nel tenere i neonati prematuri o sottopeso sul petto di uno dei genitori, a contatto con la pelle”.

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