Economia / Attualità
La spesa militare italiana rispetto al Pil. Quanto costa l’obiettivo della Nato dal 2% al 5%

Nel Paese che arranca su sanità e istruzione pubblica, centrare il target del 5% in dieci anni implica un impegno finanziario di 40 miliardi di euro all’anno di differenziale in più rispetto alla proiezione di costi con il livello attuale del 2%. I conti dell’Osservatorio Mil€x alla vigilia del vertice annuale della Nato che si terrà a L’Aia, nei Paesi Bassi, dal 24 al 26 giugno
Per l’Italia raggiungere l’obiettivo Nato del 5% sul Prodotto interno lordo in dieci anni vorrebbe dire aumentare la spesa militare di oltre 400 miliardi di euro rispetto alla proiezione di costi con il livello attuale intorno al 2%. Cioè 40 miliardi di euro all’anno di differenziale in più.
Lo segnala l’Osservatorio indipendente Mil€x sulle spese militari italiane, che già nei giorni scorsi aveva quantificato in 100 miliardi di euro l’aumento della spesa annuale dell’Italia in difesa e sicurezza richiesto dal raggiungimento dell’obiettivo Nato del 5% del Pil.
Mil€x ha fatto il punto alla vigilia del vertice annuale della Nato che si terrà a L’Aia, nei Paesi Bassi, dal 24 al 26 giugno e sarà guidato dal fresco Segretario generale dell’organizzazione, l’ex primo ministro olandese Mark Rutte. Quest’ultimo come noto ha proposto di rivedere il target del 2% del Pil destinato alla spesa militare fissato nel vertice Nato del 2014, per portarlo al 5%, suddiviso in 3,5% delle spese per la difesa e in 1,5% destinato al settore della sicurezza, con un termine per raggiungere l’obiettivo di sette o dieci anni, con l’Italia che ha proposto di stabilire la scadenza del 2035.
In questo contesto il nostro Paese si presenta al vertice della Nato avendo raggiunto quest’anno l’obiettivo del 2% grazie a un incremento nella spesa per la Difesa di 9,7 miliardi di euro, che ha permesso di incrementare la quota di questo settore rispetto all’1,54% del Pil del 2024. Secondo l’analisi di Mil€x questo aumento è “di natura esclusivamente contabile”, realizzato cioè aggiungendo al conteggio anche le spese per gli ambiti cyber-spazio, telecomunicazioni, mobilità militare, oltre alle risorse come stipendi e pensioni destinate alla Guardia costiera e alla Guardia di Finanza. Va sottolineato che se il governo è riuscito a raggiungere il target della Nato tramite un ricalcolo contabile, per raggiungere il nuovo obiettivo invece andranno trovate ingenti risorse finanziarie vere e proprie.
L’Osservatorio dedica perciò un approfondimento specifico all’aumento delle spese militari al 2035 in relazione al bilancio statale. L’analisi parte tenendo conto del valore del Pil del 2024 fornito dall’Istat, stimato in 2.192 miliardi euro, e considerando la tendenza di quello nominale prevista per il triennio 2025-2027 dal Documento programmatico di bilancio, redatto dal ministero dell’Economia, e un tasso di crescita ipotetico del Pil del 2027 del 2,6%, che si dovrebbe confermare per gli anni successivi.
Nel dettaglio, l’Osservatorio evidenzia che per raggiungere l’obiettivo del 5% della spesa l’Italia dovrà spendere, nel prossimo decennio, un totale di quasi 1.000 miliardi di euro, ripartiti tra 700 miliardi per la difesa e 300 per la sicurezza, stando alla suddivisione dello stesso governo. Per raggiungere questi volumi di risorse, l’esecutivo dovrà aumentare gli investimenti nel settore della Difesa ogni anno tra i nove e i dieci miliardi di euro, per un totale decennale di 100 miliardi di investimenti aggiuntivi da finanziare, da sommare ai già previsti incrementi per rispettare il target del 2%.
Non va dimenticato il notevole incremento nella spesa per Difesa e armamenti avvenuta in Europa nell’ultimo decennio. Secondo i dati del Consiglio europeo, nel periodo tra il 2014 e il 2024 le spese militari sono aumentate in termini reali del 121% mentre quelle per armamenti del 325%. In Italia, secondo i dati dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), nel solo triennio 2021-2024 le spesa militare è aumentata da 28 miliardi di euro a 34,4, più 23%. Parlare di corsa al “riarmo” in Europa e in Italia, quando la spesa militare come visto cresce in realtà ormai da anni, fa quasi sorridere.
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