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Economia / Intervista

“La transizione ecologica è l’unica strada per evitare il caro bolletta”

A ottobre i costi in bolletta di elettricità e gas sono aumentati rispettivamente del 29,8% e del 14,4%. Secondo Matteo Leonardi, co-fondatore del think tank ECCO, le responsabilità sono da attribuirsi a un assestamento del mercato con la ripartenza post-Covid-19 e non invece alla decarbonizzazione. E spiega perché l’Italia ha sprecato questi due anni

© Jason Blackeye - Unsplash

“Dobbiamo uscire il più velocemente possibile dal gas. E per farlo, dobbiamo investire sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Quando si intraprende il percorso di decarbonizzazione, ed è una strada inevitabile, o lo si fa velocemente oppure diventa molto costoso perché si è esposti alla volatilità del mercato residuo dei combustibili fossili. Si può provare a mitigare questa volatilità, ma è una questione di regolamentazione dei mercati e non di transizione ecologica”.

Per Matteo Leonardi, co-fondatore di ECCO, think tank italiano sulla giustizia climatica e sociale, l’aumento dei prezzi dell’elettricità di cui si è molto discusso nelle ultime settimane (+29,8% per la bolletta elettrica e +14,4% per il gas al primo di ottobre rispetto al trimestre precedente) non è dovuto al processo di transizione ecologica ma al costo del gas e alla sua impennata all’uscita della crisi Covid-19.

Nel 2021- in Italia il costo in bolletta dell’elettricità è aumentato considerevolmente. Quali sono le cause? La colpa è davvero delle energie rinnovabili?
ML L’aumento del prezzo del gas non è imputabile alla transizione ecologica ma a un assestamento del mercato con la ripartenza post-Covid-19. È un problema di domanda e offerta causato da un picco del consumo di alcuni Paesi asiatici e da una ridotta fornitura da parte della Russia. Il prezzo quindi è aumentato a causa di una minore disponibilità in Europa a fronte di una domanda che è risalita velocemente. Questo ha portato a un aumento fino a dieci volte il prezzo del gas rispetto ai minimi registrati nel periodo della pandemia da Covid-19. Un alto costo del gas si riflette sulla generazione elettrica e questo ha fatto incrementare anche la componente energia del prezzo elettrico di quel famoso 40%. Per chi non è nel mercato vincolato il costo è anche determinato dalla scelta delle tariffe: chi ne ha sottoscritta una a prezzo fisso, perché magari è legata agli approvvigionamenti da fonti rinnovabili, non ha avuto nessun incremento. Chi invece ne ha una legata al prezzo di mercato, il cosiddetto Prezzo unico energia (Pun), ha avuto un rincaro. Se l’Acquirente unico avesse legato i propri approvvigionamenti a nuove rinnovabili, ad esempio, anche il prezzo del mercato vincolato non avrebbe risentito così gravemente degli incrementi del prezzo del gas. 

Inoltre c’è una componente legata all’Emission trading system (Ets), il sistema di quote creato per regolare la decarbonizzazione del settore industriale, compreso quello termoelettrico. Esiste dal 2005 e il suo costo equivale sino a oggi alla differenza di prezzo tra la generazione a carbone e quella a gas in modo da favorire quest’ultima. Con il rincaro del gas è anche cresciuto il differenziale di costo e di conseguenza anche il valore della quota dell’emission trading. L’Ets però influisce solo sul 20% del prezzo finale. 

Alcuni dicono: “Abbiamo sbagliato a togliere il carbone e a bloccare il mercato”.
ML
È scorretto affermare che il rincaro dei prezzi sia comunque dovuto alla decarbonizzazione che avrebbe irrigidito il mercato togliendo il carbone per affidarsi unicamente al gas. È un’argomentazione priva di valore. Le centrali a carbone sono fuori discussione e non offrono alcun vantaggio economico grazie al meccanismo di emission trading. Oggi il mercato elettrico è costituito, in Italia, da rinnovabili e gas e si deve ragionare su come accelerare l’uscita anche dal gas. Abbiamo il vantaggio di essere più avanti di altri Paesi sull’abbandono del carbone, non ha senso riportare questo combustibile nel dibattito. Oltre al gas e al nucleare, che non vedo come un’alternativa plausibile, non restano che le fonti rinnovabili. La vera alternativa alla crescita dei prezzi sarebbe stata una corsa alla sostenibilità. 

In linea di massima le dinamiche della trasformazione dei mercati energetici, dovute anche al processo di decarbonizzazione, porteranno il prezzo del gas ad avere una forte volatilità. Da un lato i prezzi sono spinti al ribasso dalla ridotta domanda di fossili, dall’altro le speculazioni, il taglio degli investimenti, il costo delle infrastrutture spingono al rialzo i prezzi finali. Ma non si può certo dire che la decarbonizzazione fa incrementare il costo del gas. Dobbiamo uscire il più velocemente possibile dal gas,e per farlo, dobbiamo investire sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Queste rappresentano il pilastro dell’economia resiliente ovvero un’economia che sia in grado di adattarsi positivamente alle crisi e all’instabilità a cui, proprio per la crisi climatica, stiamo andando incontro. Di fronte alla crisi Covid-19 il mercato del gas si è dimostrato estremamente volatile ampliando le incertezze e l’instabilità dei mercati. Nel periodo pandemico i prezzi del gas erano ai minimi storici e dopo sei mesi sono risaliti al massimo. Chi ha investito in fonti rinnovabili ed efficienza, al contrario, si è trovato in mano asset sui quali la crisi non ha avuto impatto.

L’Indice sicurezza energetica, prezzo energia e decarbonizzazione (Ispred) che monitora la transizione ecologica del sistema energetico italiano è peggiorato negli ultimi due anni e delle tre parti che lo compongono (decarbonizzazione, sicurezza e prezzo dell’energia) la più colpita è stata quella legata alla decarbonizzazione che ha subito un calo del 70%. Il processo di decarbonizzazione in Italia è stato rallentato? Si può affermare che la ripresa successiva alla pandemia si sia basata sui combustibili fossili?
ML Nel 2020 si è registrata una forte riduzione della domanda di energia elettrica. Questo coincide con una maggiore percentuale di energie rinnovabili impiegate nel mix energetico. Quando aumenta la domanda se non è stata installata una sufficiente potenza si riprende a consumare combustibili fossili con un conseguente aumento delle emissioni.

Per la transizione ecologica questi ultimi due anni sono stati sprecati. Per raggiungere gli obiettivi del 55% di consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2030 (contro il 35% di oggi) l’Italia dovrebbe installare 5mila MegaWatt di energia rinnovabile ogni anno. Con i nuovi obiettivi del 70-72% al 2030 in linea con le nuove normative fissate dall’Europa, e non ancora formalmente recepite, questo significa l’installazione di impianti da fonti rinnovabili per una potenza pari a 7-8mila MegaWatt all’anno. A fronte di questi obiettivi, l’Italia ne installa solo 1.000 all’anno, pari al 20-25% degli obiettivi attuali e al 10-15% per quelli non ancora formalmente recepiti. La questione è la seguente: se non crescono le rinnovabili, nel momento in cui ripartiranno i consumi saranno i combustibili fossili a rispondere alla necessità di energia. Bloccare le rinnovabili elettriche significa ostacolare l’intera decarbonizzazione. Trasporti e consumi civili dovranno passare infatti da gas, diesel e benzina a consumi elettrici, ma sulla rete devono circolare sempre maggiori percentuali di apporti rinnovabili.

Esistono altre soluzioni (di natura fiscale o tecnologica) in grado di ridurre il carico in bolletta? Come si possono ridurre le tariffe per le fasce più vulnerabili della popolazione?
ML Il welfare non si fa con la bolletta elettrica. È inutile, pretestuoso e dannoso addossare alla decarbonizzazione le problematiche sociali italiane. Sulla bolletta elettrica gravano soprattutto gli oneri di sistema in gran parte dovuti allo sviluppo passato delle rinnovabili e altre questioni che contribuiscono in totale a una decina di miliardi di euro l’anno su tutte le bollette, una cifra significativa

La domanda è se sia legittimo che i costi sostenuti per incentivare le energie rinnovabili vengano trasferiti unicamente sulla bolletta elettrica. Lo sviluppo del settore elettrico è quel salto di innovazione che oggi permette di vedere la strada della decarbonizzazione. I trasporti in 30 anni non hanno diminuito le proprie emissioni e ora bisogna trasferirle sul settore elettrico riformando la mobilità. È portando il consumo per il riscaldamento domestico sull’elettrico con le pompe di calore (sistemi alimentati da elettricità invece che dal gas, ndr) che, insieme all’efficienza energetica, possiamo decarbonizzare il settore. Tutto convergerà sull’elettrico che sarà veramente a emissioni zero solo se punteremo sulle rinnovabili.

Sarebbe più opportuno che questi costi, dato che rappresentano un beneficio per tutti i settori, vengano ridistribuiti in modo bilanciato, recuperando però gettito con una carbon tax o con una rimodulazione delle accise attuali dei prodotti energetici in base all’emissione di CO2.

Se oggi parte degli acquisti di energia elettrica fossero garantiti da rinnovabili questi aumenti non esisterebbero. È attraverso le energie rinnovabili che si fissa il prezzo, lo si mantiene stabile e si crea un’economia resiliente. Non è coprendo con 3,5 miliardi di euro di sussidi l’aumento dei prezzi in bolletta ed iniettando ulteriori 2 miliardi di Eurocon, la nuova finanziaria per una riduzione generica della bolletta, che si aiutano le categorie vulnerabili. L’unico vero modo di ridurre il costo dell’energia soprattutto per le fasce di popolazione più vulnerabile è quello di rendere accessibile l’efficienza energetica, così si risparmierebbero migliaia di euro e non poche decine

Il rapporto “What is behind soaring energy prices and what happens next?” pubblicato il 12 ottobre dalla International energy agency (Iea) sostiene che la pandemia abbia indebolito la solidità del sistema energetico globale, rimandando interventi e manutenzioni necessarie. È successo anche in Italia?
ML Durante il periodo 2019-2020 il costo del gas è sceso ai minimi storici e questo ha rimandato aggiornamenti e interventi strutturali necessari perché non convenienti economicamente. Nel 2019, quando non sapevamo ancora che cosa fosse il Coivd-19, gli analisti sostenevano che i prezzi del gas sarebbero rimasti bassi per un eccesso di offerta e infrastrutture ridondanti rispetto alla domanda. Più si avanza nella decarbonizzazione meno saranno gli investimenti in combustibili fossili. La mancanza di fondi esporrà il settore a una maggiore volatilità, ma questa è una prospettiva futura. Ciò che abbiamo visto oggi è un anticipo di quello che vedremo quando le energie fossili saranno marginali. Stiamo vivendo una normale crisi di domanda e offerta. Due anni fa il prezzo era ai minimi storici e ora è risalito al massimo, e non è la decarbonizzazione ma un problema di mercato.

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