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L’Alta velocità sotto Firenze

Ritardi nei cantieri, costi lievitati, inchieste giudiziarie: ecco perché è opportuno rivedere l’investimento per realizzare il tunnel fiorentino dedicato all’AV, e la relativa nuova stazione. A inizio marzo 2016 ambientalisti e comitati hanno scritto all’UNESCO: Palazzo Vecchio ha avviato l’iter per rinnovare l’autorizzazione paesaggistica decaduta, come evidenzia un parere del ministero dei Beni culturalidel luglio del 2013 ma alcuni monumenti sarebbero a rischio. A maggio 2015 l’organismo ONU aveva evidenziato le criticità legate al progetto  

Tratto da Altreconomia 178 — Gennaio 2016

I camion si muovono ancora su un fondo di terra battuta. Osservando il cantiere dall’alto non si vedono scale né ascensori per scendere ai binari, che dovrebbero essere collocati 22 metri sotto terra. A Firenze, i lavori per la realizzazione di una nuova stazione ferroviaria dedicata all’Alta velocità, nell’area degli ex Macelli, sono indietro: avrebbero dovuto concludersi nell’agosto del 2015, ma a malapena si possono riconoscere i contorni del camerone interrato lungo 450 metri e largo 52. Al 31 dicembre 2014, secondo le indicazioni contenute in una delibera del luglio scorso dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), l’avanzamento dei lavori era appena al 20 per cento. A dicembre 2015 il dato contabilizzato al “contraente generale è pari al 28% rispetto all’importo dell’appalto, circa 770 milioni di euro” c’informa Rete ferroviaria italiana, la società del Gruppo FS che gestisce le infrastrutture. C’è un paradosso, però: qualora la stazione progettata dall’archistar inglese Norman Foster fosse stata pronta per tempo ad accogliere i viaggiatori, chi fosse sceso in banchina non avrebbe trovato niente. Perché il “passante” dedicato all’Alta velocità, cioè un tunnel di circa sei chilometri scavato sotto Firenze tra le stazioni di Rifredi e Campo di Marte, non può proprio essere costruito. “Manca il piano di utilizzo delle terre di scavo, cioè il PUT, e non c’è nemmeno l’autorizzazione paesaggistica” racconta ad Altreconomia l’ingegner Massimo Perini, consulente tecnico del Comitato No Tunnel TAV (notavfirenze.blogspot.com). A fine ottobre ha inviato al CNR (e per conoscenza anche ad Italferr, ISPRA, Rfi, Regione Comune e ANAC) una lettera di osservazioni in merito a una relazione che il Centro nazionale delle ricerche ha realizzato per conto della società che sta realizzando l’opera, Nodavia.
“Non è garantita la staticità delle colline che si vorrebbero realizzare” spiega Perini. Colline che dovrebbero “contenere” quasi 3 milioni di metri cubi di terre di scavo. Per dare un’idea, si tratta di un’area grande come 30 campi da calcio (150mila m2) e alta 38 metri (come un edificio di 10 piani).  L’autorizzazione paesaggistica, invece, è decaduta. Lo dice il ministero dei Beni culturali, in un parere espresso nel luglio del 2013 per il Passante Sud, cioè le “opere in sotterraneo da realizzarsi nel tratto tra Firenze Campo di Marte e la Stazione AV”; lo scrive l’Autorità anticorruzione, nella stessa delibera di fine luglio 2015. E lo dimostra il fatto che due anni fa, nel dicembre del 2013, è stata presentata la documentazione per il rilascio della nuova autorizzazione. Il cui iter, però, è fermo.
È pensabile, a queste condizioni, modificare il progetto? Alcuni nuovi elementi, fatti accaduti nel corso del 2015, inviterebbero a rispondere sì.
Intanto, in una lettera di fine maggio, il direttore del World Heritage Centre dell’UNESCO, Kishore Rao, informa il delegato permanente dell’Italia presso l’organizzazione, Vincenza Lomonaco, che ICOMOS -cioè il consulente scientifico dell’Unesco per tutti gli aspetti che riguardano il patrimonio culturale e la sua conservazione- ha evidenziato alcune criticità per quanto riguarda la realizzazione delle due canne del tunnel Av “che potranno avere un impatto negativo sull’integrità della Fortezza da Basso”, che con tutto il centro storico di Firenze fa parte del Patrimonio mondiale dell’umanità. La preoccupazione è stata trasmessa anche al Comune di Firenze. 
Nel frattempo Coopsette, la società della provincia di Reggio Emilia che fino al settembre 2014 controllava il 70 per cento delle azioni di Nodavia, cioè del general contractor incaricato di realizzare l’opera, è in “liquidazione coatta amministrativa”. La cooperativa ha così ceduto la propria partecipazione alla società Condotte spa, che era già il socio di minoranza di Nodavia, ma questa scelta -secondo l’Autorità anticorruzione- mette in discussione l’affidamento, e quindi la prosecuzione dei lavori: “la pressoché totale cessione da parte Coopsette delle quote di partecipazione della società Nodavia […] appare di fatto venir meno l’apporto operativo del socio che ha fornito, in sede di offerta, i requisiti per la qualificazione”. Condotte, cioè, non avrebbe potuto -da sola- diventare “contraente generale”.
L’inchiesta “Sistema” della Procura di Firenze ha inoltre “toccato” la grande opera fiorentina, portando in carcere, nel marzo del 2015, il dirigente del ministro delle Infrastrutture Ercole Incalza e l’ingegner Stefano Perotti per presunti episodi corruttivi legati all’affidamento al secondo dei lavori di direzione sui cantieri fiorentini dell’Alta velocità. Incalza è anche tra le trentadue persone rinviate a giudizio nell’ambito di un’altra inchiesta avviata nel 2013 sul “nodo Av fiorentino”: sono in corso le udienze preliminari (tra gli imputati c’è anche Maria Rita Lorenzetti, già presidente della Regione Umbria e in seguito alla guida di Italferr, società di ingegnerie del gruppo Ferrovie dello Stato).

Infine, Rete ferroviaria italiana ha mostrato nel corso del 2015 che è possibile tornare indietro e cancellare dall’agenda anche un progetto per l’Alta velocità: la tratta che non verrà realizzata, almeno per il momento, è quella tra Venezia e Trieste. L’azienda investirà 1,8 miliardi, a fronte dei 7 preventivati, e i tempi di percorrenza tra Mestre e il capoluogo giuliano saranno di un’ora e 5 minuti, fino a 50 minuti in meno rispetto ad oggi. Gianpiero Strisciuglio, direttore commerciale ed esercizio rete di Rfi, parla di un intervento che associa “ottimizzazione ingegneristica dell’infrastruttura attuale, adottando soluzioni tecnologiche d’avanguardia” e 5 varianti laddove necessario.  I treni potranno viaggiare fino a 200 chilometri orari lungo le linee convenzionali. Fibra ottica, e nuovi sistemi tecnologici di ultima generazione per la gestione e il controllo in sicurezza del traffico ferroviario permetteranno di alzare sul tracciato ferroviario la velocità massima consentita ai treni. Secondo l’azienda -però- non è applicabile ovunque. A fare la differenza è il tasso di saturazione delle linee esistenti, che dipende da una serie di fattori: oltre al numero dei treni che circolano, anche le caratteristiche infrastrutturali e la tipologia di traffico. Rfi potrebbe, almeno, prendere in mano il progetto alternativo di mobilità per l’area fiorentina: “Prevede il potenziamento della rete ferroviaria in superficie, compresa una linea dedicata ai treni AV” spiega l’urbanista dell’Università di Firenze Roberto Budini Gattai. Davanti a lui, nel suo studio, una mappa disegna il “laccio” ferroviario fiorentino, come un cappio attorno alla città. Che però non la strangola, e anzi garantisce l’infrastruttura su cui costruire un vero ed efficiente trasporto pubblico su ferro. Tiziano Cardosi, ex dipendente delle Ferrovie, oggi portavoce dei No Tav, ci accompagna alla stazione di Firenze Statuto: in pochi minuti passano sui binari treni Av e Italo; Statuto è già un “passante” tra Rifredi e Campo di Marte, ed è collegato anche a Santa Maria Novella. “Ci sono già sei binari”, spiega Cardosi, ed elenca: “due per il trasporto locale e metropolitano; due per i treni nazionali; due, con alcuni interventi di ammodernamento, potrebbero essere dedicati all’Alta velocità”. Senza bisogno di una nuova stazione, né di un tunnel sotto la città. I cui costi “reali” sono già lievitati, rispetto all’affidamento dei lavori, di 67.343.451,08 euro. —

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