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Economia

L’affare bonifiche della mafia al Nord

La criminalità organizzata non lucra solo sui rifiuti al Sud. Il nuovo business sono i terreni contaminati dove sorgevano le grandi fabbriche del Settentrione Ai piedi delle verdi Prealpi vercellesi c’è una vecchia cava di sabbia e ghiaia riempita con…

Tratto da Altreconomia 106 — Giugno 2009

La criminalità organizzata non lucra solo sui rifiuti al Sud. Il nuovo business sono i terreni contaminati dove sorgevano le grandi fabbriche del Settentrione

Ai piedi delle verdi Prealpi vercellesi c’è una vecchia cava di sabbia e ghiaia riempita con terra al Ddt. La scoperta è stata fatta verso la fine dell’inverno del 2007. Un comitato di cittadini, sorto qualche mese prima, aveva messo in allarme l’autorità pubblica. Poi, avviati i controlli, la presenza del veleno è stata certificata. Indici che superavano di oltre il 50 per cento le quantità ammesse per legge, in un sito che era in grado di contenere solo inerti, o comunque rifiuti non tossici, assolutamente inadatto al Ddt.
La società proprietaria della cava ha dovuto spendere 700mila euro per conferire in una discarica consona gli oltre 300 quintali di terra contaminata.
La giustizia non s’è mossa; forse quando i camion partirono da Milano fu commessa una semplice “svista”. Peccato che il luogo in cui era in corso la bonifica, dal quale proveniva la terra contaminata, fosse un ex polo industriale, a marchio Montedison, che in Europa era tra i maggiori produttori di Ddt.
Viaggiano i rifiuti. Al Nord seguono piste sempre più intricate e finiscono molto spesso fuori controllo. Secondo il rapporto “Ecomafie 2009”, redatto come tutti gli anni da Legambiente, proprio il Piemonte presenta, al settentrione, il maggior numero di episodi denunciati (254 nel corso del 2008) legati al ciclo illegale dei rifiuti. La Lombardia segue di qualche posizione (144 reati l’anno scorso), ma il suo caso è complicato addirittura dal coinvolgimento della criminalità organizzata: ‘ndrangheta calabrese in modo particolare.
L’allarme suona però in un senso inverso rispetto a quanto eravamo abituati. La mafia, tradizionalmente interessata allo smaltimento dei rifiuti, comincia i suoi affari dal Nord e da lì molto spesso non se ne va affatto. “È la conferma -si legge ancora nel rapporto Ecomafie- di come alle rotte tradizionali (rifiuti prodotti al Nord e smaltiti al Sud) si siano affiancate da tempo altre modalità di smaltimento illecito, da ‘filiera corta’”. Ci si sposta al massimo di una regione oppure di solo pochi chilometri. A Milano, per esempio, nel settembre scorso la magistratura ha posto fine ai traffici sporchi di un affiliato alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) che acquistava terreni o vecchie discariche tra i comuni di Desio, Seregno e Briosco, per poi nascondervi residuati plastici carichi di cromo e piombo di altre aziende lombarde. 178mila metri cubi di rifiuti sepolti in buche profonde fino a 9 metri e larghe 50. Questo è ciò che hanno scoperto gli inquirenti. Ma quanto rimane ancora sommerso? Sulla ex-cava in provincia di Vercelli il mistero s’infittisce. In quella zona risulta essere proprietario di discariche anche un noto imprenditore del settore delle bonifiche e della riqualificazione ambientale. Egli ha di recente dichiarato ai magistrati: “Mi ero reso conto che una mia azienda era in mano a un clan malavitoso calabrese. Da qui l’idea di attivare un controllo interno, soprattutto sui trasportatori che potevano lasciare il materiale in qualsiasi posto. Io volevo sapere dove finivano i rifiuti…”. Queste parole sono finite tra le carte di un’inchiesta giudiziaria, ufficialmente aperta per altri motivi, e poi sulle pagine dei giornali. Nessuno se le aspettava, ma sono la prova che la criminalità organizzata ha da tempo alzato il tiro nel settore delle bonifiche, che del resto sembra un ottimo antidoto alla crisi.
In un periodo di poli industriali che chiudono, per chi deve gestire i rifiuti che tutto questo lascia dietro di sé, il lavoro non viene mai meno. In più se si vuole tornare a speculare su un terreno, è necessario ripulirlo da scorie, rottami e terre in eccesso. Solo in questo modo lo si può consegnare alle sfide future e una città come Milano ne ha una in particolare che non può lasciarsi scappare: l’Expo del 2015. Paolo Borbon, torinese e noto consulente esperto in bonifiche industriali, lo dice chiaramente: “Questo è un business che non può mai calare, men che meno in questi momenti di stanca produttiva. Lo Stato e le amministrazioni locali, coi loro stanziamenti straordinari, possono bilanciare la mancanza di fondi da parte dei privati. Detto questo -aggiunge Borbon- c’è anche chi tenta di approfittarne illecitamente”. Per esempio, continua il consulente ambientale, “uno degli anelli più deboli di questa ‘filiera della bonifica’ è sicuramente quello dei trasporti. Stiamo parlando del materiale che deve essere ‘conferito in discarica’, come si dice. Ciò di cui, in un modo o nell’altro, ci si deve sbarazzate. Tu, manager, che sia o non sia uno onesto, dall’alto della tua piramide aziendale, non avrai mai la certezza rispetto a dove siano finiti i tuoi rifiuti. C’è chi si ‘mette nelle mani di qualcuno’, di cui prova a fidarsi. Ed è lì che cominciano i guai”.
Una fonte interna alle forze dell’ordine rivela in via confidenziale ad Altreconomia che tra il Piemonte e la Lombardia c’è chi sta affilando le proprie armi. La lente è puntata su aziende che operano nel settore della movimentazione terra, che s’inventato anche autotrasportatori di rifiuti. Lavorano principalmente nei sub-appalti, per non far comparire troppo in evidenza il loro nome; e così li trovi impegnati in molti cantieri privati ma anche negli appalti pubblici per l’Alta Velocità.
“Gente pericolosa, legata alla ‘ndrangheta”. La nostra fonte parla di un clan in modo particolare, da anni trapiantato in Piemonte. Nel 1998 è stato messo sotto accusa dalla magistratura di Novara per omicidio e naturalmente per associazione mafiosa. Un paio di affiliati si fanno chiamare “boss”, e li si indica come reggenti le fila di un’organizzazione situata dalle parti della Valsesia (provincia di Novara), fortemente collegata ai “mammasantissima” del Sud e concentrata nel business della droga.
La base operativa era un night della zona, per stringere rapporti coi “bravi ragazzi” di Milano e costituire una rete d’affari tra le cosche milanesi, varesotte, comasche e lecchesi e quelle delle province più a Est del Piemonte. Controllare quell’asse costituiva per tutti una ghiotta opportunità, dato che, proprio verso la fine degli anni 90, si cominciava a discutere dei sub-appalti legati alla realizzazione dell’Alta velocità ferroviaria Milano-Torino.
I vercellesi e i novaresi sedettero così ai tavoli delle trattative assieme ai Paviglianiti, ai Coco Trovato, ma soprattutto assieme ai Barbaro di Buccinasco, i leader della piazza. Tutto dimostrato dalle carte giudiziarie di inchieste come “Count Down” e “Wall Street”, condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e che hanno portato alla sbarra vent’anni di ‘ndrangheta tra Piemonte e Lombardia. Tra gli imputati anche i boss della Valsesia che oggi, a 10 anni di distanza, si trovano in carcere con decine e decine di anni sulle spalle, ma i cui nomi ancora risultano in una società attiva nel settore di sempre: trasporto rifiuti e movimentazione terra.
Oggi i lavori più importanti si vanno a prendere oltre Ticino, verso la Lombardia e la ricca Milano sulla quale presto pioveranno i finanziamenti pubblici per l’Expo. Ci sono tante bonifiche da fare e tonnellate e tonnellate di terra da muovere. I valsesiani hanno la loro rete di amicizie a cui riferirsi. Gli approdi per quel bengodi sono aziende “preparate” per l’occasione che costituiranno -coi loro nomi di facciata- la testa di ponte per aggiudicarsi  gli appalti.
I sindacati riconoscono che il rischio è reale. Un delegato lombardo di Fillea-Cgil confida ad Altreconomia che almeno in un paio di grosse aziende di costruzioni sono avvenuti strani cambiamenti gestionali. Erano in sofferenza economica e società fiduciarie, con sede in Svizzera, piombate dal nulla, hanno acquistato all’incirca la metà dell’intero pacchetto azionario. Così ora possono controllate tutta l’impresa senza grossi problemi, e in almeno uno dei casi citati già sono andati alla caccia dei primi appalti targati Expo.
L’allarme è stato lanciato e parte anche da Palermo: “La mafia sta portando a termine una strategia offensiva al Nord, approfittando dell’Expo in programma nel 2015”. Firmato Antonio Ingroia, procuratore aggiunto antimafia. La palla ora passa ai “settentrionali”.

Operazione Desio
Tra Desio, Seregno e Briosco, tutti e tre centri della verde Brianza milanese, un colossale traffico di rifiuti tossici, gestito da personaggi legati alla ‘ndrangheta, ha portato all’occultamento di ben 240mila metri cubi di carburanti, oli esausti, scarti industriali, materiale da costruzione contaminato, piombo e cromo scaricati in tre diverse cave della zona. All’inizio del 2009 la Polizia provinciale di Milano ha messo fine a questo scempio ambientale, arrestando 20 persone tra cui un imprenditore locale di origine calabrese appartenente alla cosca degli Iamonte di Melito Porto Salvo, nel reggino, con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il gruppo di eco-criminali acquistava o prendeva in affitto terreni e cave per trasformarli in discariche illegali. Il sistema prevedeva di scavare prima e vendere gli inerti per fabbricare il calcestruzzo; successivamente le buche lasciate sul posto venivano riempite con i rifiuti. Ma oltre a questo business gli arrestati dovranno rispondere pure per traffico di droga e incendio doloso.
Chi tentava di mettersi di traverso ai loro affari, infatti, subiva le ritorsioni tipiche della criminalità organizzata.

I numeri dell’Expo
È di almeno 200 ettari lo spazio di cui avrà bisogno l’Expo. Terreni presenti soprattutto nei dintorni di Rho e Pero, alla periferia Nord occidentale di Milano, che saranno utilizzati per far posto agli oltre 7mila eventi programmati per l’esposizione universale del 2015. 200 ettari che per la maggior parte dovranno essere bonificati, dato che oggi sono occupati da ex poli industriali ed artigianali o da incolti sui quali col tempo si sono accumulati pile e pile di rifiuti.
I primi camion e le prime ruspe sono già al lavoro. Si tratta dei prodromi della spartizione della ricchissima torta che l’intera partita rappresenta: 25 miliardi di euro, per un totale di 65 nuovi interventi. Solo una piccola parte avranno però come teatro i dintorni dell’attuale polo fieristico rhodense. La maggioranza riguarderà opere da realizzare nel circondario, anche al di fuori della provincia di Milano. Tra le altre cose, sarà realizzata una nuova bretella di collegamento tra Milano e l’Autostrada dei laghi (quasi 150 milioni di euro di investimento), poi un altro collegamento tra la strada statale “Padana superiore” e la “Varesina” (70 milioni), senza contare l’autostrada direttissima Milano-Brescia (Brebemi) per un valore di un miliardo e mezzo di euro e la Pedemontana per oltre 4 miliardi. Previste nei piani, ma saranno certamente di più difficile realizzazione anche due nuove metropolitane milanesi.

Polo Nord (Selene Edizioni, 13,90 euro) è il libro sulla mafia al Nord scritto da Fabio Abati (autore del servizio di queste pagine) e Igor Greganti. Qui a destra invece, le foto relative alla discarica di Desio, oggetto di un’operazione della Polizia a inizio 2009

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