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L’amministratore delegato

Il presidente del Consiglio Mario Draghi © Rudin Group

A guidare il nuovo governo arriva un altro (l’ennesimo) uomo della provvidenza, con la grande differenza che da tempo essa è stata sostituita dai mercati. L’arrivo dell’amministratore delegato Mario Draghi sancisce il risultato dell’implosione della politica. Ma non è il caso di scoraggiarsi. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 235 — Marzo 2021

L’amministratore delegato dell’Italia. È Mario Draghi che oggi assume una funzione di supplenza politica e di conduzione economica lì dove il Parlamento e i partiti si sono rivelati del tutto incapaci. Così a guidare il nuovo governo arriva un altro (l’ennesimo) uomo della provvidenza, con la grande differenza che da tempo essa è stata sostituita dai mercati.

Quanto sta accadendo conferma che la situazione della politica risulta per ora un labirinto senza sbocco. Fatta per lo più da partiti completamente immersi nell’ideologia del mercato e, marginalmente, da una sinistra radicale che rischia di essere sradicata dal consenso popolare e priva di un pensiero capace di futuro, la nostra politica è un fattore di disperazione collettiva. L’impatto sociale, economico e culturale dell’epidemia in Italia non ha affatto indotto un rinnovamento del modo di fare politica e del sistema istituzionale vigente. Semmai ne ha mostrato ancor più la drammatica inadeguatezza, dovuta all’incrocio tra una leadership inconsistente, arrogante, spesso pericolosa, e un’incoscienza democratica presente in ampi strati della società.

L’arrivo dell’amministratore delegato sancisce il risultato dell’implosione della politica.Questo vuoto viene riempito della potenza del mercato, dei suoi gruppi di potere e della sua logica. È la conferma di come non avremo né sviluppo della democrazia né futuro migliore finché non ci sarà una rigenerazione culturale. Se la politica, intesa come attività che svolge il dovere di prendersi cura del bene comune, inizia lì dove finisce il potere, di fatto noi stiamo sperimentando il contrario poiché siamo in una stagione storica dove il potere (finanziario, tecnocratico, mediatico, burocratico, geopolitico) sta sradicando la politica e la coscienza civile dalla vita dei popoli, facendo della società un deserto.

Quando i popoli subiscono tale desertificazione, trovandosi presi in un malessere diffuso di cui molti non comprendono le vere cause, la reazione è il ripiegamento nel privato o nelle identità settarie aggressive. In situazioni di disarticolazione della società, la democrazia è vista come una zavorra, anzi come la causa del male che si patisce. Così la moltitudine si ritrova economicamente asservita a un sistema che non sa mettere in discussione e resta preda di pulsioni politiche masochiste. Infatti ogni volta, al momento del voto, non importano il progetto, la prospettiva per il futuro e la credibilità delle persone; il consenso va alle forze che evocano la reazione drastica, le maniere forti, la soluzione una volta per tutte. E in ogni caso si invoca un capo o una sorta di mago che risolva tutti i problemi. Ora tocca a Draghi.

Che cosa fare in una situazione come questa? In Italia ci sono moltissime attività avanzate sulla frontiera dell’economia trasformativa e della democrazia partecipativa. Tuttavia si disperdono in una miriade di microcircuiti che non permettono ai soggetti che le realizzano di farsi notare dalla gente comune, di riorientare la coscienza collettiva, di avviare normali percorsi educativi e di ricerca (nella scuola come nell’università), tanto meno di influire sui percorsi della politica istituzionale. Il primo compito, allora, è costruire una strada comune che è fatta sia da un progetto di società e da un metodo d’azione condivisi, sia dal maturare di una leadership democratica, oggi inesistente. Intendo persone di riferimento che sappiano aggregare, promuovere partecipazione, indicare vie inedite per il cammino collettivo. Senza mai diventare capi o guru. Le donne e gli uomini che lavorano con consapevolezza per un progetto di società nuova, che sperimentano il metodo della riconversione del potere in servizio e che incarnano una leadership democratica, malgrado tutte le difficoltà, stanno generando il futuro. La strada è lunga ma non è certo il caso di scoraggiarsi. Al contrario, occorre comprendere meglio e insieme come rendere feconde le nostre attività e le nostre

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Filosofia della salvezza. Percorsi di liberazione dal sistema di autodistruzione” (EUM, 2019)

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