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Ambiente

La Spagna in una bolla di gas

Potrebbe fallire per ragioni di natura geologica il progetto Castor, un deposito offshore a largo di Valencia. Si tratta, però, di un investimento da 1,7 miliardi di euro, finanziato in parte mediante l’emissione di obbligazioni nell’ambito dell’iniziativa Europe 2020 project bond. In caso di uno stop definitivo, il governo spagnolo potrebbe essere costretto a ri-acquistare tutte quelle comprate da investitori privati

Un deposito di gas naturale al largo di Valencia rischia di far saltare le casse del governo spagnolo, e non solo quelle. Per salvare una delle banche più importanti del Paese, la Santander, e la maggiore azienda di costruzioni spagnola, l’ACS, l’esecutivo di Madrid ha cercato l’aiuto della Commissione europea, per rilanciare l’implementazione del progetto Castor. Il tutto grazie al nuovo meccanismo finanziario che Bruxelles sta testando per rilanciare le grandi opere a livello continentale, denominato Europe 2020 project bond.

Così a luglio il debito di 1,2 miliardi che il consorzio Escal UGS -incaricato della costruzione e gestione del deposito di gas Castor– aveva con Santander è stato rivenduto sui mercati finanziari, raccogliendo con l’occasione ulteriori risorse necessarie a far ripartire un progetto tecnicamente complesso e dai costi in salita costante. Un’operazione da 1,7 miliardi di euro, che ha permesso a Escal UGS di chiudere un pacchetto finanziario più che vantaggioso e mandare a buon fine la vendita dei titoli di debito (bond) in pochi giorni. I titoli sono stati impacchettati da Watercraft Capital S.A., un “veicolo speciale” registrato in Lussemburgo apposta per l’emissione dei titoli di debito (bond). Dietro le quinte, ma neanche troppo, la Banca europea degli investimenti, che garantendo una linea di credito aperta a Escal UGS, e promettendo il pre-acquisto di bond per 300 milioni di euro, ha permesso di alzare il rating fino a BBB+ (Finch).

Si tratta, cioè, di titoli di debito quotati quasi meglio di quelli del governo spagnolo, a cui per contro è stato permesso di muovere un mega investimento “senza generare debito” per le casse dello Stato.

Peccato che non appena le operazioni sono ricominciate, e la Escal (di cui fa parte oltre a ACS anche la canadese Dundee energy) ha ripreso a pompare gas naturale nel deposito, la terra ha iniziato a tremare in tutta la regione, a causa di centinaia di scosse di terremoto, 220 nelle ultime settimane di settembre di potenza fino a 4,2 nella scala Richter. Le autorità locali di Tarragona e dintorni hanno forzato l’intervento dell’esecutivo di Madrid, che ha bloccato le operazioni il 26 settembre. A pochi chilometri dal deposito si trovano ben tre centrali nucleari, Ascó I e II e Vandellòs II, e una fuga di gas dal deposito potrebbe avere conseguenze letali per la regione.
 
Con la chiusura del deposito sono emerse le clausole finanziarie della concessione firmata dal governo spagnolo già nel 2008, e del nuovo accordo per l’emissione dei project bond. Queste hanno svelato come l’intervento europeo sia tutto orientato a coprire gli interessi di fondi pensione, assicurazioni e banche che hanno acquistato i bond, e che a pagare oggi potrebbe essere il governo spagnolo, il quale vedrebbe quindi un drammatico aumento del proprio debito pubblico. Cosa che i legali di Madrid stanno cercando di evitare, chiedendo l’annullamento dell’articolo 14 della concessione, che concede alle aziende di lasciare il progetto nel caso intervengano “eventi esterni” e che obbliga il governo spagnolo a riacquistare tutte le quote dell’investimento, e a garantire i detentori del debito, ovvero dei bond venduti a luglio. Una questione che è stata denunciata da centinaia di organizzazioni spagnole che hanno scritto alle Bei e alla Commissione chiedendo una contro-verifica sul meccanismo Europe 2020 project bond: siamo sicuri che non crei debito? E che velocizzare le pratiche dei progetti finanziati sia una buona idea? La Spagna oggi si trova a un vicolo cieco: per pagare capitali e interessi ai detentori del debito, il progetto deve funzionare e garantire un utile. Ma se ripartono le operazioni, iniezioni e estrazioni di gas naturale in quel pozzo esausto stimoleranno nuove scosse sismiche esponendo milioni di persone non solo al rischio sismico, ma anche a un possibile incidente nucleare. Davvero una brutta situazione, che a breve potrebbe riguardare anche noi: tra i prossimi candidati a essere finanziati con il meccanismo dei project bond europei c’è infatti il deposito di gas di Italgas di Cornegliano (Lodi), ma anche la Cav spa, la società che gestisce il Passante di Mestre e che ha un debito di circa 1 miliardo di euro generato dalla costruzione dell’opera. Difficile non immaginare che rivendere questi debiti potrebbe portare al nostro governo problemi simili a quelli della Spagna…

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