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La Xylella, il Roundup e un’oliva ibrida di nome Lecciana

La Procura di Lecce ha sequestrato a fine dicembre le piante di ulivo vittime del "complesso del disseccamento rapido", per impedirne l’eradicazione. Secondo la ricostruzione dei magistrati, la diffusione del batterio Xylella fastidiosa andrebbe collegato ad attività di ricerche svolte in "campi sperimentali", e finalizzati -tra l’altro- a creare una nuova varietà di pianta. I progetti hanno coinvolto l’Università di Bari e alcuni centri di ricerca, e avrebbero visto l’utilizzo di pesticidi non autorizzati, come il Roundop Platinum   

Il 28 dicembre 2015 la Procura di Lecce ha convalidato il sequestro preventivo degli ulivi pugliesi affetti dal “complesso del disseccamento rapido” al fine di evitarne l’eradicazione. Oramai è di dominio pubblico che la causa di tali disseccamenti sia la presenza della Xylella, ma secondo l’indagine della Procura gli abbattimenti non sono l’unica strada percorribile per arginarne i danni. Anzi, gli abbattimenti sarebbero il risultato da una parte della mancanza di buone pratiche agricole (conseguenti all’introduzione volontaria della Xylella in Italia per sperimentazioni sulle quali la Procura sta ancora indagando), e dall’altra dell’uso invasivo di fitofarmaci. Le conclusioni della Procura arrivano a rilevare -come spiega l’ordinanza che Altreconomia ha potuto leggere-  che l’epidemia di Xylella potesse essere prevista (precisamente si parla di “ perseveranza colposa”) e il piano di interventi adottato sarebbe "univocamente diretto alla drastica e sistematica distruzione del paesaggio salentino”.


Tra gli indagati ci sono dottori, professori e ricercatori dell’Università di Bari, nello specifico del Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata (DISPPA), dell’Istituto agronomico del Mediterraneo (IAM) di Valenzano del Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura “Basile Caramia”. Questi i “protagonisti assoluti e incontrastati” che hanno gestito “in maniera totalmente monopolistica” lo studio del batterio Xylella. La vicenda nasce nel 2006, con il progetto di ricerca OLVIVA, finalizzato ufficialmente allo sviluppo di innovazioni tecnologiche in campo olivicolo. Più ufficiosamente, parrebbe che il progetto abbia creato veri e propri “campi sperimentali” dove spruzzare fitosanitari non autorizzati a base di Glifosate prodotti dalla Monsanto e manipolare il batterio considerato oggi il nemico numero uno degli ulivi.

Il suggerimento del professor Martelli
Ma andiamo con ordine. OLVIVA ottiene un finanziamento di un milione di euro -di cui 720mila provenienti dalla Regione Puglia, che avrebbe utilizzato a tal fine fondi per 800mila euro del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Mipaaf)- e nel comitato capofila del progetto c’è il DISPPA, rappresentato dal Professor Giovanni Paolo Martelli. 
Lo stesso Martelli, ora indagato, che “suggerirà in base a una mera intuizione, di indagare la presenza della Xylella quale causa dei fenomeni di disseccamento dell’ulivo”, come scrive nelle carte dell’indagine la Procura. Che aggiunge: “è singolare la coincidenza della comparsa dei primi sintomi di disseccamento con l’avvio dell’attività di OLVIVA e con il proliferare di convegni sul tema del disseccamento degli olivi e sulla formazione di personale qualificato per il trattamento della Xylella”. 

Nel 2011, al termine del progetto OLVIVA, il DISPPA formalizza un accordo di collaborazione con Agromillora Research SL, un centro di ricerca privato spagnolo, su proposta di Salvatore Camposeo e Angelo Godini. La Procura descrive questi due professionisti come strenui difensori dell’olivicoltura intensiva. In Spagna, dove questo modello prevale, non vi sono leggi contro l’eradicazione di olivi monumentali come ci sono in Italia, e Camposeo e Godini sono fautori dell’eliminazione di tale divieto, così -sostiene l’indagine- da far rispondere l’olivicoltura italiana a logiche di maggiore redditività e potenziare la presenza dell’olio italiano sul mercato europeo e internazionale. L’accordo formalizzato tra il dipartimento dell’Università di Bari e la Agromillora è un brevetto a scopo commerciale denominato “Valutazione, brevettazione e commercializzazione di nuove selezioni di olive da olio a bassa vigoria”. Il brevetto prevede che l’Università si aggiudichi il 70% delle royalties sul fatturato annuo derivante dallo sfruttamento dello stesso.

“Come si vedrà” c’è scritto nell’ordinanza “tutti gli enti e i laboratori coinvolti sono riconducibili alla gestione dei medesimi soggetti”. E infatti l’attuazione del progetto OLVIVA è stata coordinata da un altro docente ordinario del DISPPA, il professor Vito Nicola Savino, che è anche direttore del Centro di Ricerca “Basile Caramia”. Nel “Basile Caramia” (un’associazione senza scopo di lucro di cui sono soci la Regione Puglia, l’Università di Bari, lo IAM, amministrazioni pubbliche e istituti scolastici) sono state effettuate le analisi sulla Xylella in assenza di autorizzazioni per almeno 10 mesi. Il batterio Xylella che sarebbe stato importato dallo IAM, dal Belgio e dall’Olanda, in parte senza le dovute denunce e autorizzazioni.
Savino è anche coordinatore della Rete SELGE, che è socia della SINAGRI Srl (spin-off dell’istituto creata per compiere operazioni commerciali), e dal 2009 “convegnista abituale” del già citato Angelo Godini, tra l’altro ex-Direttore del Dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali nella stessa Università di Bari.
Savino, Godini e Martelli condividono inoltre lo stesso approccio scientifico nella Accademia dei Georgofili, di cui fa parte anche Paolo De Castro, già ministro dell’Agricoltura -Mipaaf- e attualmente eurodeputato in Commissione agricoltura (dove ha riferito davanti alla Commissione Europea proprio sull’argomento Xylella).

Il Roundop Platinum in Puglia

Dal 2010 al 2012 l’Università avvia Centri di sperimentazione per testare nuovi fungicidi con l’obiettivo di combattere la “Lebbra degli Ulivi”, una malattia che si sfoga anch’essa sotto forma di essiccamento delle piante. Secondo la Procura, invece, in questi Campi sono stati sperimentati pesticidi non autorizzati come il Roundop Platinum, un erbicida della Monsanto a base di Glifosate.


Tra febbraio e marzo 2013 molti coltivatori, in seguito all’espandersi dei casi di disseccamento, si rivolgono al Consorzio Difesa Produzioni Intensive della Provincia Di Lecce (Codile). Ad agosto i laboratori della Rete SELGE iniziano ufficialmente a occuparsi di questo problema: il professor Martelli, come già detto, suggerisce di cercare la causa del problema nel batterio Xylella e a settembre esce la prima pubblicazione ufficiale -firmata dallo stesso Martelli insieme ad altri ricercatori, ora indagati- che ipotizza nella Xylella la causa dei disseccamenti. 
A ottobre la stessa SELGE comunica al Servizio Fitosanitario della Regione Puglia di aver trovato il batterio. Vengono informati prima il Mipaaf e poi tutti gli stati membri dell’UE e la specifica Commissione. La Regione Puglia emana così una delibera che permette, nel maggio 2014, l’abbattimento di 104 alberi di olivo, ritenuti infetti. Il Mipaaf dichiara come focolaio quasi tutta la Provincia di Lecce e a settembre 2014 viene istituito un Comitato tecnico-scientifico per la Xylella Fastidiosa: nel comitato compaiono Martelli, Savino più gli altri ricercatori indagati. I “campi sperimentali”, invece, sarebbero stati incendiati -secondo l’ipotesi della Procura- per “eliminare ogni possibile traccia di quanto fatto sugli alberi”. 

Durante le sperimentazioni è stata creata -per mezzo di un incrocio tra due varietà differenti- una nuova varietà di ulivo, la “Lecciana”. Quello che non si sa, ma su cui si sta indagando, è se questa varietà sia resistente al batterio Xylella. Se così fosse “per il DISPPA ne deriverebbero enormi vantaggi di carattere economico”, dice l’ordinanza.

Il "piano Silletti"

A febbraio 2015 il comandante regionale del Corpo Forestale Giuseppe Silletti -anche lui indagato- viene nominato Commissario straordinario per l’emergenza Xylella. Silletti emana a marzo il primo Piano degli interventi, aggiungendo nuovi focolai rinvenuti nella Provincia di Brindisi. A settembre 2015 ne viene emanato un secondo. In tutto vengono tagliati 438 olivi nella provincia di Lecce e 650 in quella di Brindisi. Si parla di “epidemia”, di “emergenza”, ma dai campionamenti effettuati  su alberi infetti da Xylella, gli investigatori ritengono che il batterio non sia il diretto responsabile del disseccamento degli alberi (una relazione della Commissione europea fa emergere come su un campione di 12mila piante solamente 242 siano risultate positive alla Xylella, appena il 1,82%).
Nel dicembre del 2013 si tenne a Bari un convegno sulla Medicina Vegetale, a cui presero parte diversi professori tra i quali Nigro, Martelli, Guario e altri ricercatori oltre che a Paolo De Castro, europarlamentare europeo. Nel Forum la Xylella viene associata al disseccamento rapido degli ulivi. Tra gli sponsor troviamo la Monsanto, che pubblicizza un progetto di nome “GiPP” per la buona pratica di diserbo degli olivi in Puglia con il Roundop.
Secondo l’ex direttore dell’IGV/CNR di Bari Pietro Perrino, però, il Roundup spruzzato sulle piante malate per far seccare i microbi patogeni avvelenerebbe anche quelle sane: il glifosato, infatti, persisterebbe nel terreno e verrebbe trasferito tramite le radici. 
Citando dati dell’ISPRA, dell’ARPA e dell’ISTAT, in un articolo Perrino fa presente che la Puglia è ai primi posti in Italia per uso di pesticidi: nel 2008 sono stati utilizzati più di 2mila tonnellate di erbicidi (tra cui anche il glifosato), di cui 573mila nella sola Provincia di Lecce. “L’uso di questo disseccante (cioè del Roundup, nda) prima o poi si ripercuote negativamente sulla fertilità del suolo e sulla salute delle piante di olivo che inevitabilmente diventano più vulnerabili ai patogeni”. Secondo la Procura, è altamente probabile che l’utilizzo di fitofarmaci invasivi, quale è il Roundup Platinum prodotto dalla Monsanto nei campi sperimentali, abbiano indebolito le difese immunitarie degli olivi, favorendo l’azione virulenta di funghi e batteri come la Xylella. Inutile dire il Piano Silletti prevedeva di trattare obbligatoriamente le piante prima dell’abbattimento con fitofarmaci a base Glifosate per eliminare il batterio.


Inoltre i piani emergenziali disponevano la possibilità di procedere su base volontaria alla rimozione delle piante ascrivibili alla Xylella previa una semplice ordinanza di abbattimento (per accedere ai contributi previsti). Una soluziona drastica che avrebbe portato alla distruzione di un patrimonio paesaggistico e culturale immenso: in Puglia ci sono 60 milioni di piante di cui circa la metà sono secolari (3-5 milioni di queste pluri-centenarie). Benché il paesaggio sia difeso dalla Costituzione e gli ulivi siano riconosciuti come patrimonio culturale, non è prevista alcuna procedura VAS prima dello sradicamento. “Cosa che implica da un lato la mancanza di valutazione dell’impatto che il taglio delle piante ha sull’ambiente e il paesaggio e dall’altro non garantisce il principio della consultazione pubblica” conclude la Procura. Insomma, un patrimonio “da tutelare anche per rispetto delle generazioni future”.
 

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