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Opinioni

La terra è una, coltiviamola

Gli incentivi a favore di impianti a biomasse, anche dove non ci sono materie prima da bruciare, e il fotovoltaico a terra sono l’esempio di una politica miope nei confronti dell’uso della terra fertile _ _ _
 

Tratto da Altreconomia 138 — Maggio 2012

Da agricoltore biologico e convinto ecologista ho sempre sostenuto la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative per produrre energia rinnovabile: pannelli fotovoltaici, centrali a biogas, centrali a biomassa, pale eoliche. Tuttora sono convinto che l’utilizzo di queste tecniche per produrre energia, insieme a un diverso stile di vita e a una riduzione dei consumi, sia la strada da seguire per i cittadini che desiderano una Madre Terra, un ambiente e una società con prospettive di futuro.
Come per molte altre cose invece, alcune lobby e la politica italiana hanno approfittato di queste tecniche per dirottare risorse economiche sotto forma d’incentivi. Ad esempio a favore degli impianti a biomassa, senza considerare le gravi conseguenze che questo provoca per la terra, l’ambiente e l’economia locale. Un impianto a biomassa, infatti, non è altro che un grande “digestore” di materiali organici come il legno, il cippato di legno, le deiezioni animali, le colture vegetali. Se consideriamo che per produrre un MegaWatt di energia elettrica servono 300 ettari di terreno fertile coltivati a mais, sorgo o canapa, oppure gli stessi ettari di boschi, avrete la misura di quanto questi incentivi danneggino il territorio.
In Lombardia negli ultimi quattro anni sono stati autorizzati circa mille impianti, 320 solo in provincia di Cremona, con il risultato che le emissioni di questi impianti aumentano le polveri sottili e le diossine e bruciano CO2, quindi l’aria che respiriamo è sempre peggiore.
Da contadino sono molto preoccupato per questo utilizzo della nostra terra, che dovrebbe servire per alimentarci e non per produrre colture da “trasformare” in energia.
Il territorio sottratto al seminativo alimentare è già di migliaia di ettari in Lombardia. E la necessità di terreno fertile per le produzioni energetiche ha alterato l’economia territoriale: il prezzo d’affitto di un terreno è passato in due anni da circa 750 a 2mila euro all’ettaro, portando molti piccoli e medi contadini a chiudere. Non possono pagare un affitto così alto, perché il reddito delle colture agricole alimentari è remunerato molto meno di quelle energetiche, che grazie agli incentivi è di gran lunga superiore.
Il 7% delle bollette che i cittadini pagano è destinato al fondo incentivi per lo sviluppo e il proliferare di queste tecniche. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera a gennaio 2012 ha promosso un bando di 100 milioni di euro per lo sviluppo di centrali a biomasse in Puglia, Campania, Calabria e Sicilia, e questo deve darci consapevolezza rispetto agli obiettivi delle lobby economiche che ci governano, che di sicuro non pensano al rispetto della terra e dell’ambiente.
Un altro esempio negativo è il proliferare d’impianti fotovoltaici su terreni seminativi fertili, ma almeno in questo caso recentemente sono stati tolti gli incentivi per questo tipo d’impianti su terreno.
Questo c’insegna che il vero problema non è la tecnica “pulita” con la quale produciamo energia elettrica: se gli impianti fotovoltaici fossero installati su i tetti, e quelli a biomassa fossero autorizzati solo nei territori dove vi sono sufficienti materiali organici da utilizzare -senza sottrarre terreno o trasportare da lontano con camion il materiale da bruciare- ciò non costituirebbe un problema. Ma non posso accettare che ci venga tolta la possibilità di coltivare ciò che mangiamo.
Mi pongo una domanda: cosa mangeremo, quale qualità e costo avranno le nostre produzioni agricole alimentari se la terra produrrà solo colture da bruciare?
È molto preoccupante, per questo dobbiamo sensibilizzare le amministrazioni locali affinché non concedano più territorio agricolo per la costruzione d’impianti che utilizzerebbero lo stesso per fini energetici, che oltre ad inquinare l’aria ci sottraggono terra.
Dobbiamo acquisire consapevolezza e pretendere il rispetto di regole esistenti, come l’articolo 41 della Costituzione italiana: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Quindi tutti i cittadini devono pretendere il rispetto della propria dignità umana: non possiamo vivere senza terra, acqua, aria e luce. Imparando a vivere meno nel benessere e più nel ben di essere. —

* MAURIZIO GRITTA, CONTADINO. FONDATORE DI IRIS, SOCIETà COOPERATIVA AGRICOLA DI PRODUZIONE E LAVORO (www.irisbio.com)

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